Quando militare può far rima con energia solare

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Alcune esperienze di trasformazione di aree militari dismesse in grandi parchi fotovoltaici in Germania e Francia. Le resistenze dell’Italia e il caso dell'aeroporto militare “G. Moscardini” di Frosinone.

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A settembre Legambiente Lazio e il locale circolo dell’associazione del cigno verde hanno lanciato l’idea di un riuso della vasta area dell’aeroporto militare “G. Moscardini” di Frosinone per la realizzazione di un parco solare fotovoltaico e di una rete di comunità energetiche.

Questa proposta fa seguito ai recenti annunci dell’Aeronautica Militare relativi al prossimo trasferimento in altra sede della scuola di volo elicotteristica e del 72° Stormo di stanza nel capoluogo ciociaro, in conseguenza della riorganizzazione della componente aerea delle forze armate.

L’idea avanzata dagli ambientalisti ha suscitato sul territorio molto interesse e un consenso diffuso, ma anche qualche perplessità. La politica locale sembra avere timore di schierarsi.

Eppure questo tipo di interventi su aree militari dismesse non è certo una novità, almeno in Europa. Ciò non sorprende se si pensa al massiccio ridimensionamento dell’apparato di difesa dell’Occidente iniziato con la fine della guerra fredda e proseguito negli ultimi decenni sotto la spinta crescente delle esigenze di contenimento della spesa pubblica.

Del resto, l’idea di adibire terreni incolti e off-limits da lungo tempo ad un utilizzo che apporti vantaggi per la collettività e per l’ambiente appare sensata e in grado di mettere a tacere le opposizioni che invariabilmente si fanno strada allorché si propone l’installazione di grandi impianti fotovoltaici a terra su aree agricole o comunque su terreni vocati alla produttività.

Vediamo più in dettaglio i precedenti più significativi di riconversione a parchi solari di aree già di pertinenza militare.

Esperienze in Germania

Eggebek. Quando è stato costruito, nel 2011, il parco solare di Eggebek, situato nello Schleswig-Holstein, vicino al confine con la Danimarca, era la più grande centrale fotovoltaica tedesca, e una delle più grandi del mondo. Fu installato sul sito di una base militare della Deutsche Marine, operativo fino al 2005. Il parco solare si estende su una superficie di 160 ettari, è composto di circa 360.000 moduli in silicio policristallino e ha una potenza di 83,6 MW.

Rothenburg. Era una base aerea della Nationale Volksarmee dell’ex Germania Est, utilizzata per l’addestramento dei piloti degli aerei da caccia sovietici MiG-21. Dopo la riunificazione tedesca l’aeroporto è stato riconvertito ad usi civili, finché nel 2012 sull’area che lo ospitava è stata realizzata una centrale fotovoltaica. Occupa 70 ettari e ha una capacità di 20,5 MW con 273.240 moduli Cd-Te.

Templin. Un’altra importante riconversione a fini energetici di strutture militari che la riunificazione della Germania ha reso ridondanti è quella dell’ex aeroporto militare di Templin (nella foto in alto – credit: Ralf Roletschek), non lontano dal confine polacco. L’area di 214 ettari è oggi occupata da un impianto da ben 128 MW. Consiste di circa 1,5 milioni di moduli a film sottile prodotti nello stabilimento First Solar di Francoforte. Anche i 114 inverter SMA di cui è dotato l’impianto sono made in Germany. Costruito nel 2012, è costato 204,5 milioni di € e ha impiegato circa 500 addetti durante l’installazione.

Lieberose. Si tratta di un parco solare da 52,8 MW nato nel 2010 che si estende su una superficie di 162 ettari laddove in passato sorgeva un campo di addestramento militare. È costituito da circa 700.000 moduli FV a film sottile con efficienza di circa il 10%. Produce 52 GWh all’anno, corrispondenti al fabbisogno di oltre 15mila famiglie; permette di risparmiare circa 35.000 tonnellate di CO2 all’anno, la stessa quantità immagazzinata nello stesso periodo da una foresta tedesca delle dimensioni di 27 kmq.

Prima della costruzione sono stati spesi 5 milioni di euro per le operazioni di sminamento degli ordigni bellici, decontaminazione e sgombero delle munizioni, il che ha permesso fra l’altro di porre fine all’inquinamento delle acque sotterranee causato dalle sostanze chimiche presenti nel suolo. Questa capillare opera di bonifica ha reso possibile, secondo uno studio, il raddoppio in soli tre anni delle popolazioni di alcune specie di uccelli.

Perleberg. Situato sull’area dell’ex aeroporto militare omonimo, il Solarpark Perleberg è situato a metà strada fra Amburgo e Berlino. Ha una capacità nominale di 35 MW e comprende una stazione di trasformazione espandibile da 110 kV per la connessione alla rete elettrica. Si snoda su 90 ettari, 26 dei quali fungono da habitat di diverse specie di uccelli che nidificano sui prati, ed è composto da 144.144 moduli, 39 inverter e 500 km di cavi. Anche in questo caso la sua costruzione è stata preceduta da una complessa operazione di rimozione delle munizioni presenti nel sito dismesso.

Neuhardenberg. Nel Brandeburgo sorge quella che è ancora oggi una delle più grandi centrali fotovoltaiche al mondo. Tutt’intorno alla pista dell’ex aeroporto militare di Neuhardenberg è stato realizzato un impianto da 145 MW inaugurato nel 2012 dopo un tempo record di costruzione di sole 5 settimane.

Genera annualmente circa 140 GWh di energia rinnovabile, in grado di soddisfare i fabbisogni di circa 48mila famiglie. Gli inverter, distribuiti su 12 sottostazioni, sono integrati in un unico sistema avanzato di controllo che permette di trasferire l’energia generata dai pannelli alla rete aumentandone la stabilità.

Nel 2015 all’impianto è stata associata una centrale di accumulo con batterie al litio con capacità di 5 MWh, in grado di svolgere la stessa funzione di stabilizzazione della frequenza di rete di una centrale termoelettrica da 100 MW. L’impianto di accumulo è stato finanziato dal land del Brandeburgo con 2,85 milioni di euro su un totale di costi di costruzione di circa 6,25 mln €. Nel 2019 il parco solare è stato scelto come location della presentazione della prima Porsche Taycan elettrica.

Quelli qui elencati non sono i soli parchi solari realizzati in Germania su siti militari abbandonati: altri impianti con le stesse caratteristiche si trovano infatti a Brandis, a est di Lipsia (Solarpark Waldpolenz), nel villaggio di Rote Jahne in Sassonia, e a Briest.

La scelta di destinare le vaste aree militari rese disponibili dall’abbattimento della cortina di ferro alla produzione di energia fotovoltaica è stata dettata da una precisa volontà politica. Nonostante la ridotta radiazione solare delle latitudini tedesche la Germania, già oltre un decennio fa, ancora prima dell’annunciato addio al nucleare seguito al disastro di Fukushima e molto prima che gli obiettivi di mitigazione del cambiamento climatico dettassero l’agenda europea, deve aver valutato, con lungimiranza, che la destinazione di quelle aree a fini di produzione di energia solare pulita fosse la più razionale e intelligente.

Esperienze in Francia

Se in Germania la seconda vita di siti militari dismessi come centrali di produzione di energia rinnovabile ha avuto inizio più di dieci anni fa, la stessa idea si è fatta strada in Francia più di recente, ma lo sviluppo in questa direzione, tuttora in pieno svolgimento, appare ugualmente significativo in termini di potenza installata e sembra destinato a lasciare il segno.

Fontenet. Prima francese, poi tedesca (durante l’occupazione nazista), poi americana, la vecchia base militare di Saint-Jean d’Angély-Fontenet, situata nei pressi di un villaggio a 390 km a sudovest di Parigi, si sta trasformando poco alla volta in un immenso parco fotovoltaico. Una prima centrale solare da 12 MW ha visto la luce nel 2014, mentre la costruzione di un secondo parco da 14,7 MW è in fase di completamento. Ad oggi, 80 dei 160 ettari del vecchio sito militare sono dedicati alla produzione di energia rinnovabile. E un’ulteriore espansione è attualmente allo studio, in cooperazione con una società a parziale partecipazione pubblica.

La Martinerie. Dal 2012, dopo lo scioglimento del 517° Régiment du Train, è venuta meno definitivamente la vocazione militare dell’antica base di Châteauroux-La Martinerie, nella Francia centrale, nata durante la Prima Guerra Mondiale, già sede di una prestigiosa scuola di aviazione. Lo scorso settembre è stato inaugurato un parco solare da 30 MW realizzato dalla BayWa r.e., composto da 87.552 moduli collocati su 35 ettari nella zona sud della vecchia base militare. La costruzione della centrale è stata preceduta da una capillare opera di bonifica, sminamento e decontaminazione, resasi necessaria al fine di cancellare i resti di un secolo di inquinamento pirotecnico.

I parchi di Fontenet e La Martinerie sono caratterizzati da un approccio cooperativo fra il gestore degli impianti e le comunità agropastorali dei rispettivi territori: parallelamente all’installazione dei pannelli solari sono state infatti realizzate opere per l’approvvigionamento idrico del bestiame e il terreno è stato seminato con varietà vegetali adatte al pascolo degli ovini.

L’intento di questa collaborazione è quello di assicurare una sinergia fra progetti di energia rinnovabile e produzione agricola, nel rispetto della flora e della fauna locali, perseguendo l’obiettivo di uno sviluppo delle produzioni agroalimentari locali e di una crescita dell’occupazione.

E cosa accade in Italia?

Fin qui le riconversioni documentate oltre i nostri confini. E in Italia? Possibile che nel Paese del sole, nonostante la disponibilità dei fondi del PNRR, il forte interesse degli investitori privati e l’abbattimento dei costi dei moduli fotovoltaici si fatichi a far accettare un’idea che in Germania è divenuta realtà già da un decennio?

La proposta avanzata da Legambiente a Frosinone, che coniuga l’urgenza della transizione energetica con le istanze pacifiste, ha un precedente. La stessa associazione nel 2018 lanciò infatti un’idea analoga per la riconversione dell’aeroporto militare di San Damiano (PC). In quell’anno l’Agenzia del Demanio aprì una consultazione pubblica fra gli stakeholder per raccogliere progetti sul futuro dell’area. Anche in quell’occasione, come oggi a Frosinone, c’era chi sosteneva la trasformazione dell’area da aeroporto militare a scalo civile.

La consultazione raccolse 11 proposte progettuali: oltre al parco fotovoltaico, furono sottoposte le idee più disparate, dall’aeroclub al polo del turismo spaziale, dal centro di manutenzione velivoli alla pista per raduni automobilistici, fino all’idea, risultata poi avere la meglio, di un uso duale civile-militare che salvaguardi l’uso militare all’interno della rigenerazione complessiva.

La Regione Emilia-Romagna si schierò successivamente in favore di questo approccio, proponendo nel concreto la realizzazione di un Centro di formazione nazionale per i Vigili del fuoco. Ma i tempi biblici della burocrazia italiana hanno fatto sì che la vicenda non si sia ancora conclusa.

Un ruolo chiave nel processo decisionale sul sito di San Damiano come su quello di Frosinone spetterà senza ombra di dubbio al Ministero della Difesa, che dovrà esprimersi dopo la valutazione spettante alla “Task Force Difesa per la Valorizzazione Immobili, l’Energia e l’Ambiente”.

Insomma, il combinato disposto fra la timidezza mostrata della classe politica italiana verso la transizione ecologica e la cronica lentezza dei processi decisionali rischia di compromettere delle opportunità uniche, in termini di reperibilità di aree idonee, per la realizzazione dei grandi impianti ad energia solare che servono all’Italia e che potrebbero dare una grossa mano nel conseguimento degli obiettivi di decarbonizzazione.

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