Una transizione energetica evoluta dovrebbe cercare di far partecipare tutte le fonti e soluzioni tecnologiche rinnovabili e pulite.
La lezione che ci viene dalla storia dell’evoluzione energetica è chiara: la diversificazione è l’elemento chiave per costruire un sistema resiliente ed esente da rischi di concentrazioni di potere e di ricchezza, nonché da squilibri e dipendenze economiche e industriali.
Il recente decreto sulla misura Transizione 5.0 tuttavia, nelle sue disposizioni relative all’energia solare, ha colpevolmente lasciato fuori una di queste soluzioni: il solare termico.
Ricordiamo che Transizione 5.0 è un investimento previsto nella Missione 7 del capitolo REPowerEU del Pnrr, per incentivare la transizione dei processi produttivi, con un budget di 6,3 miliardi di euro e un target di risparmio energetico cumulato di 400.000 tep. Vi possono accedere tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato e le organizzazioni stabili di soggetti non residenti. Gli investimenti devono essere realizzati negli anni 2024 e 2025 in strutture produttive in Italia.
Caro Mimit ti scrivo
Solterm Italia, la nuova associazione industriale italiana del solare termico, fondata da un gruppo di imprese produttrici, ha cercato di sollevare il problema, evidenziando questa incredibile mancanza con una lettera inviata a metà giugno al Ministero delle imprese e del Made in Italy (Mimit), in particolare alla Direzione Generale della Divisione II. Politica per la digitalizzazione delle imprese, l’innovazione e l’analisi dei settori produttivi (lettera allegata in basso).
La lettera, firmata da Zeno Benciolini, Presidente di Solterm Italia, parte con un oggetto estremamente chiaro che recita: “DL 19/2024 – PNRR 4 – Art. 38 – Transizione 5.0 – Estensione dei benefici previsti all’Art. 38 comma 5 par. a agli investimenti destinati alla produzione di energia solare termica oltre che fotovoltaica”.
Un decreto “zoppo”
Il punto cruciale del testo della lettera si riferisce alle osservazioni da parte di Solterm Italia al fine di apportare delle modifiche nella fase di predisposizione dei decreti attuativi, in corso di elaborazione per il decreto citato in oggetto, con particolare riferimento alle agevolazioni previste per l’autoproduzione e l’autoconsumo di energia da fonte solare, così come indicato nell’articolo 38 del decreto stesso al comma 5, paragrafo a).
Risulta dal testo, infatti, che le agevolazioni per l’ottenimento di tale beneficio siano unicamente dedicate a impianti con moduli fotovoltaici di cui all’articolo 12, comma 1, lettere a) , b) e c) del decreto-legge 9 dicembre 2023, n. 181 (cioè prodotti in UE).
L’autoconsumo è anche termico
Nel testo della lettera, poi, si leggono le precisazioni fatte dall’associazione in merito ad alcune caratteristiche della soluzione tecnologica esclusa dal decreto.
Si fa notare, innanzitutto, come con la dizione “energia di fonte solare” si intenda, anche in base al testo esplicito delle recenti direttive dell’Unione Europea, sia l’energia termica (quindi il calore) che quella elettrica.
Andando più nel dettaglio delle disposizioni specifiche contenute nell’articolo oggetto della lettera, si sottolinea che l’autoconsumo di energia solare autoprodotta, nel caso del calore, è non solo possibile, come nel caso dell’energia da fotovoltaico, ma addirittura indispensabile, in quanto i sistemi solari termici sono, per loro natura, sistemi di prossimità all’utilizzatore, non essendo conveniente trasferire il calore per lunghe distanze, come invece accade per l’elettricità.
Molta industria europea (e italiana) e poco spazio richiesto
Per quanto riguarda l’aspetto industriale, si evidenzia come i pannelli solari termici siano un prodotto di eccellenza europea, prodotti quasi interamente da aziende europee con impianti sul territorio, come anche evidenziato dai report pubblicati da Solar Heat Europe (associazione europea del solare termico), con una percentuale del 90% di prodotto di provenienza europea e distribuito in Europa.
Non bisogna dimenticare, inoltre, che l’origine dei prodotti e del know-how tecnico e tecnologico è anche in buona parte italiana, con una dimostrata leadership di lungo periodo nel settore.
In merito all’occupazione di spazio necessaria per applicare la tecnologia, ove vi sia un fabbisogno di energia termica, il solare termico garantisce una produzione di energia per unità di superficie circa 4 volte superiore al fotovoltaico, garantendo un uso ottimale dei tetti e/o del suolo.
Un’industria più pulita col calore solare
Il possibile impatto del solare termico, aggiunge Solterm Italia, non si ferma al solo settore residenziale: il calore solare può dare un contributo significativo alla riduzione dei consumi energetici dell’industria nazionale, come già avviene in altri Paesi con impianti già attivi e funzionanti, come Spagna, Francia, Belgio e Germania.
In Italia il solare termico per i processi industriali è già una realtà di grande valore, per esempio per Martini & Rossi e Peroni, che hanno investito in iniziative pilota di questo tipo.
La decarbonizzazione del calore industriale, tra l’altro, è una delle sfide più complesse che si stanno affrontando nell’ambito delle direttive europee appena approvate come le direttive EPBD ed EED, e sarebbe limitante e inutile, escludere dai benefici previsti proprio una tecnologia in grado di dare il suo prezioso apporto per risolvere questa domanda.
A quando un incontro?
La lettera si conclude con un invito al dialogo che, al momento, non ha avuto ancora risposta da parte del Mimit.
Le aziende rappresentate da Solterm Italia chiedono di aprire un confronto per cercare di individuare una soluzione, magari nell’ambito dei decreti attuativi, per non penalizzare sia un settore a forte matrice italiana, sia gli utilizzatori finali, le imprese produttive del nostro Paese, che meritano di avere accesso a un portafoglio sempre più vasto di soluzioni per la propria sostenibilità e per ridurre i consumi di energia da fonte fossile.