Clima, sostituire il carbone con il gas non è la soluzione

Uno studio di Energy Watch Group smentisce totalmente la tesi del gas fossile come combustibile ponte, alleato delle fonti rinnovabili. Vediamo perché in sintesi.

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Puntare direttamente e con più velocità verso le fonti rinnovabili, eliminando tutte le risorse fossili dal mix energetico: proprio tutte, anche il gas, perché il suo utilizzo peggiora il surriscaldamento globale.

Lo dice il nuovo studio di Energy Watch Group (EWG), la rete indipendente di scienziati, basata a Berlino, che analizza l’evoluzione globale della produzione e del consumo di energia: Natural Gas Makes No Contribution to Climate Protection (allegato in basso).

Il principale risultato della ricerca è che non conviene assolutamente, dal punto di vista ambientale, passare dal carbone o dal petrolio al gas nei diversi settori – generazione di elettricità, trasporti, riscaldamento – perché la sostituzione di una fonte fossile con un’altra (fossil-fossil substitution) finisce per accelerare il cambiamento climatico.

Quindi lo studio intende smentire uno dei capisaldi dell’Agenzia internazionale dell’energia (IEA, International Energy Agency): il ruolo fondamentale del gas come “combustibile ponte” in attesa che le fonti rinnovabili si sviluppino al massimo livello possibile.

In questa visione gas-centrica, l’impiego di gas naturale permette di ridurre notevolmente le emissioni di anidride carbonica in confronto al carbone; e quest’ultimo è visto come il “nemico” numero uno nella lotta per salvare il clima.

Ma secondo Energy Watch Group il gas di origine fossile è tutt’altro che un alleato delle rinnovabili.

Anche Oil Change International, in un recente rapporto, ha evidenziato il rischio di portare le emissioni di CO2 fuori controllo se l’industria continuerà a produrre idrocarburi dai giacimenti esistenti e da quelli pianificati/in corso di realizzazione.

L’analisi di Energy Watch Group si riassume nel grafico seguente, tratto dal loro documento.

Il grafico mostra cosa succederebbe rimpiazzando le centrali a carbone con gli impianti a gas per la generazione di energia elettrica; è bene notare che quando lo studio si riferisce al “nuovo gas” (new gas) parla di combustibile fossile ricavato da giacimenti a elevata intensità di emissioni (emission-intensive resources), quindi il riferimento è allo shale-gas contenuto negli scisti, estratto con il fracking, la “spaccatura” delle rocce che è molto invasiva e pericolosa per l’ambiente.

Poi è bene precisare che gli autori parlano di nuove centrali OCGT (open cycle gas turbine) con un’efficienza media del 38% ma ci sono impianti – quelli a ciclo combinato – che sono molto più efficienti (58%). Con questi ultimi c’è effettivamente un piccolo beneficio ambientale rispetto al carbone, ma gli autori rilevano che le unità a ciclo combinato sono molto costose e perciò non più competitive nella maggior parte dei mercati, compresi quelli europei.

Dal grafico, in definitiva, emerge che sostituire il carbone con nuovo gas in impianti OCGT fa aumentare del 41% le emissioni complessive responsabili dell’effetto serra, a causa delle elevate emissioni cosiddette “fuggitive” di metano (CH4).

E anche considerando le emissioni medie di CO2-CH4 del gas già in uso nel mondo, si vede che secondo gli esperti di Energy Watch Group non c’è alcun vantaggio ambientale rispetto all’uso di carbone.

Mentre la barretta blu mostra la posizione della IEA, secondo cui passare dal carbone al gas (coal-to-gas switching) abbatte le emissioni totali del 50% circa.

Ma i calcoli della IEA, si legge nel documento di EWG, sono errati, proprio perché nelle stime bisogna includere le emissioni – che siano intenzionali o non intenzionali – di metano nei vari passaggi della filiera industriale, in particolare ci sono ingenti perdite/fughe di metano durante l’estrazione e il trasporto del combustibile via tubo o via mare.

Così le minori emissioni di CO2 di cui è responsabile il gas, nella fase finale di combustione, sono più che compensate dal rilascio di CH4 nell’atmosfera nelle “tappe” precedenti del lungo viaggio compiuto dal gas per arrivare dai pozzi ai luoghi di consumo nelle città e nelle industrie.

Qual è allora la soluzione?

La ricetta su cui puntare, in sintesi, scrivono gli esperti di Energy Watch Group, prevede lo stop a tutte le forme di sussidio alle fonti fossili; maggiori investimenti nelle risorse rinnovabili e nei sistemi di accumulo energetico (batterie, pompaggi, eccetera); la messa in produzione su vasta scala di gas “verde” per utilizzare almeno in parte le infrastrutture esistenti, quindi si parla soprattutto di biogas/biometano, idrogeno prodotto con tecnologie Power-to-Gas (P2G: elettrolizzatori alimentati con energia dai parchi eolici e solari), metano sintetico di origine rinnovabile.

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