Carbone, quanto costi! Il 92% dei nuovi impianti sarà antieconomico

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Le stime di Carbon Tracker per i 300 GW di centrali fossili pianificate in cinque paesi asiatici.

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Gli accordi di Parigi sul clima sono a rischio perché si continua a investire troppo sul carbone, anche se le energie rinnovabili già oggi sono più competitive nella maggior parte dei casi.

E le nuove centrali a fonti fossili diventeranno stranded asset, cioè impianti non più remunerativi per chi li ha costruiti.

Il nuovo rapporto del think-tank indipendente Carbon Tracker, Do not revive coal (link in basso), evidenzia che cinque paesi asiatici hanno pianificato di costruire 600 unità a carbone per una potenza complessivamente installata di 300 GW (80% di tutta la nuova capacità a carbone prevista nel mondo).

I cinque paesi sono Cina, India, Indonesia, Giappone e Vietnam.

Eppure, spiegano gli autori del documento, il 92% di questi impianti sarà antieconomico e fino a 150 miliardi di dollari potranno essere sprecati, proprio a causa della crescente concorrenza delle fonti pulite, eolico e fotovoltaico in primis.

A pagare il conto, si legge nel rapporto, saranno i cittadini-consumatori, perché i governi sostengono il settore del carbone in vari modi: sussidi pubblici, regole favorevoli del mercato elettrico (un esempio è il capacity market che premia la generazione elettrica con combustibili fossili), accordi pluriennali per acquistare energia prodotta con il carbone (PPA, Power Purchase Agreement).

La tabella seguente, tratta dal rapporto, riassume gli economics degli impianti a carbone pianificati nei cinque paesi asiatici.

Si vede che il valore attuale netto dei progetti (NPV, Net present value) è negativo per 278 GW sui 302 GW programmati anche in condizioni di business-as-usual (BAU), cioè considerando i costi attuali delle diverse tecnologie.

In particolare, si nota che tutti i progetti pianificati in Cina sono antieconomici, secondo le stime di Carbon Tracker

Più in generale, guardando alle centrali a carbone già costruite finora nel mondo, nel rapporto si spiega che il 27% circa della capacità globale esistente è antieconomico e che un altro 30% è vicino al breakeven (punto di pareggio), perché non riesce a generare profitti superiori a 5 dollari per MWh.

Secondo Carbon Tracker, la fetta maggiore delle centrali a carbone esistenti (80%) potrebbe essere sostituita con fonti rinnovabili più competitive.

Entro il 2026, afferma Carbon Tracker, quasi l’intero parco di generazione a carbone sarà più costoso da mantenere in attività, rispetto al costruire e utilizzare nuovi impianti a fonti rinnovabili.

In tema di competitività carbone vs rinnovabili, ricordiamo che dalle analisi più recenti (Irena e BloombergNEF), emerge che fotovoltaico ed eolico, con i costi attuali, battono non solo le centrali termoelettriche di nuova costruzione, ma anche gli impianti a carbone già in esercizio, e lo fanno anche in mercati chiave come Cina e India; articolo qui per approfondire.

Mentre la stessa Iea nel suo scenario Net-zero 2050 esclude la possibilità di nuovi investimenti nel carbone già da oggi, altrimenti sarà impossibile rispettare gli accordi di Parigi volti a limitare a 1,5-2 gradi C il surriscaldamento globale.

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