La morte del diesel e l’irruzione di nuove forme di mobilità

La decisione tedesca sul bando al diesel sta già facendo registrare un effetto a catena. Le case automobilistiche devono cambiare strategia, guardando anche a un futuro in cui l'auto elettrica, anche condivisa e a guida autonoma sarà protagonista. L'editoriale di Gianni Silvestrini.

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La decisione della corte federale amministrativa di Lipsia di giudicare ammissibile il blocco dei modelli diesel sotto lo standard Euro4, estendibile dal settembre 2019 anche agli Euro5, provocherà un effetto a catena nelle città inquinate, non solo tedesche, che segnerà la progressiva morte delle auto con motori diesel e una accelerazione della corsa all’elettrico.

Parigi, Madrid e Atene vogliono proibirli dal 2025, Roma dal 2024, Milano dal 2023, mentre Copenaghen intende limitarne l’uso già dal prossimo anno. E i mercati, che già hanno recepito la disaffezione dell’opinione pubblica, rischiano ora di crollare.

Il Regno Unito ha visto una riduzione del 17% delle vendite nel 2017, mentre a livello europeo la quota dei diesel è scesa di ben dieci punti in soli tre anni, passando dal 53,6% del 2014 al 43,7% del 2017.

Ancora più significativo il dato delle vendite tedesche del mese di gennaio, precipitato dal 45% del 2017 al 33% di quest’anno nell’attesa della sentenza auspicata da molte città intenzionate a limitare l’uso dei diesel.

La recente decisione di Fiat Chrysler di definire una data limite (2022) per l’impiego di motori diesel, sulla scia di quanto già annunciato da Volvo, Porsche e Toyota, è destinata quindi ad estendersi anche ad altre case.

Ma i problemi dell’industria dell’auto non si limitano alla progressiva fine del diesel. Ci sono altre minacce, anche più radicali, all’orizzonte.

“Mi spiace dirlo, ma ci stiamo avvicinando alla fine dell’era dell’auto”. O perlomeno, dell’auto come la conosciamo oggi. Sulle strade vedremo veicoli elettrici a guida autonoma e fra non molto gli americani dovranno iniziare a vendere o a rottamare le loro Ford o Fiat-Chrysler. A delineare questo scenario non è un ambientalista, ma Bob Lutz, già vicepresidente della General Motors.

PriceWaterhouseCoopers delinea scenari meno esplosivi ma comunque in rapida evoluzione. Alla fine del prossimo decennio i nuovi servizi di mobilità elettrica condivisa potrebbero portare a una riduzione del parco circolante in Europa dagli attuali 280 a 200 milioni. Nel 2030 solo il 5% delle auto vendute nella Ue sarebbe ancora a combustione interna.

Secondo questo studio, inoltre, il 25% delle auto sarebbe a guida autonoma garantendo il 40% degli spostamenti. Dal prossimo 2 aprile case come Google, Ford, Uber e Nvidia potranno fare circolare in California i loro veicoli senza la presenza di un guidatore a bordo. E’ l’inizio di una rivoluzione che potrebbe evolvere con effetti dirompenti sull’industria dell’auto, del petrolio, delle assicurazioni…

Le strategie per superare il predominio dei veicoli a combustione interna hanno visto percorsi molto diversi nei principali paesi produttori. Schematizzando al massimo, potremmo fare il seguente quadro.

La Germania, dopo aver creduto in passato all’idrogeno, è partita con forte ritardo sull’elettrico. Il Giappone dopo il successo delle auto ibride sta ora puntando sull’idrogeno. Gli Stati Uniti, dimenticata una breve parentesi sull’idrogeno, stanno accelerando sull’elettrico. La Cina gioca con forza la carta dell’elettrico, ed è rapidamente arrivata a conquistare la leadership mondiale. Nel 2018 Pechino fornirà infatti oltre metà degli 1,5 milioni di auto elettriche che si prevede verranno vendute nel mondo e nel 2025 puntano a produrre 7 milioni di veicoli elettrici.

Queste trasformazioni avranno anche notevoli implicazioni sul fronte occupazionale. Ipotizzando infatti che nel 2030 l’elettrico rappresenti il 35% delle vendite europee, se solo il 10% delle auto elettriche venisse prodotto nel continente il settore rischierebbe di perdere il 28% dei posti di lavoro, mentre se si riuscisse a esportarne il 20% l’occupazione crescerebbe dell’8%.

Dunque ci sono implicazioni di grande portata che riguarderanno le strategie di tutti i grandi gruppi. La Volkswagen ha raddoppiato a 40 miliardi $ gli investimenti sull’elettrico, ma probabilmente non basteranno.

Un’ultima riflessione sulle possibili trasformazioni della mobilità nelle nostre congestionate città. Uno scenario auspicabile vede la diffusione di forme di sharing che nel prossimo decennio si potranno realizzare con auto autonome. Una evoluzione che andrà però governata.

Se verranno forniti servizi efficaci, puntando sulla condivisione dei mezzi da parte di più passeggeri, si potrà ridurre fortemente il numero dei veicoli sulle strade. E i parcheggi liberati potrebbero trasformarsi in ottime piste ciclabili.

In questo futuro, l’auto autonoma condivisa, il trasporto pubblico e la bicicletta rappresenterebbero gli assi di una mobilità sostenibile a basso costo.

Una cosa è evidente. Il mondo della mobilità vedrà rapidissime evoluzioni aprendo incredibili opportunità. L’importante è che ci sia la consapevolezza dei cambiamenti possibili e la capacità di governarli. Cosa che al momento in Italia pare quanto mai lontana.

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