Canna fumaria e “decoro architettonico” di un edificio: i chiarimenti della Corte di cassazione

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Una recente ordinanza spiega quando si può installare una canna fumaria al servizio di una singola unità immobiliare su una facciata esterna.

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Una canna fumaria non può essere installata se altera il decoro dell’edificio per la sua sagoma, per la sua forma, per il materiale che la compone, per la sua posizione sul prospetto dell’edificio e se i fumi rendono impraticabili spazi vivibili quali il lastrico solare.

Lo ha ribadito la Corte di cassazione a  in una recente ordinanza (link in basso) con cui ha respinto il ricorso presentato dalla conduttrice di un locale commerciale che si trova in un condominio a Roma, contro la precedente sentenza della Corte d’appello, che a sua volta aveva respinto il ricorso contro la pronuncia in primo grado del tribunale di Roma.

Così la Corte di cassazione ha anche chiarito, più in generale, alcuni aspetti che riguardano l’installazione di canne fumarie sulle facciate esterne degli edifici, con particolare riguardo al decoro architettonico.

In pratica, i giudici di primo grado avevano ordinato di rimuovere una canna fumaria,  costituita da un tubo con un diametro di 27 centimetri, installata sulla facciata esterna del fabbricato, per convogliare verso l’esterno i fumi del forno del locale.

Secondo il tribunale di primo grado, si legge infatti nell’ordinanza della Cassazione che ripercorre l’intera vicenda (corsivo e neretti nostri nelle citazioni), “la canna fumaria alterava il decoro architettonico dello stabile, mentre i fumi che fuoriuscivano dalla stessa compromettevano la praticabilità del lastrico solare“.

E la Cassazione ha infine osservato che “l’appoggio di una canna fumaria al muro comune perimetrale di un edificio condominiale individua una modifica della cosa comune che, seppur conforme alla destinazione della stessa, ciascun condomino può apportare a sue cure e spese, sempre che non impedisca l’altrui paritario uso, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell’edificio e non ne alteri il decoro architettonico; fenomeno – quest’ultimo – che si verifica non già quando si mutano le originali linee architettoniche, ma quando la nuova opera si rifletta negativamente sull’insieme dell’armonico aspetto dello stabile, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio”.

Inoltre, si legge nell’ordinanza, “ai fini della tutela del decoro architettonico dell’edificio condominiale, non occorre che il fabbricato abbia un particolare pregio artistico, né rileva che tale fisionomia sia stata già gravemente ed evidentemente compromessa da precedenti interventi sull’immobile”.

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