Le reti elettriche sono fondamentali per la decarbonizzazione del sistema energetico.
Attualmente, l’elettricità copre circa il 20% dei consumi finali di energia a livello globale (in Italia circa il 22%), e si prevede che nel 2050 questa quota dovrebbe arrivare fra il 55% e 70%. Ciò implica la necessità di investire sulle infrastrutture per poter fornire questa massiva quantità addizionale di elettricità.
“Detto questo, le reti già oggi funzionano bene”, ci spiega l’ingegner Bruno Cova, Power System Excellence Manager di CESI (Centro elettrotecnico sperimentale italiano). “Ce ne accorgiamo le rare volte in cui la luce viene a mancare, è un evento che fa scalpore. Vi è quindi una buona continuità della fornitura di energia elettrica. Tuttavia, se non si agisce oggi, rischiamo o di rallentare questo processo virtuoso di decarbonizzazione del sistema elettrico o di aumentare il rischio di non riuscire a fornire sempre l’energia quando serve”.
Come si potenziano allora le reti?
Non è pensabile continuare a costruire nuove linee come si faceva nel passato. Spesso è quasi impossibile, specie in luoghi molto densamente abitati come la Lombardia e in generale il Nord Italia, oppure l’Olanda. Vanno trovate soluzioni che permettano di aumentare la capacità di trasporto senza costruire in continuazione nuove linee. Servono quindi strade innovative su cui noi di CESI Consulting siamo impegnati come ideazione, mentre i colleghi del testing di KEMA Labs testano e certificano le prestazioni di questi componenti.
Ad esempio?
Le soluzioni per potenziare le reti sono molteplici e si possono classificare, in sintesi, in soluzioni hardware e soluzioni software. Nel caso di trasmissione di potenza su lunghe distanze gioca un ruolo fondamentale la tecnologia di trasmissione in HVDC, nonché i cavi ad alta profondità con la conseguente necessità di disporre di adeguate navi posa-cavi. Vi sono poi altre soluzioni non convenzionali come quella del traliccio a 5F (un tipo di sostegno progettato per trasportare cinque conduttori di fase, ndr) proposto da Terna per il Central Link project, oppure la sostituzione di conduttori, la digitalizzazione…
Ci spiega qualche soluzione nel dettaglio?
Per semplificare, sulle reti esistenti possiamo utilizzare soluzioni hardware, come la sostituzione di conduttori esistenti con altri conduttori a bassa dilatazione termica, con un’anima in carbonio, che poi vengono rivestiti con un conduttore di alluminio che permette il trasferimento di una maggiore quantità di energia, arrivando a temperature anche fino a 180 °C contenendo al massimo la dilatazione termica. In questo modo la stessa linea può quindi portare fino al doppio di quantità di energia elettrica.
Un’altra soluzione hardware, sempre su linee esistenti è, dove possibile, la conversione della linea da corrente alternata a corrente continua. Così facendo si può aumentare la capacità di trasferimento di potenza, fino addirittura al 100%, mantenendo la stessa base del traliccio. Lo si fa ad esempio in Germania con il progetto Ultranet, lo si farà in Italia con il progetto Hypergrid di Terna, del quale alcune sezioni verranno convertite da corrente alternata a corrente continua evitando quindi di costruire nuovi tralicci sul territorio.
E per quanto riguarda le soluzioni software?
Posso fare l’esempio dell’Olanda, un Paese la cui rete di trasmissione è molto congestionata e dove non si riesce a costruire nuove linee, ma che ha un’enorme esigenza di potenziare la capacità di trasporto dell’energia. In tale contesto, assumono rilevanza i criteri di sicurezza oggi adottati, che sono però stati definiti parecchi anni fa.
Ci si pone la domanda: possiamo accettare maggiori carichi nei componenti quali linee e trasformatori e quindi affrontare un maggiore rischio di guasti, perché più stressati? Questo rischio di guasto è accettabile? E quali impatti comporta sulla continuità della fornitura dell’energia? A che punto dobbiamo fermarci per non stressare eccessivamente questi componenti? A ciò si collega il discorso della controllabilità dei flussi che consente di sfruttare di più i componenti esistenti. Sono soluzioni note come dynamic rating: tramite un’opportuna sensoristica riusciamo a capire quanto caricare le linee tenendo conto della temperatura esterna e del vento. Con tanto vento e temperature basse si possono caricare di più le linee perché si dissipa di più il calore.
Molto si sta facendo anche nel trasporto di energia via mare
Con le nuove tecnologie dei cavi si arriva alla possibilità di posa fino a profondità impensabili fino a qualche anno fa. È di questi giorni la realizzazione del ramo orientale del Tyrrhenian Link, dalla Campania alla Sicilia, che arriva a quasi 2.200m di profondità, un record mondiale. Da questo punto di vista l’Italia è all’avanguardia, e riteniamo lo sarà nei prossimi anni. I cavi HVDC sono fondamentali: già nel Ten-Year Development Plan 2022 di ENTSO-e, l’associazione europea dei gestori di reti di trasmissione, si evidenziava il fatto che in Europa servisse una quantità di investimenti maggiore in cavi più che in linee aeree, cavi per lo più HVDC, per questioni tecniche. Questo sia per il terrestre ma soprattutto per i cavi marini.
Non vi sono solo progetti con cavi ad alta profondità nel Mediterraneo, CESI sta studiando la fattibilità tecnica ed economica del Green Energy Corridor che collegherà il trans-Caucaso alla Romania fino all’Ungheria attraversando il Mar Nero con profondità che raggiungono i 2200 metri. Tutto questo comporterà un notevole stress anche nella supply chain: i produttori di cavi per queste profondità sono pochissimi, a fronte di una grande richiesta di cavi molto lunghi per altissime profondità.
Di quanti e quali investimenti ci sarà bisogno?
Di cifre ce ne sono tantissime. Ovviamente dipende dai vari scenari. Ci possono essere delle stime a livello globale, europeo o nazionale. Attualmente, a livello mondiale, al 2050 si prevede che gli investimenti annuali in trasmissione e distribuzione dovranno aumentare fino a 800 miliardi di dollari all’anno, rispetto agli attuali 300 miliardi di dollari all’anno. Questo è dettato dal fatto che attualmente su scala globale abbiamo una domanda di energia elettrica di 28.000 TWh che dovrebbe arrivare intorno ai 60/70.000 TWh al 2050.
Se restringiamo all’Europa, abbiamo sempre la necessità di investimenti significativi. Si prevede che, dal 2025 al 2050, quindi in 25 anni, serviranno 2.600 miliardi di euro. Altre stime sono più prudenti, nell’intorno dei 2.000 miliardi di euro. Questo per adeguare le reti per la deep electrification e l’aumento della quota di rinnovabili non programmabili.
Quanto è alta l’attenzione politica?
La cosa che mi preme sottolineare è che le analisi tecniche che noi di CESI facciamo, o che altri consulenti del settore energia fanno, sono ben accettate ed interiorizzate dal settore politico. Possiamo citare l’outlook della COP 29 di Baku: se si legge la sintesi dei risultati dell’evento, i primi 2 punti riguardano il Global Energy Storage Grids Pledge che è stato firmato dai 40 operatori di sistemi, e il Global Energy Pledge che insiste sulla necessità di costruire i grandi corridoi dell’energia e elettricità, in particolare con collegamenti marini ad alta profondità. Quindi vi è anche un supporto politico, essenziale per favorire questi investimenti.