Calore rinnovabile e solare termico nel Pniec austriaco

Un piano a lungo atteso quello dell’Austria, finalmente presentato alla Commissione Europea. Propone diverse misure per il contenimento delle emissioni e per la crescita delle rinnovabili, anche nel settore del calore e del freddo.

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L’Austria ha presentato alla Commissione Europea, il 20 agosto 2024, il piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec, link in basso) che era stato sorprendentemente ritirato lo scorso anno.

Il documento stabilisce come il Paese raggiungerà l’obiettivo climatico vincolante dell’Ue entro il 2030 e dettaglia le misure per dimezzare le emissioni rispetto al 2005.

Come sottolineato anche dall’associazione Austria Solar, estremamente attiva nella comunicazione e nelle attività di lobby per il solare termico, proprio questa tecnologia avrà un ruolo importante nel piano nazionale, ad esempio mediante l’installazione obbligatoria di impianti solari, che dovrà essere rivista e attuata in conformità con la nuova versione della Direttiva EPBD.

Certificati? No, grazie!

L’Unione europea ha stabilito che le emissioni devono essere ridotte del 46-48% entro il 2030 e i calcoli del Pniec mostrano che l’Austria è in grado di raggiungere questo obiettivo con l’attuazione delle misure contenute nel piano.

Rispetto alla bozza del piano risalente al 2023, si è ritenuto necessario aggiungere ulteriori misure per raggiungere il risultato atteso anche perché il governo federale ha deciso che il divario sarà colmato solo grazie a misure concrete di protezione del clima e non attraverso l’acquisto di certificati.

Le misure più rilevanti messe in campo sono l’abolizione dei sussidi dannosi per il clima (ad esempio il cosiddetto “privilegio del diesel” o le agevolazioni fiscali per le auto aziendali) per un ammontare di almeno due milioni di tonnellate di CO2 all’anno nel 2030, l’espansione massiccia della produzione di idrogeno per l’uso nell’industria, l’utilizzo dello stoccaggio permanente di CO2 nei settori in cui le emissioni non possono essere evitate in altro modo e, infine, il mantenimento degli elevati sussidi per la sostituzione degli impianti di riscaldamento e la ristrutturazione degli edifici fino al 2030.

Solare termico, una tecnologia “storica”

Oltre agli obiettivi molto ambiziosi di riduzione delle emissioni, con questo piano l’Austria raggiunge anche gli obiettivi dell’Ue per l’espansione delle energie rinnovabili e ciò implica che la quota di energia rinnovabile nel consumo finale lordo di energia deve salire al 57%.

Un aspetto particolarmente interessante del Pniec austriaco, e probabilmente anche la principale motivazione del giudizio positivo da parte di Austria Solar, è una specifica attenzione al settore del calore e del freddo, che ovviamente riguarda anche il solare termico.

La tecnologia ha una lunga e positiva storia nel Paese austriaco: già negli anni ’80, infatti, l’utilizzo dell’energia solare termica ha conosciuto il suo primo boom nel settore del riscaldamento dell’acqua e delle piscine. All’inizio degli anni ’90, poi, il suo impiego si è esteso con successo al settore del riscaldamento degli ambienti.

Dal 2002, i dati di vendita sono aumentati rapidamente e hanno raggiunto il massimo nel 2009 con una superficie di collettori installata di 364.887 mq, corrispondente a una potenza di 255 MWth. Dopo la fase di crescita massiccia, però, il mercato domestico ha conosciuto una fase di declino che ha fatto anche capire come ci fosse bisogno di nuove misure per supportare la crescita.

Il fatturato dell’industria del solare termico è stato valutato in 147,6 milioni di euro per il 2021 e il numero di posti di lavoro a tempo pieno può essere stimato in circa 1.200 unità.

Da dove prendere il prezioso calore

Per rinforzare il contributo di questa tecnologia e, più in generale del calore rinnovabile, riducendo così la dipendenza dalle fonti fossili, il piano prevede che la biomassa, l’energia solare termica e il calore ambientale (compresa l’energia geotermica) debbano ulteriormente crescere entro il 2030, sia come sistemi di riscaldamento per gli edifici sia come tecnologie da integrare nelle reti di teleriscaldamento.

Si prevede, inoltre, che l’attuale contributo del calore proveniente dai termovalorizzatori, del calore di scarto industriale e del calore di scarto degli impianti di cogenerazione alimentati con energia rinnovabile debba essere adeguatamente promosso.

Il piano, purtroppo, non include ancora dettagli sulle misure specifiche da attuare né ha stimato obiettivi, vincolanti o anche solo indicativi, per ogni singola tecnologia.

Questo tipo di informazioni saranno definite più avanti in una strategia nazionale per il riscaldamento, da sviluppare assieme agli Stati federali del Paese e in consultazione con numerosi altri soggetti interessati.

Riscaldare senza fossili

Ad ogni modo, il piano stabilisce che l’obiettivo della decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento viene perseguito estendendo l’attuale divieto di installazione di sistemi centralizzati a olio o carbone nei nuovi edifici a tutti i sistemi di fornitura di calore che possono funzionare con combustibili fossili e rivolgendosi, quindi, anche al gas naturale.

Il divieto non include i sistemi di fornitura di calore che funzionano con gas rinnovabile, a condizione che questo sia fornito da impianti di generazione propri o tramite una linea diretta dall’impianto di generazione.

Per favorire questa transizione, i sistemi di sostegno e incentivi esistenti saranno ampliati e resi più efficaci, in modo che sia più agevole la conversione degli impianti di riscaldamento a combustibile fossile verso soluzioni a basso impatto.

Rinnovare anche a basso reddito

Più in dettaglio, nell’ambito della “campagna di rinnovamento”, tra il 2023 e il 2027 saranno messi a disposizione 2,445 miliardi di euro per la conversione efficiente del riscaldamento nelle abitazioni private, oltre ai finanziamenti per le misure di rinnovamento termico per le imprese, le strutture comunali e le abitazioni private.

L’attuazione di queste misure avrà un particolare incentivo per le famiglie a basso reddito, che saranno sostenute con un totale di 1,6 miliardi di euro fino al 2030.

Ciò dovrebbe consentire a questa parte della società di sostenere l’intero costo delle misure fino a un limite massimo specifico per la tecnologia. Una valutazione quantitativa aggiornata degli effetti di questa espansione dei finanziamenti sarà effettuata prima della presentazione del Pniec definitivo.

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