Batterie al potassio per uno storage stazionario a basso costo

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Progetto del Politecnico di Torino per avvicinare all’industrializzazione le batterie al potassio: costi molto ridotti rispetto al litio, materiali abbondanti, più sicurezza e un processo produttivo eco-compatibile.

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Una batteria per applicazioni stazionarie basata su un metallo comunemente disponibile in natura, presente un po’ in tutto il mondo, con una chimica molto simile a quella delle batterie agli ioni di litio, ma a costi estremamente più ridotti.

Il metallo in questione è il potassio. Una soluzione di accumulo elettrochimico basato su di esso è al centro del progetto GREEN2MOVE (Green potassium batteries manufacturing processes: towards sustainable gigafactories), avviato dal Politecnico di Torino a inizio novembre.

Il progetto intende sperimentare e avvicinare all’industrializzazione la nuova tecnologia delle batterie al potassio, una soluzione adatta alle applicazioni stazionarie residenziali, commerciali e industriali, ma che potrebbe prestarsi anche all’elettrificazione di un comparto molto difficile da decarbonizzare come il trasporto marittimo di lunga distanza.

Ne abbiamo parlato con Federico Bella, docente presso il Dipartimento Scienza Applicata e Tecnologia-DISAT del Politecnico, che è a capo del progetto, da cui è ritratta la linea di produzione nella foto in alto.

Un principio noto, a costi bassissimi

Queste batterie sono un’alternativa alle più diffuse batterie al litio, ma con alcune caratteristiche distintive che potrebbero essere molto utili alla transizione energetica.

Le batterie al potassio funzionano infatti secondo gli stessi principi ben conosciuti delle batterie al litio, ma con un vantaggio fondamentale: l’abbondanza dei materiali.

“Il potassio è un metallo che si trova sia nei mari che nelle rocce,” ha affermato Bella, sottolineando come ciò riduca la dipendenza da risorse geograficamente limitate, come il litio e il cobalto.

Quest’ultimo, in particolare, se da un lato offre innegabili vantaggi tecnici, soprattutto di potenza per le prestazioni di un veicolo, dall’altro solleva notevoli problemi ambientali, dilemmi etici, considerazioni sui costi e preoccupazioni strategiche, visto che viene estratto soprattutto in un’area politicamente instabile come la Repubblica Democratica del Congo.

Sebbene si stiano diffondendo commercialmente batterie al litio completamente prive di cobalto, come quelle al fosfato di litio e ferro (LiFePO4), l’abbondanza del potassio in natura un po’ a tutte le latitudini offre dei vantaggi di costo per le applicazioni stazionarie che il litio difficilmente riuscirà mai a eguagliare.

“Già oggi, il costo delle materie prime per le batterie al potassio è 50 volte inferiore rispetto a quello delle batterie al litio,” ha spiegato il professore.

Le batterie al potassio possono essere una valida alternativa anche rispetto a quelle al sodio, pur altrettanto abbondante in natura e che costa anch’esso molto poco rispetto al litio.

Sebbene lo studio della chimica delle batterie al sodio sia partita prima e abbia già trovato applicazioni industriali in Cina, infatti, “il sodio, rispetto al litio, perde molto potenziale. Quindi termodinamicamente parte già svantaggiato. Il potassio, invece, ha un potenziale che è vicinissimo al litio“, ci ha spiegato il responsabile del progetto GREEN2MOVE.

Limiti e applicazioni ideali

Nonostante questi vantaggi, le batterie al potassio non sono adatte a tutte le applicazioni. A causa delle dimensioni maggiori del potassio come elemento rispetto al litio, queste batterie risultano più ingombranti.

“A parità di prestazioni, una batteria al potassio è circa 6 volte più grande di una al litio”, ci ha detto Bella, nella foto.

Questo le rende inadatte per dispositivi portatili come smartphone e laptop, ma perfette per applicazioni stazionarie, come lo stoccaggio di energia rinnovabile o la gestione del surplus energetico sulla rete.

In particolare, Bella ha evidenziato il potenziale delle batterie al potassio per risolvere il problema del sovraccarico della rete elettrica, un fenomeno sempre più frequente in Italia.

“Queste batterie potrebbero essere installate lungo i principali tracciati della rete per agire come tamponi, riducendo i rischi di blackout e aumentando la stabilità del sistema, soprattutto pensando al molto fotovoltaico installato al Centro-Sud, che produce un surplus di elettricità che di giorno non sappiamo come gestire”, ha detto il responsabile del progetto.

A livello di dimensionamento, la durata delle batterie al sodio dipenderà ovviamente dal carico che dovranno coprire. Si può dire che sono pensate per gli edifici o le reti a lunghe percorrenze. Nel caso degli edifici residenziali, a seconda della taglia, si può ipotizzare che un sistema di batterie al sodio “riesca a fornire energia, ad esempio, per l’intera sera o notte“, ci ha detto Bella.

Una tecnologia sicura e sostenibile

Un altro punto di forza delle batterie al potassio è la loro sicurezza. A differenza delle batterie al litio, spesso soggette a surriscaldamenti dovuti alle alte prestazioni richieste, le batterie al potassio lavorano a ritmi più lenti, riducendo il rischio di fughe termiche.

Inoltre, il processo industriale previsto per la loro produzione utilizza esclusivamente acqua come solvente, evitando l’impiego di sostanze chimiche derivanti dal petrolio, al contrario dell’industria delle batterie al litio, che lavora con solventi liquidi ad alto impatto ambientale. “Stiamo sviluppando una tecnologia che sarà già pronta per rispettare le normative ambientali,” ha sottolineato il docente.

Oltre ad utilizzare il potassio, elemento, come detto, facilmente reperibile in Italia e in Europa, la produzione risulterà sostenibile su altri fronti. Circa la metà dei materiali deriveranno infatti dal recupero di biomasse, con scarti dell’industria cartaria e biodiesel che verranno riconvertiti in componenti delle batterie, che a loro volta verranno disegnati e assemblati in modo da facilitarne il disassemblaggio e il riuso a fine vita.

Prospettive di sviluppo

Attualmente, le batterie al potassio sono ancora in fase di prototipo, ma i progressi accademici sono promettenti.

“I prototipi attuali hanno le dimensioni di uno smartphone“, ha spiegato il professore, aggiungendo che “nel giro di cinque anni” si potrebbe iniziare a scalare il prodotto in ambito industriale, “come è stato un decennio fa con le batterie al sodio”.

Le batterie al potassio rappresentano insomma un’opportunità per migliorare la sostenibilità economica e ambientale del settore energetico, soprattutto in applicazioni stazionarie oppure anche applicazioni mobili, ma solo di grossa taglia, come le navi portacontainer, per esempio.

Con costi ridotti, materiali abbondanti, maggiore sicurezza e un processo produttivo eco-compatibile, potrebbero diventare una tecnologia chiave per affrontare le sfide energetiche dei prossimi decenni.

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