Decreto sblocca-trivelle: serve ai produttori di gas e nuoce a Stato e contribuenti

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Ecco perché si rischia di buttare a mare tanto denaro dei contribuenti per fare un favore ai pochi produttori di metano.

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La legge di conversione del cosiddetto decreto Aiuti Quater in tema di sostegno al settore energetico è in dirittura d’arrivo, anche se con le feste di mezzo slitterà probabilmente verso la scadenza naturale del decreto, cioè al 17 gennaio.

Le attenzioni del mondo politico, di quello economico e anche di molti cittadini sembrano rivolte soprattutto al Superbonus: passerà la mini-proroga al 31 dicembre della Cilas (Comunicazione di inizio lavori asseverata) per i condomìni?

Per quanto questo aspetto sia importante, ce n’è un altro che lo è altrettanto, se non di più, ma sta passando più sottotraccia e che varrebbe la pena non dare come del tutto acquisito: è il cosiddetto provvedimento “sblocca-trivelle”.

Ne abbiamo già parlato, denunciandone i pericoli, soprattutto economici e finanziari per i contribuenti e le casse pubbliche (Nuove trivellazioni, gioco d’azzardo di un governo che diventa trader o croupier). Ma, sebbene un ripensamento in merito del governo sia improbabile, vale la pena ritornarci sopra, per sottolineare anche un altro aspetto.

In questo gioco d’azzardo finanziario messo sul tavolo dal governo Draghi e adottato dal governo Meloni, i probabili perdenti sarebbero i contribuenti, mentre i quasi sicuri vincitori sono i produttori di gas, a cui si offrono su un piatto d’argento prezzi amministrati, garantiti fino a 10 anni, a livelli ben più alti delle medie storiche.

Obiettivi del decreto

Ricordiamo che il decreto ha due obiettivi principali per quanto riguarda le trivellazioni di gas: aumentare, seppur di poco, le estrazioni nazionali e offrire alle industrie italiane del gas addizionale a una fascia di prezzo prestabilita, in modo da evitare i rialzi delle quotazioni che si sono verificati quest’anno.

L’obiettivo di calmierare i prezzi deve avvenire tramite l’adozione di un meccanismo di copertura del rischio finanziario basato sullo scambio di contratti derivati della durata massima di 10 anni.

Tale meccanismo finanziario fa sì che i produttori non debbano attendere i mesi o gli anni che ci vorranno per estrarre fisicamente nuovo gas dall’Adriatico o dal Canale di Sicilia. Potranno invece iniziare a offrire il gas a quei prezzi fin da subito, cioè da gennaio, grazie appunto a dei contratti derivati legati a gas già disponibile sul mercato o da parte degli stessi operatori coinvolti.

In altre parole, lo Stato, tramite il Gestore dei servizi energetici (Gse), garantisce alle società degli idrocarburi che il gas da esse offerto nell’ambito di questi accordi verrà pagato loro ad un prezzo garantito compreso fra 50 e 100 euro al MWh per un periodo che potrà arrivare fino a 10 anni.

Ma la realtà di mercato un’altra

Prendendo a riferimento i prezzi sul Title Transfer Facility (TTF), la “famigerata” piazza olandese secondo alcuni in mano agli “speculatori”, vediamo che il prezzo medio del gas all’ingrosso negli ultimi 5 anni è stato di circa 44 €/MWh, cioè non ha raggiunto neanche il limite inferiore garantito per 10 anni ai produttori di gas con la fascia prefigurata dal governo italiano. Ciò pur comprendendo i prezzi a tre cifre toccati per vari mesi nell’ultimo anno e il picco di quasi 340 €/MWh sfiorato ad agosto.

Se poi depuriamo i prezzi dagli effetti della pandemia e dell’invasione russa dell’Ucraina, prendendo a riferimento i 10 anni pre-pandemia, il prezzo medio del gas dal marzo 2010 al marzo 2020 ha oscillato fra circa 9 e 30 €/MWh, con una media inferiore a 20 €/MWh.

Tutto ciò vuol dire che la fascia di prezzo congegnata dal governo per la remunerazione decennale garantita a favore dei produttori col decreto sblocca-trivelle è come minimo quasi tre volte superiore al prezzo storico pre-pandemia e fino a oltre cinque volte maggiore della media storica.

Nella fase attuale potrà sembrare scontato che i prezzi di mercato del gas siano destinati a rimanere per molto tempo a livelli più alti rispetto quelli decisi per decreto. In realtà, non è affatto ovvio che i prezzi di mercato rimarranno per dieci o anche solo cinque anni sopra i prezzi amministrati.

Tanto per fare un esempio, il prezzo del contratto future sul TTF per consegna nel quarto trimestre del 2026, quindi fra soli 4 anni, è di 32,50 €/MWh, cioè parecchio al di sotto dei 50 euro minimi e tre volte meno dei 100 euro massimi che lo Stato vorrebbe fossero pagati per il metano fornito dai produttori nell’ambito del decreto sblocca-trivelle.

Quali probabili conseguenze?

“Secondo voi, lo sblocca-trivelle, copre più il rischio del produttore o di un gasivoro? Se voi foste un gasivoro, paghereste il gas per dieci anni a 50 €/MWh, come minimo, con un prezzo storico di 20 euro? Io no. Secondo me questo contratto i gasivori lo fanno solo se sanno che poi ne escono quando vedono il prezzo spot che va giù. Ci stanno dentro un anno, o forse due, poi se ne vanno”, ha detto Michele Governatori, responsabile energia del think tank indipendente ECCO, durante un recente convegno.

Ma non è tutto, perché c’è da vedere l’impatto sulla “controparte“.

Se, come prevedibile e logico, i gasivori vorranno svincolarsi da questo meccanismo non appena il gas scenderà sotto i 50 €/MWh, ci dovrà essere comunque una controparte che onori quei contratti di fornitura a quei prezzi. E poiché il decreto sblocca-trivelle dice che questo meccanismo dovrà funzionare senza generare oneri aggiuntivi per il Gse, la controparte che si dovrà sobbarcare quei contratti saranno i contribuenti, lo Stato.

Sarebbe lo stesso se i contratti in questione dovessero rimanere in pancia al Gse, perché il gestore è comunque controllato ministerialmente e, alla fine, sempre sui conti dello Stato andrebbero a ricadere eventuali extra costi per quel gas.

Non è infatti politicamente pensabile che il governo voglia obbligare gli energivori a comprare per lunghi anni gas a prezzi molto superiori a quelli di mercato, anche se legalmente lo Stato potrebbe cercare di far valere questi contratti in modo coercitivo.

“Ho l’impressione che lo sblocca-trivelle sia stato costruito in realtà per dare una garanzia ai produttori di gas, per dare loro un prezzo minimo in un contesto in cui invece è del tutto dubbio che tra otto anni possa essere conveniente estrarre gas dall’Adriatico con costi di estrazione che sono cinque volte quelli del Qatar o degli altri paesi del Golfo”, ha concluso Governatori.

Se nell’ambito della conversione in legge del decreto il governo decidesse di buttare a mare questa parte del provvedimento, invece che i soldi dei contribuenti per pagare gas troppo costoso, farebbe una cosa saggia. Poiché nell’esecutivo il tema non è sul tavolo, sembra molto improbabile, ma tentar non nuoce.

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