La ciclologistica è una professione diffusa in Europa da molti anni. Si tratta di un servizio offerto da una ditta di logistica che consegna merci in città utilizzando bici cargo, soprattutto a pedalata assistita.
A Budapest è iniziata circa 28 anni fa. Olanda, Danimarca, Inghilterra hanno aziende ormai consolidate, quindi non è una novità.
L’innovazione ha puntato a mezzi più leggeri e soprattutto nel fatto che non è più il “garzone” a consegnare i prodotti, ma è un servizio organizzato e affidato a una ditta esterna, esperta in logistica urbana.
In Italia questo settore è ancora poco conosciuto. I più anziani sono gli UBM (Urban Bike Messengers) di Milano, con 16 anni di attività.
Per capire come si sta diffondendo questa professione nel nostro Paese e quali sono le principali difficoltà e le possibili soluzioni, abbiamo seguito il recente evento “Next Generation Mobility, dove si è parlato molto anche dell’esperienza di Cyclologica, ditta fiorentina di ciclologistica.
Chi sono i cargo-bikers
Durante l’evento Carmine Arvonio, fondatore di Cyclologica, ha chiarito che gli operatori della ciclologistica (cargo-bikers, ciclofattorini o corrieri) sono diversi dai rider che consegnano la classica pizza in bici con lo zaino.
La loro è un’attività programmata: non ricevono la chiamata dal cliente che ordina da casa il cibo, ma giornalmente hanno una scheda che definisce gli spostamenti e le consegne che dovranno fare il giorno seguente.
Non viaggiano poi con lo zaino. Tra le compagnie di ciclologistica più grandi si sta diffondendo anche l’utilizzo di un mezzo a tre ruote proprio per aumentare la capacità di carico, anche fino a 300 kg.
Diversi sono i cargo-bikers presenti in Italia. Ci sono tre compagnie a Milano: So.de, UBM e Corriere della Madonnina (circa 50 operatori). A Torino ci sono un paio di ditte, poi c’è UBM Bologna, a Roma c’è Corro con circa 40 operatori. A Pesaro-Urbino c’è Urbico, una delle delle aziende italiane più grandi con un buon numero di operatori. A Firenze c’è, appunto, Cyclologica e un’altra azienda più piccola. Ad Ascoli Piceno, Parma, a Salerno ce ne sono altre.
Gli ostacoli all’attività di ciclologistica
Questa professione fatica a diffondersi sul nostro territorio per tanti motivi.
Oltre a quello culturale – ha raccontato Arvonio – tra i problemi principali c’è la congestione del traffico urbano che rallenta l’attività dei cargo-bikers. Una soluzione potrebbe essere la pista ciclabile, che però è spesso assente o inadeguata in molte città.
Altro problema è il vuoto normativo: pur non avendo un’auto per la sua attività, Cyclologica ha dovuto registrarsi all’albo degli autotrasportatori per avere il conto terzi.
Peraltro, il buco normativo non può essere colmato dalla Legge 298/74 (Istituzione dell’albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi, disciplina degli autotrasporti di cose e istituzione di un sistema di tariffe a forcella per i trasporti di merci su strada) e dalle altre normative esistenti, perché inadatta alla ciclologistica.
Altre riflessioni sono state sollevate nel corso del convegno da Enio Zambon, consulente del lavoro che segue la cooperativa Cyclologica. Zambon suggerisce la creazione di un codice Ateco specifico per disciplinare l’attività della ciclologistica, così da poter risolvere le problematiche, soprattutto quelle fiscali.
Per la tutela delle aziende e dei lavoratori sarebbe anche necessario una sorta di patentino qualificante, un registro dei conduttori di mezzi a pedali (muscolari o a pedalata assistita) che svolgono attività di ciclologistica. Questo perché il professionista ha bisogno di conoscere il Codice della strada, ma anche di essere pronto ai primi interventi di manutenzione ordinaria della bici.
Si dovrebbe includere nel Codice della Strada una sezione per disciplinare le caratteristiche tecniche delle cargo bici utilizzate per uso professionale e le misure minime per le piste ciclabili, così da non dover occupare marciapiedi o corsie carrabili.
Altro problema è quello assicurativo: quando Cyclologica ha cominciato la sua attività, ha avuto estrema difficoltà a trovare una compagnia di assicurazione disposta a coprire i rischi dei ciclofattorini durante l’utilizzo del mezzo.
Secondo Zambon, se il Codice della Strada prevedesse, per esempio, una targa per i veicoli a pedali usati in modo professionale, si permetterebbe di emanare una legge ad hoc per dare indicazioni alle compagnie di assicurazione affinché possano coprire questi rischi. Il Presidente Nazionale di Assotrasporti, Secondo Sandiano, ha detto che dovrà essere l’Ania (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici) a studiare polizze specifiche per questa categoria di lavoratori.
Il legislatore dovrebbe intervenire anche in materia di igiene e sicurezza sul luogo di lavoro. C’è infatti parecchia perplessità nella mansione specifica che svolgono gli operatori.
Cyclologica ha avviato una collaborazione con l’Università di Pisa per individuare i rischi derivanti dal pedalare nel traffico, con smog, temperature elevate o troppo basse, condizioni climatiche avverse, allo scopo di definire un rischio specifico e individuare norme di sicurezza per i ciclofattorini. Per esempio è stato fatto un test sullo stress termico del corriere ed è emerso che le 6-7 ore quotidiane di lavoro, in estate dovrebbero essere ridotte a 4.
Altra questione riguarda i sensi delle strade urbane, oggi pensati per le auto. Quando una bici deve consegnare un pacco rispettando il senso di marcia della corsia carrabile, spesso è costretta a percorrere molti più metri rispetto a quelli che farebbe se potesse andare in alcune tratte in contromano. In Italia il contromano è permesso alle bici solo nelle strade in cui la velocità massima è di 30 km/h, e solo se i comuni hanno emesso un’apposita delibera, come per esempio a Reggio Emilia, Modena e Bologna; ma ciò non è stato fatto a Firenze.
Assotrasporti ha avviato un tavolo di lavoro con l’obiettivo di colmare queste lacune. Una delle prime attività che l’associazione di categoria degli autotrasportatori propone è il censimento delle aziende di ciclologistica operative nel nostro Paese.
Sarebbe necessaria anche la definizione di un contratto di lavoro specifico con il giusto salario. Cyclologica per esempio ha iniziato con una paga base oraria di 8,20 euro, per passare a 9,50 euro e poi a 11 euro.
L’esperienza di Cyclologica a Firenze
Abbiamo chiesto a Carmine Arvonio di Cyclologica di approfondire alcuni dettagli della professione, cominciando col chiedergli di quante cargo bike elettriche dispone la sua flotta.
“La ciclologistica professionale non riguarda il piccolo corriere, ma professionisti che svolgono un lavoro continuo, pedalando tutto il giorno. Ormai le bici cargo a pedalata assistita sono necessarie. Abbiamo un magazzino dove stocchiamo la merce e dove attacchiamo alla corrente i nostri mezzi. Non è stata necessaria l’installazione di un impianto fotovoltaico perché le batterie si caricano facilmente”.
Arvonio, avete usufruito di incentivi pubblici?
In Toscana di incentivi per questo settore non ce ne sono. La questione è diversa per esempio in Lombardia e in Emilia Romagna, dove gli enti regionali hanno erogato due tranche di incentivi, sia per i privati che per chi ci lavora. Certo, se compri un mezzo che costa tra i 7 e 8mila euro, anche un aiuto di mille euro non sarebbe male. Però non è di questo di cui avremmo più bisogno. Puntiamo a una normativa adeguata.
Quindi dal punto di vista dei mezzi non ci sono problemi…
No, anzi, la ricerca va avanti e ci sono dei veicoli che si ricaricano mentre si pedala. A livello europeo è partita da tempo una procedura per trovare uno standard di costruzione e performance delle cargo bici, professionali e private. Molto probabilmente presto ne verrà fuori una certificazione di questi mezzi, per il trasporto sia delle merci che delle persone, che per ora non c’è.
Se sindaco volesse favorire il vostro servizio nel proprio centro urbano, cosa dovrebbe fare?
Innanzitutto, bisognerebbe vietare ai grossi corrieri di entrare nel centro storico. Poi ci sono due approcci più comuni che possono essere adottati. Il primo è che il sindaco dovrebbe rivolgersi a una ditta di ciclologistica con un magazzino ai limiti della ZTL. Un accordo deve prevedere che l’operatore distribuisca la merce in ZTL solo con cargo bici. Non c’è bisogno di piani specifici.
E il secondo approccio?
È quello che hanno provato a fare a Bologna e a Firenze, ma che poi si è arenato. Va previsto un accordo con le categorie di commercio: si comunica al fioraio, al negozio di alimentari, allo studio professionale, che gli è consentito portare la merce in città solo con mezzi leggeri.
Venite contattati direttamente dalle attività commerciali?
Sono le attività commerciali e gli studi a contattarci oppure, capita, che siamo noi a rivolgerci a loro. Facciamo accordi con negozi o con grosse ditte di distribuzione. Tutti i nostri mezzi sono brandizzati, così le persone vedono il nostro logo e ci contattano.
Questo servizio può essere adottato in città di ogni dimensione?
Sì, è tutto rapportabile. Per esempio a Milano ci lavorano tre grandi ditte. Noi riusciamo a coprire tutta Firenze. Se i corrieri sono dislocati in varie zone di una città, si suddivide il territorio in microzone. Purtroppo ancora ci interfacciamo con città poco collaborative, ma ribadisco che gran parte delle merci che girano in area urbana si può trasportare facilmente in questo modo.
Arvonio conclude la nostra intervista dicendo: “siamo molto contenti che il Presidente di Assotrasporti, che si occupa dei furgoni, abbia preso a cuore la nostra situazione e abbia costituito un gruppo di ciclologistica al suo interno. Anche loro hanno capito che questo è il futuro della logistica cittadina”.