Al 2030 dal vento un quarto dell’elettricità UE, ma l’incertezza tarpa le ali all’eolico

La nuova previsione EWEA stima che la potenza cumulata passi dai 129 GW odierni a 320 GW in 15 anni. Una stima tuttavia rivista al ribasso a causa del contesto normativo che non dà grandi sicurezze. Ridimensionata drasticamente, rispetto a quattro anni fa, anche la previsione per l'Italia: nello scenario ritenuto più probabile solo 5 GW di nuove turbine eoliche in 15 anni.

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L’eolico potrà arrivare a soddisfare al 2030 circa un quarto della domanda elettrica europea, il 24,4% per la precisione, e tra 15 anni la potenza installata nei 28 membri sarà di 320 GW, 254 in terraferma e 66 in mare. È questo lo scenario “central”, quello ritenuto più probabile, della nuova previsione di EWEA, l’associazione europea per l’energia dal vento (vedi report in basso).

Diversamente da quel che avviene di solito negli studi sul futuro delle rinnovabili, si tratta di una stima rivista al ribasso rispetto a quella di qualche anno, a causa del mutato contesto di policy europeo e nei vari Stati membri. Ora c’è meno certezza sul supporto a questa fonte rispetto a quattro anni fa, quando EWEA stimava che al 2030 il vento avrebbe fornito il 28,5% dell’elettricità europea con 400 GW di turbine installate, 250 a terra e ben 150 off shore.

Gli scenari e la previsione per l’Italia

Nel grafico sotto le previsioni aggiornate secondo i tre scenari dell’ultima stima diffusa e le relative ricadute in termini di investimenti, occupazione ed emissioni di CO2 evitate. Confrontati con i 128,7 GW installati a fine 2014 (che soddisfano il 10% circa della domanda), i tre scenari si traducono, nell’ordine, in aumenti del 94,9, 148,6 e 204,6%. Al 2020 per lo scenario “central” si prevedono in Europa 192,4 GW (non sono fornite ipotesi “low” e “high” ma è costruito sui target nazionali).

Ancora più marcata la revisione al ribasso delle previsioni per quel che riguarda l’Italia, che contava 8.663 MW alla fine dell’anno scorso. Nel 2011 EWEA prevedeva che il nostro Paese sarebbe arrivato entro il 2020 a 15,5-18 GW; nell’edizione 2015 del report invece stima che nemmeno al 2030 arriverà a tanto: per quell’anno, a seconda degli scenari, ci saranno in Italia da 10,8 a 17,2 GW di potenza eolica, 13,6 nello scenario “central”. Solo nello scenario più ottimistico si prevede che ci sarà un po’ di eolico off shore (500 MW al 2030, vedi tabella qui).

D’altra parte il nostro Paese è stato uno di quelli in cui l’eolico è stato più duramente colpito dalle revisioni dei meccanismi incentivanti: nel 2014 sono stati solo 107 i MW di potenza eolica installata in Italia, un calo percentuale del 76% rispetto al 2013 che si è accompagnato ad una perdita di 2mila occupati in 2 anni, dicono i dati ANEV.

Obiettivo europeo 2030 e aiuti di Stato

Commentando il rapporto, il direttore policy di EWEA, Kristian Ruby, si è detto convinto che “alla fine del prossimo decennio l’energia eolica costituirà la spina dorsale del settore elettrico europeo”. Ma, si legge nel report, lo sviluppo di questa fonte dipende da numerosi fattori politici e regolatori, a cominciare dalla struttura della governance del target Ue per le rinnovabili del 27% al 2030.

Diversamente dalla direttiva europea sulle rinnovabili del 2009, il nuovo obiettivo 2030 non garantisce un contesto normativo stabile, si spiega, principalmente perché il target sulle rinnovabili non è vincolante a livello dei singoli Stati membri. L’obiettivo del 27% di rinnovabili sui consumi finali, secondo la Commissione europea, implicherebbe che il 46-49% del fabbisogno elettrico sia soddisfatto dalle fonti pulite, con l’eolico che potrebbe avere la fetta più grande. Ma – sottolinea EWEA – c’è una grande incertezza su come i vari Stati membri sceglieranno di perseguire a livello nazionale il target e su quanto investiranno nell’energia dal vento.

Altra novità che potrebbe sfavorire questa fonte sono le nuove linee guida europee sugli aiuti di Stato, che impongono ai meccanismi incentivanti di essere più market oriented. Per rispettare queste indicazioni molti Paesi hanno introdotto o stanno per introdurre meccanismi basati su aste competitive, in cui, in contingenti incentivabili limitati, vince l’accesso al supporto chi accetta la tariffa incentivante più bassa.

Questi strumenti se da una parte hanno il vantaggio di stimolare l’industria a ridurre al massimo i costi, portando più potenza a parità di spesa pubblica, dall’altro, in diversi casi, non hanno garantito la crescita dell’installato prevista. Un esempio di ciò è quanto avvenuto proprio nel nostro Paese: In Italia il sistema delle aste al ribasso è iniziato nel 2012, anno in cui è stato introdotto il nuovo sistema d’incentivazione, ripercuotendosi già sull’installato del 2013 pari a solo 450 MW, contro gli oltre 1200 MW del 2012, per arrivare, come detto, ai 107 MW del 2014.

Il report EWEA (pdf)

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