Come coinvolgere la popolazione in un progetto eolico: l’Inchiesta Pubblica

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Uno strumento poco usato ma utile per informare, ascoltare e coinvolgere la popolazione, prima di decidere. L’Inchiesta Pubblica applicata al caso dell’impianto eolico proposto da AGSM in provincia di Firenze.

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Per approvare insieme alla popolazione locale un progetto di un impianto a fonte rinnovabile con un certo impatto sul paesaggio, c’è uno strumento poco usato ma interessante, l’inchiesta pubblica.

Vediamola applicata ad un caso concreto.

Nel procedimento in corso per la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) regionale, durante otto incontri (tra il 9 giugno e il 24 agosto) si è svolta l’Inchiesta Pubblica relativa all’impianto eolico proposto da AGSM Verona Spa a Monte Giogo di Villore, in provincia di Firenze.

Tra gli argomenti dibattuti le questioni paesaggistiche, idrogeologiche, di tutela dell’ambiente naturale e della fauna; quelle relative agli aspetti progettuali, di cantiere e di ripristino dei luoghi e alle modalità di calcolo della ventosità e conseguente producibilità dell’impianto.

In questa sede di è discusso delle alternative progettuali (diversificazione delle fonti energetiche), di proprietà del progetto (pubblico vs privato), di comunità energetiche, crowdfunding.

Infine, si è fatto il punto sulle questioni socio-economiche: quale potrebbe essere l’impatto sull’economia del territorio e il contributo al fabbisogno energetico nazionale.

La possibilità offerta ai cittadini di partecipare agli incontri, accrescere la propria consapevolezza e cultura ambientale, ed eventualmente portare le proprie istanze, è un valore aggiunto dell’Inchiesta Pubblica, che coinvolge anche soggetti che difficilmente manderebbero osservazioni strutturate nell’ambito dei procedimenti autorizzativi.

Complice la modalità telematica prescelta a causa delle limitazioni imposte dal Covid, l’Inchiesta ha inoltre agevolato la partecipazione di soggetti estranei al territorio specifico, aprendo un’interessante discussione sul concetto di “bene comune” e di “comunità” nei procedimenti ambientali.

Il proponente e il progetto

AGSM Verona Spa è la holding del Gruppo AGSM (Azienda Generale dei Servizi Municipalizzati). Partecipata per il 100% dal Comune di Verona, indirizza e controlla le attività delle Società controllate. Ha attività di produzione di energia elettrica e calore, progettazione e realizzazione di impianti di produzione, illuminazione pubblica, teleriscaldamento, distribuzione gas ed energia elettrica. Fondata nel 1931, oggi conta su 171 MW di potenza installata con tecnologie tradizionali, 56,8 MW in cogenerazione, 124,2 MW con fonti rinnovabile.

Il progetto prevede la realizzazione di un nuovo impianto eolico denominato “Monte Giogo di Villore” composto da 8 aerogeneratori di altezza massima all’hub di 99 metri (a cui va sommata l’altezza mediana delle pale, di 63 m) con potenza complessiva di 29,6 MW.

Le opere accessorie necessarie all’allaccio alla rete elettrica nazionale consistono di un cavidotto interrato di circa 20 km con tensione di 30 kV che congiungerà l’impianto eolico ad una sottostazione esistente gestita da e-distribuzione. Presso la sottostazione sarà realizzata una nuova cabina utente grazie alla quale la tensione verrà elevata a 130 kV per poter essere immessa nella rete di alta tensione.

Si tratta di un investimento di 35 milioni di euro. La produzione annua è stimata in circa 80 GWh in grado di soddisfare le esigenze elettriche di circa 30mila famiglie per una vita utile dell’impianto di 25 anni.

Gli aerogeneratori saranno installati su terreni privati ricadenti nei comuni di Vicchio e Dicomano (FI).

Le prime stime di AGSM relative ai tempi di realizzazione delle opere prevedono almeno 235 giorni di lavorazione netti.

Come si legge nello Studio di Impatto Ambientale redatto da Ambiente Italia, nell’area d’impianto e in fase di cantiere la realizzazione della viabilità e delle opere connesse ai singoli aerogeneratori richiederà una nuova occupazione di circa 83.037 mq di cui circa 48.477 a faggeta, 15.493 di radure colonizzate da felce e 19.067 di aree aperte.

A conclusione della fase di cantiere – continua la relazione – o comunque a seguito del periodo di necessario collaudo dell’impianto, il 65% della superficie verrà recuperata mediante interventi di rinverdimento, diventando quindi delle aree aperte. Pertanto, la realizzazione degli interventi sul sito sottrarrà lo 0,05% della superficie a faggeta dell’area vasta, creando un impatto trascurabile sulla vegetazione originaria.

Nell’ambito del procedimento di VIA sono state avanzate richieste di integrazioni e chiarimenti per un impianto di un certo rilievo e impatto, ancorché interessante in termini di produzione da fonte rinnovabile.

L’Inchiesta Pubblica

L’Inchiesta Pubblica, come accennato, è una modalità di consultazione del pubblico interessato agli impatti di opere a rilevante impatto ambientale, prevista dal Testo Unico Ambientale (D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 Articolo 24 bis) e normata anche da Regione Toscana (legge regionale 10/2010 Articolo 53) che ha deciso di utilizzarla in questo progetto per diversi segnali di contrarietà e richieste specifiche da parte di associazioni e comitati.

Scarsamente utilizzata, sia nei procedimenti nazionali che in quelli regionali, intende assicurare imparzialità nella gestione dell’inchiesta tramite l’affidamento della stessa a figure terze, a garantire che le conclusioni dell’inchiesta riportino i punti di vista espressi e a far sì che le conclusioni siano prese in adeguata considerazione dai decisori pubblici finali e, ove non fossero accolte, che ciò sia motivato dall’autorità competente.

Sulla base di stringenti criteri di terzietà e competenza in materia ambientale, in questa Inchiesta la Regione Toscana ha nominato Giovanna Pizzanelli, docente di diritto amministrativo e dell’ambiente presso l’Università di Pisa, quale presidente del Comitato che ha gestito l’Inchiesta Pubblica.

I due membri del Comitato, invece, anch’essi dotati di competenza in materia ambientale e scelti durante le due sessioni preliminari dell’Inchiesta Pubblica, rappresentavano ciascuno le posizioni favorevoli e contrarie al progetto.

Delle cinque sessioni generali, la prima è stata riservata al proponente, che ha avuto modo di presentare il progetto e lo studio di impatto ambientale. I partecipanti hanno potuto presentare le proprie osservazioni nel corso di tre sessioni, mentre la quarta è stata dedicata alle controdeduzioni del proponente.

In ciascuna sessione la Presidente e i commissari hanno provveduto a illustrare le osservazioni e i pareri ricevuti nell’ambito della consultazione all’interno del procedimento di VIA.

Nell’audizione finale del 24 agosto è stata, infine, presentata la relazione finale nella quale il Comitato ha sintetizzato le posizioni del pubblico e le repliche del proponente portando all’attenzione dei decisori eventuali profili di criticità evidenziati nell’Inchiesta e ritenuti più significativi.

Le aspettative dei partecipanti sono molto elevate e non è sempre facile capire, spiegare e accettare i limiti dello strumento.

Pizzanelli conferma che “non è stato facile spiegare ai partecipanti che l’Inchiesta Pubblica non è un’occasione per co-decidere, ma una possibilità per avanzare le proprie istanze, che dovranno essere prese in considerazione nell’ambito del procedimento dove saranno assunte le decisioni”.

“Si è trattato di una esperienza molto formativa – aggiunge – anche per la particolare situazione legata all’emergenza COVID-19 che con la modalità telematica o mista ha costretto tutti a riflettere sul significato della partecipazione nei procedimenti a valenza ambientale. La normativa ci dice che chiunque può partecipare, a prescindere dall’appartenenza territoriale specifica”.

Beni comuni e comunità

Non è per niente scontato che ci sia accordo su quale sia la comunità che può decidere di un bene comune. E anche questo punto è stato oggetto di dibattito.

Da un lato, Donatella della Porta, docente di Scienza Politica alla Scuola Normale Superiore ha osservato che il valore d’uso del crinale, per i suoi pregi ambientali, storici, culturali e paesaggistici, è un bene comune e, pertanto, non deve essere consentita la sua gestione a fine di profitto.

Allo stesso tempo, tuttavia, ha contestato l’uso della modalità telematica che, a suo avviso, inficerebbe l’inchiesta pubblica, permettendo a tanti non residenti dell’area di esprimersi, distorcendo profondamente il dibattito.

Ma, va considerato, se il crinale è un bene comune, allora la sua proprietà non può essere assegnata a un gruppo specifico.

Andrea Pase, professore di geografia storica all’Università di Padova, è intervenuto sulla questione richiamando l’attenzione su un tema classico della geografia, quello della “scala”.

La scelta della scala di analisi è fondamentale – ha detto – nell’includere o escludere dal computo determinati costi e benefici del progetto.

Per valutare il progetto è necessario tenere presenti le ripercussioni di ogni scelta, anche piccola, ad altre scale, e gli interessi e i bisogni di chi non è direttamente rappresentato in questa inchiesta perché residente anche molto lontano, o di chi non è ancora nato.

Ha posto quindi la necessità di provare a far dialogare le diverse scale: le emergenze globali da una parte, e le situazioni locali dall’altra, i diritti dei viventi e quelli di coloro che ancora devono nascere.

Ugo Bardi, professore di Chimica e Fisica all’Università di Firenze, ha sottolineato l’importanza del progetto per il contributo al fabbisogno energetico del Paese.

In particolare, ha detto di ritenere questo un tema politico, dal momento che in questa sede tutti sono invitati ad esporsi in qualità di cittadini, discutendo di come utilizzare il crinale che è un bene comune. Tuttavia – ha aggiunto – l’emergenza climatica ci impone decisioni a favore delle rinnovabili non più procrastinabili.

Al proposito, Fausto Ferruzza, Legambiente Toscana, che pure ha chiesto rassicurazioni sul ripristino della sentieristica, ha ricordato che il piano ambientale ed energetico regionale si poneva come obbiettivo 200 MW eolici installati al 2020. A oggi la Toscana è a quota 123 MW e quindi al 62% del target. I 30 MW del progetto sono utili per conseguire l’obiettivo del PEAR di restanti 77 MW. da installare in ritardo.

Impatti economici e impegni di AGSM

Nell’ambito dell’Inchiesta è stata avanzata da più parti la richiesta di realizzare l’impianto in forma comunitaria, con il coinvolgimento dei cittadini, magari su iniziativa delle amministrazioni locali, in alternativa all’iniziativa privata, sebbene da parte di una società attualmente interamente pubblica.

Marco Giusti, dirigente di AGSM, che ha seguito il progetto e l’Inchiesta, ha confermato la “disponibilità di AGSM a valutare l’interesse della popolazione locale a forme di partecipazione all’investimento e alla proprietà dell’impianto, e, qualora l’interesse risultasse forte e diffuso, ad avviare una negoziazione per aprire la proprietà dell’impianto, per una quota di minoranza, alla cittadinanza e alle imprese locali”.

Sia nel corso dell’Inchiesta e anche nel procedimento di VIA sono state avanzate diverse richieste di integrazione per la parte paesaggistica e idrogeologica e anche dubbi sulla compatibilità del progetto con gli obbiettivi delineati negli strumenti urbanistici.

“Abbiamo realizzato 6 impianti eolici, di cui due in Appennino e affermiamo con convinzione e cognizione tecnica che non vi sono problematiche idrogeologiche sul sito. Riteniamo anche – aggiunge Giusti – che non vi siano incompatibilità con gli strumenti urbanistici”.

In tema di compensazioni AGSM ha idee molto chiare: “come già accaduto in passato con altri impianti realizzati il nostro intento è quello di generare ricadute positive sul territorio”.

Le opere di compensazione, stimate in 5.000.000 di euro durante la vita dell’impianto riguardano la valorizzazione sentieristica e il ripristino di alcune strutture situate nei luoghi interessati ai lavori, il cofinanziamento di impianti fotovoltaici e di interventi di riqualificazione energetica degli edifici e sconti nelle forniture di energia.

Quanto agli impatti economici, “consideriamo – dice Giusti – di affidare ad esercizi locali attività per 20.000.000 di euro e creare un importante numero di posti di lavoro sia a livello locale sia nazionale”.

Documentazione dell’Inchiesta Pubblica:

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