CER, più fondi e meno burocrazia. Ma per FREE restano nodi irrisolti

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Eliminate le penalizzazioni per i cittadini che combinano più incentivi, ma secondo il Coordinamento FREE resta irrisolto il problema delle coperture finanziarie. Il limite è nella gestione delle risorse: pochi progetti finanziati e spesso male. La proposta.

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Il Mase ha approvato un nuovo decreto che introduce rilevanti modifiche al quadro normativo delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) e dei Sistemi di Autoconsumo Collettivo.

Tra le principali novità, l’ampliamento della platea dei Comuni che possono accedere ai fondi PNRR: il limite demografico passa da 5.000 a 50.000 abitanti. Introdotte anche alcune semplificazioni procedurali, tra cui la rendicontazione posticipata alla fine dei lavori, con l’obiettivo di accelerare lo sviluppo delle CER.

Un altro cambiamento positivo riguarda le tariffe incentivanti: non si applicano più riduzioni agli investimenti effettuati da cittadini anche in presenza di altri incentivi cumulabili. In precedenza, tale possibilità era riservata soltanto a pubbliche amministrazioni e organizzazioni senza scopo di lucro (vedi Cer, il nuovo decreto Mase con le modifiche per l’accesso agli incentivi).

Tuttavia, il Coordinamento FREE, per voce del suo presidente Attilio Piattelli, sottolinea in una nota come permangano criticità strutturali nel meccanismo di finanziamento. Il passaggio dal contributo inizialmente previsto al 100% (come prestito a tasso zero) a un contributo a fondo perduto del 40% ha di fatto ridotto le possibilità per molti soggetti – in particolare i piccoli Comuni – di accedere al sostegno, a causa della necessità di reperire altrove il restante 60% dell’investimento.

“Senza coperture certe, molti progetti rischiano di non partire”, evidenzia Piattelli, che denuncia un approccio distorto alla gestione dei fondi PNRR: più attenzione alla rapidità della spesa che alla sua efficacia.

Esempi di questa logica, secondo l’associazione delle associazioni delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, sono il bando Parco Agrisolare e quello sull’Agrivoltaico.

Nel primo caso, l’aumento dei contributi fino all’80% ha permesso di saturare i fondi disponibili, ma ha finanziato impianti che si ripagano in pochi anni anche senza incentivi così elevati. Nel secondo, sono stati ammessi al sostegno progetti di grandi dimensioni, promossi da consorzi tra imprese delle rinnovabili e aziende agricole, trascurando una diffusione più capillare e innovativa della tecnologia.

“Occorre puntare di più su fondi rotativi a tasso agevolato o zero – conclude Piattelli – per garantire un utilizzo sostenibile e duraturo delle risorse pubbliche. Spendere bene è più importante che spendere tutto”.

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