Solo un piccolo paese sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di 1,5 °C

È il piccolo Gambia l’unico paese che sta rispettando gli impegni per contenere il surriscaldamento entro i limiti previsti dagli accordi internazionali. Si sta facendo ancora troppo poco secondo un nuovo rilevamento di Climate Action Tracker.

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Solo il minuscolo paese africano del Gambia al momento sta attuando azioni climatiche in linea con l’obiettivo di limitare il surriscaldamento dell’atmosfera a 1,5 °C, come previsto dell’Accordo di Parigi.

Lo evidenzia una nuova ricerca (allegata in basso) di Climate Action Tracker (CAT), che dimostra chiaramente come lo slancio verso obiettivi climatici più stringenti si è di fatto fermato, come riferito anche da edie.net, partner media di EURACTIV.

Usando criteri come gli obiettivi nazionali, le politiche, le azioni concrete, le quote eque, i finanziamenti per la mitigazione del clima e l’uso del suolo e delle foreste, CAT ha assegnato ad altre sette nazioni, fra cui il Regno Unito, un giudizio di “quasi sufficiente“, come si può vedere nell’illustrazione.

Queste sette nazioni potrebbero raggiungere la soglia di 1,5 °C con “miglioramenti moderati“, ha indicato CAT, secondo cui l’accelerazione verso obiettivi climatici più ambiziosi per il 2030 ha subìto una battuta d’arresto che dura dal maggio di quest’anno, dopo il quale nessuna grande emittente o economia ha presentato nuovi target.

L’Unione europea nel suo complessa si è beccata un “insufficiente” da Climate Carbon Tracker, anche se in due ambiti (politiche e azioni, e target nazionali) è risultata “quasi sufficiente”, mentre a pesare negativamente sul voto complessivo europeo sono stati i campi della finanza climatica, ritenuti insufficienti.

Con gli sforzi attuali, nel 2030 le emissioni saranno all’incirca le stesse di oggi, mentre l’obiettivo fra 9 anni sarebbe quello di dimezzare le emissioni, secondo CAT. In altre parole, il mondo è attualmente avviato ad emettere il doppio di quanto richiesto dal limite di 1,5 °C.

Nel grafico l’impatto che avrebbbero i recenti annunci e presentazioni dei piani nazionali di riduzione delle emissioni (NDC) da settembre 2020 sulla riduzione del divario di emissioni del 2030. La situazione è fotografata a maggio 2021, ma da allora non sono visibili cambiamenti significativi.

“A maggio, dopo il summit dei leader del clima, abbiamo indicato che sembrava esserci un buono slancio, con nuovi impegni per il clima. I governi allora avevano però chiuso il divario delle emissioni solo del 14%”, ha commentato Niklas Höhne del NewClimate Institute.

“Da allora, i miglioramenti sono stati pochi o nulli: niente si sta muovendo. I governi hanno chiuso il divario fino al 15%, un miglioramento minimo da maggio. Si potrebbe pensare di avere tutto il tempo del mondo, quando in realtà è il contrario”, ha aggiunto.

Molte altre nazioni non stanno seguendo l’esempio del Gambia, e neanche i passi intrapresi da paesi come il Regno Unito. Il CAT elenca Australia, Brasile, Indonesia, Messico, Nuova Zelanda, Russia, Singapore, Svizzera e Vietnam come nazioni che destano particolare preoccupazione, sostenendo che hanno presentato gli stessi obiettivi o addirittura target meno ambiziosi di quelli avanzati nel 2015.

Il carbone e il gas rimangono punti critici nella transizione verso basse emissioni di carbonio, con Cina e India che hanno ancora molta nuova capacità a carbone sulla rampa di lancio, mentre l’Indonesia, il Vietnam, il Giappone e la Corea del Sud progettano di andare ancora avanti con il più inquinante dei combustibili fossili, secondo CAT.

Anche il metano viene “falsamente promosso” come ingrediente chiave della transizione verso basse emissioni di carbonio e come tecnologia ponte, in attesa di soluzioni verdi più economiche – che in realtà esistono già.

L’Australia è il più grande esportatore di gas al mondo e prevede di espandersi in quest’area, mentre l’UE sta ancora impegnando nuovi fondi per nuove le infrastrutture del gas, conclude CAT.

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