Così gli interessi di Snam hanno scritto il piano di metanizzazione della Sardegna

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Il rapporto di ReCommon denuncia come l'azienda stia penalizzando pesantemente il percorso di giusta transizione energetica dell'isola.

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Gli interessi di una delle più importanti aziende italiane, Snam, fortemente spalleggiata dal governo, stanno penalizzando in maniera molto pesante il percorso di giusta transizione energetica che invece avrebbe potuto intraprendere una delle regioni italiane più segnate in passato da un processo di industrializzazione dannoso per l’ambiente e le comunità: la Sardegna.

Questa la denuncia di ReCommon che ha pubblicato ieri, 6 giugno, il rapporto “Snam, giù le mani dalla Sardegna”.

Il “Decreto Energia”, spiega l’associazione, datato inizio maggio, conferma che il futuro dell’isolasarà incentrato sul gas.

Una scelta anacronistica per ReCommon, anche perché questo combustibile fossile non era stato mai utilizzato in Sardegna, dove si auspicava invece una reale transizione energetica basata sulle fonti alternative, una volta abbandonato definitivamente il carbone.

“Sono anni che Snam spinge per la metanizzazione della Sardegna”, prosegue l’associazione, nonostante il mondo ambientalista e anche qualche Comune dell’isola negli anni si siano battuti contro questo progetto, sostenendo invece che fosse possibile alimentare l’isola solo con energia rinnovabile.

Ma tutto questo non è servito e, tramite la controllata Enura, Snam ha trasformato il progetto della “dorsale”, ovvero un gasdotto che avrebbe dovuto attraversare l’isola da nord a sud, in tre “mini-dorsali”, ossia delle reti di distribuzione concentrate nei tre poli dell’isola dove sono presenti le grandi industrie e i centri abitati più grandi, collocati a nord-ovest nell’area di Porto Torres, nell’oristanese, nel sud-ovest nell’area del Sulcis Iglesiente e nel cagliaritano nella zona di Sarroch.

I punti di rifornimento saranno due nuovi rigassificatori, uno a nord e uno a sud, per l’importazione di gas fossile via nave.

L’emergenza guerra ha inoltre contribuito a creare la basi per legittimare un piano fuori tempo, che mette una pesante ipoteca sul futuro della Sardegna. Il “DPCM Energia” rilancia infatti la costruzione di terminali di rigassificazione e stoccaggio come alternativa all’importazione di gas russo, non solo in Sardegna, ma anche sulle coste della penisola italica e alla necessità di trovare altri fornitori principalmente di gas liquido trasportato via nave.

Porto Torres zona di “sacrificio”

Nel rapporto un paragrafo è dedicato all’area industriale di Porto Torres, che ha ospitato storicamente due grandi impianti inquinanti: la raffineria e il petrolchimico dell’Eni, adesso ridimensionati e convertiti attraverso progetti di “chimica verde” seppur senza le bonifiche richieste, e la centrale a carbone di Fiume Santo. Quest’ultima è stata prima di proprietà di Enel, poi di E-On e adesso è sotto il controllo del gruppo ceco EPH, tramite EP Produzioni.

La concentrazione di inquinanti nel terreno, nell’acqua e nell’aria ha portato a definire la zona Sito d’Interesse Nazionale.

Negli ultimi anni, sono state diverse le opzioni ventilate per la centrale di Fiume Santo: dalla conversione a biomasse fino alla chiusura definitiva. Ma ora con l’emergenza guerra si apre la possibilità di una sua conversione a gas, mantenendo Porto Torres e il sassarese tra le zone di sacrificio.

Il parere di ReCommon

Secondo ReCommon la Sardegna “meriterebbe le bonifiche attese da anni, una pianificazione energetica radicata nei territori, basata sulle comunità energetiche di iniziativa locale e la partecipazione della popolazione. Purtroppo come stiamo vedendo il gas è una dipendenza che ha delle conseguenze non solo sui cambiamenti climatici. Snam sembra far finta di niente per non mettere in discussione i propri piani di sviluppo futuro, in cui la Sardegna è solo una mappa da colorare”, ha dichiarato Filippo Taglieri di ReCommon, autore del rapporto.

Non è accettabile mettere un’ipoteca così pesante sul futuro di una terra che da decenni è sacrificata a servitù militari e a un modello industriale che ha inquinato e minato la salute delle persone. Con il prezzo del gas alle stelle, e l’evidenza degli impatti del modello economico in cui si fonda, la Sardegna dovrebbe cogliere l’opportunità per voltare pagina dall’economia delle fossili, e pianificare dal basso il proprio futuro energetico, fuori dal modello estrattivista e a partire dai territori”, ha affermato Elena Gerebizza, tra gli autori del rapporto.

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