Una riduzione della temperatura interna in estate fino a 3 °C grazie al “cappotto verde” di piante su tetti e pareti di edifici che consente di abbattere quasi il 50% del flusso termico tramite l’ombreggiamento e la traspirazione di coltri vegetali disposte a protezione dalla radiazione solare.
Sono questi alcuni dei nuovi risultati ottenuti dal progetto Enea “Infrastrutture ‘verdi’ per migliorare l’efficienza energetica degli edifici e la qualità del microclima nelle aree urbane”, finanziato nell’ambito dell’Accordo di Programma per la Ricerca di Sistema Elettrico 2019-2021 del MiTE (link allo studio in basso).
La copertura vegetale – spiega Enea in una nota – agisce tutto l’anno come isolante termico, con effetti maggiori nel periodo primavera-estate quando le piante agiscono anche come estrattore naturale di calore dall’ambiente. In generale, l’effetto benefico di regolazione termica è dovuto all’ombreggiamento estivo, all’evapotraspirazione e alla fotosintesi clorofilliana delle piante.
“Grazie a un sofisticato sistema di sensori per il monitoraggio microclimatico, abbiamo verificato che le coltri vegetali messe a copertura del solaio e delle pareti esterni dell’edificio prototipo presso il Centro Ricerche Enea Casaccia, vicino a Roma, sono in grado di mantenere le temperature superficiali al di sotto dei 30 °C e quindi di evitare le forti variazioni termiche che si verificano a livello delle superfici di tetti e pareti privi di vegetazione, che raggiungono picchi di temperatura di oltre 50 °C nelle ore più calde”, spiega Arianna Latini, ricercatrice del Dipartimento Unità per l’Efficienza Energetica.
“Non solo. I dati preliminari fanno supporre che si possa ottenere una riduzione dei consumi elettrici di circa 2 kWh/m². Mediamente questo si traduce in un risparmio di energia elettrica di circa 200 kWh per la climatizzazione estiva di un’abitazione di 100 mq, tenuto conto di una temperatura di comfort dell’ambiente interno non superiore a 26 °C”, aggiunge Latini.
Nella sperimentazione avviata nel 2013 dall’allora Servizio Agricoltura Enea guidato da Carlo Alberto Campiotti, furono impiegate sul tetto verde piante grasse del genere Sedum della famiglia delle Crassulaceae, in quanto ritenute più adatte all’uso in ambito mediterraneo per il loro apparato radicale poco profondo, l’efficiente utilizzo dell’acqua, la tolleranza a condizioni di estrema siccità e il tipico metabolismo CAM (Crassulacean Acid Metabolism) per fissare il carbonio (vedi anche report del dicembre 2019).
“Oltre a una ricca collezione di Sedum abbiamo impiegato in seguito anche un mix di piante Festuca e Poa su un settore dedicato alle Graminaceae, con risultati che indicano come il contributo delle essenze vegetali sia in relazione tanto alle loro caratteristiche in sé che alle condizioni microclimatiche locali”, spiega Patrizia De Rossi, ricercatrice del Dipartimento Enea Unità per l’Efficienza Energetica.
A partire dalle specie tipiche più comunemente utilizzate nelle coperture vegetali dei tetti verdi, lo studio Enea è stato ampliato ulteriormente, testando alcune specie spontanee e autoctone del Mediterraneo, come l’Echium plantagineum e l’Echium vulgare, piante che favoriscono anche la biodiversità degli impollinatori.
Sulle facciate di sud-est e sud-ovest dell’edificio prototipo, i ricercatori Enea hanno impiegato la Parthenocissus quinquefolia, nota come “vite americana”, un rampicante resistentissimo sia al caldo che al freddo (in autunno le sue foglie diventano rosso intenso).
“Abbiamo rilevato che le temperature superficiali della parete verde sono fino a 13 °C inferiori rispetto alla facciata non vegetata, con una riduzione dei flussi termici verso l’interno di circa 7 kWh/m² e un abbattimento delle emissioni fino a 1 kg di CO2/m² per il minore consumo di energia elettrica”, sottolinea Latini.
Passando dall’edificio alla città, l’inverdimento del 35% della superficie urbana dell’Unione europea (oltre 26mila kmq) permetterebbe di ridurre la domanda di energia per il raffrescamento estivo di edifici pubblici, residenziali e commerciali fino a 92 TWh l’anno, con un valore attuale netto (VAN) di oltre 364 miliardi di euro, e di evitare le emissioni di gas serra equivalenti a 55,8 milioni di tonnellate di CO2 l’anno.
Per avere un’idea realistica delle emissioni evitate, si pensi che il settore agricoltura in Italia emette 30 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti l’anno (dati Ispra).
Da qui – osservano i ricercatori Enea – la necessità di intervenire sulle aree urbane al più presto, avviando iniziative e interventi per contrastare gli impatti negativi del riscaldamento globale, che comprendono l’eccesso di consumi di energia fossile (la climatizzazione estiva rappresenta circa il 30% dei consumi complessivi con un trend in crescita), le isole e le ondate di calore sempre più frequenti nei mesi estivi, l’inquinamento ambientale e la perdita di biodiversità.
I tetti verdi, infatti, oltre a ridurre gli aumenti di temperatura dovuti all’effetto isola di calore in città, migliorano la qualità dell’aria. Da uno studio condotto su specie di alberi e cespugli comunemente presenti nel verde urbano, la capacità media di mitigazione degli inquinanti atmosferici è risultata mediamente di 58-140 g di ozono (O3), di 17-139 g di particolato PM10, di 11-20 kg di anidride carbonica CO2 per pianta l’anno.
La vegetazione sugli edifici è utile anche nell’assorbimento dei composti organici volatili (COV): l’edera e altre specie vegetali rampicanti sulla parete verde presso il Centro Ricerche Enea Casaccia hanno consentito una riduzione di circa il 20% di benzene, toluene, etilene e xileni – i COV più comuni in ambiente urbano – nonostante l’area in esame non sia a forte esposizione di tali composti gassosi inquinanti e poco salubri per l’uomo.
Non solo. Il verde urbano svolge anche una serie di servizi ecosistemici come il miglioramento estetico dell’ambiente per vivere e lavorare, la tutela della biodiversità e il rallentamento del deflusso delle acque piovane in eccesso.
Il video sul progetto: