Le industrie energivore italiane hanno un patto per azzerare le emissioni al 2050

CATEGORIE:

Un impegno siglato dai settori italiani dell’acciaio, carta, cemento, ceramica, chimica, fonderie e vetro per il raggiungimento dei target di decarbonizzazione. Puntano soprattutto su CCS, idrogeno e biometano, la strategia di Confindustria.

ADV
image_pdfimage_print

Le industrie energivore italiane hanno siglato un patto per centrare gli obiettivi di decarbonizzazione posti dall’Unione Europea e azzerare le emissioni di CO2 al 2050, l’Industrial Decarbonization Pact.

Un impegno sottoscritto dai settori dell’acciaio, carta, cemento, ceramica, chimica, fonderie e vetro – spiega una nota di Interconnector Energy Italia, network di imprese energivore – che sicuramente hanno una notevole rilevanza strategica per il raggiungimento dei target.

Sono sette le associazioni confindustriali rappresentative dei comparti più energivori: Assocarta, Assofond, Assovetro, Confindustria Ceramica, Federacciai, Federbeton e Federchimica.

Questi settori occupano 700mila addetti e producono il 5% della ricchezza italiana. Il network afferma che con 15 miliardi di investimenti potranno ridurre del 40% le loro emissioni al 2030. Non è chiaro però da dove prendere queste risorse (PNRR?).

Di questi obiettivi ne parla anche uno studio, pubblicato a luglio e ripreso dal network, dal titolo “Strategia per la Decarbonizzazione dei settori cosiddetti Hard to Abate“, preparato appunto da Interconnector Energy Italia, Confindustria e Boston Consulting Group.

In questo studio emerge come la decarbonizzazione di questi settori sia perseguibile attraverso un portafoglio diversificato di soluzioni: “efficienza energetica, economia circolare, combustibili low carbon, cattura della CO2, green fuels come idrogeno e biometano ed elettrificazione rappresentano, infatti, elementi complementari di un piano di azione congiunto e potrebbero, se implementati in maniera integrale, ridurre le emissioni dirette previste fino al 40% entro il 2030”.

Nel complesso l’industria genera nel nostro paese un terzo delle emissioni nazionali di CO2, di cui gran parte legate ai settori energivori.

Questa prima riduzione del 40% al 2030 è molto elevata da ottenere. E sorprende che Confindustria e gli energivori vogliano puntare soprattutto su tecnologie al momento ancora immature e poco efficienti, come la cattura del carbonio e l’idrogeno, e con un contributo che rischia di essere marginale come quello del biometano.

Chi legge QualEnergia.it conosce le perplessità su queste soluzioni, soprattutto in un arco di tempo così breve (si vedano ad esempio i due recenti rapporti del WWF sul tema).

Eppure, secondo questo studio, cattura della CO2, elettrificazione e green fuels (idrogeno e biometano) nel 2050 potrebbero garantire il 70-80% di riduzione delle emissioni totali dei settori analizzati; mentre economia circolare, combustibili low carbon e efficientamento energetico sosterranno la riduzione della maggior parte delle emissioni rimanenti.

La decarbonizzazione degli energivori tra obiettivi e competitività

Gli obiettivi di sviluppo sostenibile di questa nuova “alleanza” sono stati presentati il 3 novembre a Roma nel corso dell’evento “Industrial Decarbonization Pact – Sostenibilità, Innovazione e Competitività dell’Industria Italiana”, organizzato da Interconnector Energy Italia.

“Acciaio, carta, cemento, ceramica, chimica, fonderie e vetro generano 88 miliardi l’anno di valore aggiunto, con una forte vocazione all’export che vale circa il 55% del loro fatturato. Il percorso di decarbonizzazione di questi settori è necessario alla luce dei crescenti costi per l’acquisto di CO2; al tempo stesso, tale percorso deve preservare la competitività sui mercati internazionali di tutte le aziende coinvolte”, si spiega nella nota.

Nel corso dell’evento è stato presentato un progetto di decarbonizzazione della pianura padana, un piano operativo per la transizione energetica di 16 distretti industriali che comprendono al loro interno 165 siti emissivi.

Secondo le stime del Boston Consulting Group, attivando tutte le leve di decarbonizzazione descritte dallo studio, i 16 distretti industriali potrebbero ridurre le emissioni del 40% al 2030 rispetto al 2019.

ADV
×