Abbattere le emissioni con scelte quotidiane, tecnologia e politiche mirate

Uno studio dell’International Institute for Applied Systems Analysis di Vienna analizza l’impatto degli interventi dal lato della domanda sulla CO2: dai cambi di stile di vita alle scelte sui consumi per edifici e trasporti.

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Dopo le tante promesse dell’Accordo di Parigi del 2015, nel 2024 si è avuto un aumento di 3,6 parti per milione della CO2 in atmosfera, mai visto prima. Oggi per molti climatologi sembrerebbe ormai quasi impossibile conseguire l’obbiettivo di non superare +1,5 °C, se non addirittura quello dei +2 °C.

Anche se non tutte le responsabilità dell’aumento record sono da attribuirsi all’insufficiente azione degli Stati (in parte potrebbe anche derivare da meccanismi inerziali naturali e indiretti, come il riscaldamento dei mari e gli incendi forestali, che portano a enormi rilasci di carbonio), viene da pensare che forse sia arrivato il momento di valutare con più decisione anche altre strade verso la riduzione dei consumi energetici e delle relative emissioni.

Una di queste è definita come “intervento sul lato della domanda”, e consiste essenzialmente nel far cambiare gli stili di vita delle persone, allettandole verso la riduzione delle emissioni, anche con il risparmio monetario portato da bollette meno pesanti e trasporti meno onerosi. Un’azione complementare a quella sul “lato offerta” della sostituzione delle fonti fossili nella produzione energetica su grande scala.

Come ridurre consumi ed emissioni dal lato della domanda, attraverso comportamenti e tecnologie, è un argomento affrontato più volte da QualEnergia.it, ma il problema di questo approccio è che le proposte possibili sono le più varie: da quelle più “soft”, come ridurre il tempo della doccia o girare in bicicletta, quelle più “hard”, come coibentare la casa o passare alle pompe di calore.

Tutto ciò rende difficile valutare l’efficacia delle singole misure nelle varie situazioni locali, ma anche il loro effetto nello scenario macro della riduzione dell’impatto climatico planetario.

I modelli di valutazione integrati globali dello IAASA

Insomma, niente di nuovo, ma a questo proposito cerca di portare un po’ di chiarezza uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’International Institute for Applied Systems Analysis (IIASA) di Vienna, coordinati dall’economista ambientale Rik van Heerden, del Netherlands Environmental Assessment Agency, e pubblicato su Nature Energy (link in basso).

L’idea dei ricercatori è stata quella di raggruppare gli interventi “lato domanda” possibili nei due settori principali in cui si può intervenire in questo modo, edifici e trasporti, in quattro possibili strategie:

  • strategia incentrata sull’attività (ACT): negli edifici si prevedono azioni come il lavoro a distanza o regolazione meno “sprecona” dei termostati; nei trasporti promozione di modalità pubbliche o alternative, limiti di velocità sulle strade e per le navi, e la riduzione dei voli;
  • strategia di ottimizzazione tecnologica (TEC): si concentra sul miglioramento dell’efficienza delle tecnologie esistenti; negli edifici interventi sull’isolamento e dell’efficienza degli impianti; nei trasporti si prevedono motori e carburanti a ridotte emissioni per veicoli terrestri, navali o aerei
  • strategia di elettrificazione (ELE): passaggio all’elettricità e ai carburanti derivati da essa, quindi pompe di calore negli edifici, mentre auto e furgoni vanno via via elettrificati, con un aumento dei carburanti di sintesi da energia solare anche per aerei e navi.
  • Strategia combinata (ALL): mescola tutti e tre le strategie precedenti.

Queste differenti strategie, analizzate nello studio “Demand-side strategies enable rapid and deep cuts in buildings and transport emissions to 2050“, sono state messe alla prova in diversi modelli matematici dell’economia e delle emissioni a livello mondiale, in un periodo di tempo che va da ora al 2030 e poi al 2050, immaginando un ragionevole tasso di adozione di queste misure.

Si è valutato come potessero funzionare nel ridurre consumi energetici ed emissioni, rispetto a un modello “business as usual” (Bau), in cui si continui a seguire lo stesso lento passo attuale di decarbonizzazione, basato soprattutto sul “lato offerta”.

I risultati potenziali sul taglio delle emissioni al 2030 e al 2050

I risultati dei modelli mostrano che già al 2030 questi interventi sono interessanti.

Nel caso degli edifici si avrebbe una riduzione delle emissioni globali rispetto al Bau del 10% con gli scenari ACT e TEC, che salgono al -25-30% con lo scenario ELE e ALL.

Nel caso dei trasporti gli effetti sarebbero molto minori: intorno al 10% per tutti gli scenari e solo la loro combinazione in ALL produrrebbe un calo delle emissioni del 25% circa.

“Ma su tempi più lunghi, con una adozione maggiore e distribuita su tutto il pianeta, le cose cambierebbero notevolmente: al 2050 negli edifici l’applicazione delle strategie ACT e TEC porterebbe a una riduzione del 20% circa di emissioni, ma la strategia ELE e la ALL condurrebbero a un calo del 66% di emissioni, vicini a quanto previsto dall’Ipcc per quella data. Per i trasporti le riduzioni sarebbero simili: -20-25% di CO2 con ACT e TEC, -60% con ELE e -70% con la combinazione di ALL. Sono riduzioni che vanno anche oltre a quanto previsto per quei settori dai climatologi per il 2050”, ha illustrato van Heerden.

Se poi a questo scenario “normale”, si sommasse uno sforzo straordinario sul lato “offerta” di tutti i paesi per conseguire l’obbiettivo del restare perfino al di sotto del +1,5° rispetto al periodo preindustriale, allora i risultati sarebbero ancora più eclatanti. Qualcosa di difficile attuazione viste le scelte e le politiche del neo presidente Usa.

Comunque, in quel caso – spiega van Heerden – le riduzioni per gli edifici al 2050 arriverebbero al -85% e al -91% per i trasporti secondo lo scenario ALL di applicazione di un mix di misure “lato domanda”.

Naturalmente i modelli usati allo IIASA arrivano a queste sorprendenti conclusioni, stimando che la produzione di elettricità rinnovabili e a basso contenuto di CO2 continui a crescere con i ritmi attuali. Cosa ben diversa sarebbe, per esempio, se al 2050 le auto elettriche si ricaricassero soprattutto con sole, vento e nucleare, oppure soprattutto con carbone e gas.

“Certo, passare alle rinnovabili è sempre fondamentale per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette, ma il modo in cui utilizziamo l’energia è altrettanto importante. I nostri risultati mostrano che le strategie dal lato della domanda sono essenziali per ottenere riduzioni rapide e significative delle emissioni, e potrebbero aiutare i governi ad affrontare direttamente le cause principali del cambiamento climatico, oltre a ridurre la domanda di energia e la necessità di costosi investimenti e infrastrutture dal lato dell’offerta, ricorda van Heerden.

Un approccio globale è possibile?

Ma intervenire sul lato della domanda funzionerebbero ovunque? “Sì, ma in molti paesi in via di sviluppo questo non riuscirebbe a portare i consumi di energia sotto ai livelli attuali, perché quelle popolazioni devono ancora crescere molto per raggiungere un livello medio di benessere accettabile”, dice il ricercatore.

Per esempio, in India senza questi interventi si prevede un aumento del 200% dei consumi di energia per i trasporti al 2050, mentre con lo scenario ALL al massimo si possono stabilizzare ai livelli attuali. Occorrerà quindi intervenire soprattutto sul lato offerta, decarbonizzando la produzione di energia.

Ma in tutte le attuali economie ad alte emissioni di CO2 pro capite, l’uso delle strategie “lato domanda”, porterebbe al 2050 a forti riduzioni dei consumi energetici.

“E questo non è funzionale solo alla diminuzione delle emissioni, ma anche a una maggiore sicurezza energetica, una migliore qualità dell’aria, una maggiore sicurezza alimentare, minori tensioni sociali e geopolitiche e, dunque, a facilitare il raggiungimento di diversi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile nel mondo”, conclude il ricercatore olandese.

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