Sale piene e molti (forse anche troppi) relatori ansiosi di comunicare la loro visione sul presente e, soprattutto, sul futuro prossimo dell’energia geotermica in Italia.
La prima edizione dell’Italian Geothermal Forum, svoltasi l’11 e 12 marzo presso la sede romana di Confindustria, è stata sicuramente un successo.
Dibattiti sulle politiche, panoramiche sulle realtà industriali operanti nel mercato e presentazioni delle tendenze di ricerca in atto hanno permesso di avere un quadro completo del settore e delle sue potenzialità.
Una critica a questo evento, che ha visto UGI, AIRU e Rete Geotermica come principali organizzatori, è l’avere predisposto un programma troppo fitto, che ha portato spesso ritardi nella scaletta degli interventi e l’impossibilità per il pubblico presente di porre domande.
Tutti fermi
Il settore geotermico in Italia, grazie alla produzione “storica” nell’area di Larderello, conta quasi 1 GW di potenza elettrica e il suo potenziale è ancora più interessante, non solo per la generazione elettrica, ma anche per la fornitura di calore.
Impiegando il geotermico in appena 1 milione di condomini, infatti, si potrebbe tagliare il consumo di gas nel paese fino al 7%.
Tornando alla geotermia per la produzione elettrica, si è evidenziato come 1 GW di installazioni porti circa 8 miliardi di valore aggiunto e circa 6.000 nuovi occupati, con una forte ricaduta, perciò, sull’economia locale e nazionale.
Sarebbe sufficiente, addirittura, sfruttare solo il 2% del potenziale nazionale per coprire ben il 10% della domanda elettrica italiana al 2050.
Nonostante queste premesse positive, però, le installazioni geotermiche per la produzione elettrica sono essenzialmente ferme dal 2010. Perché?
De-risking: una parola chiave
Molti attori presenti al forum e, in particolare, la Rete Geotermica Italiana, hanno sottolineato come uno dei principali motivi per questo impasse sia la scarsità di supporto politico: circa 40 progetti per un totale di 800 MW sono fermi in attesa delle aste del Decreto Fer 2, oggi pubblicato dopo anni di attesa.
Questo stesso decreto, inoltre, premia l’energia prodotta, ma non supporta le imprese nell’investimento iniziale, che si presenta sempre come oneroso e ad alto rischio.
Il de-risking di questo investimento è uno dei punti centrali di questo settore. Un’interessante osservazione uscita dal forum è che il rischio può diminuire non solo tramite strumenti finanziari come i fondi di garanzia, ma anche grazie alla ricerca scientifica che, favorendo una più accurata conoscenza geologica del sottosuolo, possa portare a realizzare pozzi con una maggiore probabilità di reperimento della risorsa geotermica.
La solita (insuperabile?) barriera
Oltre al costo iniziale, poi, un altro ostacolo rilevante è costituito dalle lunghe, complesse e incerte procedure burocratiche, tra l’altro diverse nelle differenti Regioni.
Ne abbiamo scritto di recente nell’ambito di un’analisi su scenari e prospettive della tecnologia a cura di PwC (Il rilancio della geotermia passa da autorizzazioni più veloci e incentivi).
Il dialogo con le amministrazioni regionali, quindi, assieme alla preparazione di linee guida di orientamento per le Regioni stesse, magari preparate e promosse dal Mase, potrebbe rivelarsi un elemento risolutore.
Riguardo a questo tema, una ventata di ottimismo, tanto promettente quanto inattesa, è stata però portata da un’osservazione di Giuseppe Mandrone dell’Università degli Studi di Torino: la conoscenza cambia l’atteggiamento.
In una ricerca da lui condotta per conto dell’associazione del teleriscaldamento AIRU sugli accumuli termici di grande taglia, infatti, si è chiaramente riscontrato come i funzionari regionali intervistati modificassero la loro opinione in direzione positiva una volta messi a parte dei dettagli tecnici necessari.
Al calduccio della geotermia
Il geotermico non è solo elettricità, ma un’ottima soluzione anche per la produzione di calore e come un partner ideale per il teleriscaldamento.
Grazie anche alla presenza di AIRU come organizzatore il forum ha dedicato molto spazio a questa soluzione tecnologica, evidenziando soprattutto come essa abbia obblighi derivanti dalla Direttiva Europea sull’efficienza energetica e, quindi, il quadro politico complessivo dovrebbe aiutare le utility a raggiungere questi obiettivi.
Si è parlato anche della fornitura di calore nelle Comunità Energetiche, come “un treno da non perdere” per garantire ulteriore visibilità e, ovviamente, anche nuove installazioni per la geotermia.
E la politica?
Se l’atmosfera generale del forum è stata quella di un cauto, ma caldo ottimismo, senza dubbio adatto a un evento incentrato sull’energia termica, qualche doccia fredda è comunque arrivata dalle (non) risposte dei politici coinvolti.
Sia il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase), Pichetto Fratin, intervenuto in apertura, sia una rappresentante della sua Segreteria Tecnica, presente in una successiva tavola rotonda, hanno aggirato la domanda sui prossimi passi del Governo sulla geotermia, preferendo concentrarsi su cosa è stato già fatto, come sappiamo non abbastanza, per supportare il settore.
Anche l’intervento del Ministro Urso, che ha aperto con un videomessaggio la seconda giornata del forum, si è allineato a questa sorta di “non coro”, tirando in ballo persino l’onnipresente nucleare.
La giusta direzione
A onor del vero, però, anche dalla politica qualche segnale di un percorso nella giusta direzione è arrivato.
Il Mase, ad esempio, ha annunciato che, sebbene non certo al 100%, è in studio la possibilità di realizzare una valutazione dettagliata del potenziale geotermico italiano, annuncio che è stato convintamente apprezzato da AIRU.
Un altro elemento che ha suscitato interesse e approvazione è la pubblicazione, da parte del ministero, del documento di consultazione sul meccanismo di incentivazione degli interventi di produzione di energia termica da fonti rinnovabili di grandi dimensioni, attraverso procedure di accesso competitive, in sostanza uno schema complementare al Conto termico.
Su questo punto, anche il Gse, tramite un intervento del suo Presidente Arrigoni, ha confermato di essere pronto a gestire questo nuovo schema, il cosiddetto FER T e che, durante la prossima estate, bandirà le procedure per le aste del Fer 2 che includeranno anche i contingenti per la geotermia, sia tradizionale con innovazione sia a emissioni nulle.
Come più relatori hanno sottolineato, d’altronde, sarebbe sufficiente fare anche solo un “copia e incolla” da alcuni Paesi dove la geotermia ha preso il via con buon abbrivio.
La Francia, ad esempio, ha puntato su questa tecnologia con una scelta politica di avere sia incentivi per la realizzazione degli impianti sia l’istituzione di un fondo di garanzia per coprire il fondo di investimento.