Ci sono troppi tappi che ostacolano il processo di decarbonizzazione del settore elettrico italiano.
I nodi sono nella gestione delle reti elettriche sia di trasmissione che di distribuzione e nel capacity market, quel meccanismo, di cui spesso parliamo, che ha l’obiettivo di remunerare impianti esistenti e nuovi per sopperire alla prossima dismissione delle centrali a carbone.
Riguardo al capacity market i fatti ci dicono che finora in Italia si sono favoriti i grandi operatori, con remunerazioni che per gli anni 2022 e 2023 che saranno particolarmente elevate. E questo porterà, oltre ad un probabile incremento delle bollette, soprattutto per gli utenti energivori, anche ad una distorsione del mercato.
Queste alcune delle conclusioni del documento pubblicato da ReCommon dal titolo “La super league del fossile. Élite del gas vs transizione energetica” (allegato in basso).
Nel breve report si ricorda come le aste finora abbiano assegnato oltre 84.000 MW di capacità a un costo di circa 2,8 miliardi di euro.
E di queste remunerazioni circa il 90% andrà ai primi dieci beneficiari, lasciando alle aziende concorrenti poco più di 320 milioni. I primi 10 beneficiari nell’ordine: sono Enel, A2A, Edison, Eni, Sorgenia, EP, Iren, Engie, Tirreno Power, Axpo.
Enel avrà un ricavo, che porterà in bilancio, pari a circa 802 milioni di euro per le annate 2022 e 2023.
L’aspetto più preoccupante è che al momento si premiano quasi esclusivamente le centrali a gas, mentre le rinnovabili non programmabili si sono aggiudicate solo il 3% della capacità messa in palio con le aste.
Eppure, gli impianti a fonti rinnovabili potrebbero garantire flessibilità e programmabilità grazie ai sistemi di accumulo, così come la cosiddetta Demand Response che consente ai consumatori di adeguare la domanda all’offerta mettendo a disposizione l’energia autoprodotta o riducendo i propri consumi, in risposta ai segnali di mercato.
Soluzioni che però non sono state praticamente considerate o rese marginali.
Il capacity market sta spingendo in direzione contraria alla transizione energetica, spiega ReCommon, favorendo una corsa alle centrali a gas, tanto che Enel ne sta progettando 6,8 GW di nuove, quasi la metà di quanto verrà realizzato nei prossimi anni.
Stiamo parlando della stessa Enel che punterebbe, allo stesso tempo, alla transizione energetica e alle rinnovabili. Questa contraddizione si spiega anche con il fatto che il capacity market, con le sue remunerazioni molto generose, permetterà di sostenere il settore della generazione elettrica in sofferenza oggi, e domani ancora di più, per il crescente peso delle rinnovabili.
Stiamo parlando di impianti, quelli a gas, che senza questo aiutino garantito, non starebbero sul mercato.
ReCommon a tal proposito evidenzia il fatto che ci sia una scarsa trasparenza su prezzi e logica alla base del capacity market.
Le valutazioni e le analisi sui costi e benefici sono piuttosto complesse e in questo senso, Terna, il gestore della rete di trasmissione, che sebbene sia per il 30% di proprietà statale, non sta contribuendo, ma anzi direzionando molto la politica energetica del paese verso soluzioni poco innovative.
In aggiunta, si stigmatizza il fatto che Terna stia erogando troppo dividendi ai suoi azionisti, molti dei quali esteri, e investendo in innovazione nel paese meno di quanto servirebbe per incanalare il paese verso una più rapida decarbonizzazione del sistema elettrico. Una criticità segnalata di recente anche dall’Osservatorio sulle Imprese della Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale della Sapienza.
Documento ReCommon (pdf)