Caro energia, Roma e Bruxelles parleranno la stessa lingua?

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Il 26 febbraio la presentazione del Piano d’azione Ue. Il 28 febbraio Cdm sul decreto bollette. Le proposte di Pd e associazioni su acquirente unico, decoupling gas, rinnovabili e oneri di sistema.

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Commissione europea e Governo italiano stanno portando avanti un lavoro parallelo sui costi dell’energia che alla fine potrebbe rivelarsi convergente o divergente. Per comprenderlo bisognerà attendere due appuntamenti strategici previsti questa settimana.

Prima la presentazione del Piano d’azione per l’energia accessibile dell’Esecutivo Ue che si terrà domani, 26 febbraio. Poco dopo, il 28 febbraio, il Consiglio dei ministri dovrebbe invece esaminare il decreto bollette e il Ddl nucleare.

Seguendo le recenti indiscrezioni di stampa sui contenuti dei provvedimenti, si rischia il rimpallo delle responsabilità tra Bruxelles e Roma, in attesa che qualcuno resti con il cerino in mano.

Questo perché la Commissione sarebbe intenzionata a sollecitare gli Stati membri con la tassazione energetica più alta a ritornare sui livelli base definiti dalla legislazione europea. Una misura che dovrebbe essere presumibilmente attuata in forma autonoma dai Governi, senza supporto dall’Europa, e quindi con l’incognita delle coperture finanziarie.

Non solo un problema italiano, come ricostruisce Euractiv, ma anche di Finlandia, Svezia, Danimarca, Germania, Olanda, Belgio e Francia.

Da Palazzo Chigi, invece, filtra l’intenzione di voler perseguire il disaccoppiamento del prezzo elettrico da quello gas; formula che dovrebbe passare da una comune decisione europea per essere strutturale, come ha ricordato il presidente di Elettricità Futura, Gianni Vittorio Armani, a Repubblica.

Quello che può fare l’Italia è trovare le ennesime coperture finanziarie per compensare il gap di costo che si crea tra mercato Ttf e mercato all’ingrosso nazionale.

È proprio qui si crea un altro problema perché l’energia è sicuramente una materia da affrontare subito e senza sbagliare per la fretta, come lasciava intendere la stessa presidente Meloni tempo fa, ma deve fare i conti con il peso di altre tematiche onerose all’ordine del giorno: rottamazione fiscale e taglio dell’Irpef in testa all’agenda di maggioranza.

Il valore delle misure previste nel decreto bollette dovrebbe essere di circa 3 miliardi, destinati ad allargamento della platea del bonus sociale, potenziamento dell’energy release, interventi sulle concessioni idroelettriche (che, anche in questo caso, dipendono comunque dalle interlocuzioni in corso con la Commissione Ue) e operazione trasparenza sulle bollette per evitare irregolarità da parte dei fornitori.

Le sollecitazioni sul caro energia e il ruolo delle rinnovabili

Il Consiglio dei ministri era originariamente previsto per oggi, 25 febbraio, prima di essere rimandato a venerdì 28. Un rinvio voluto dalla premier, ricostruisce l’Ansa, per rendere le misure individuate più efficaci.

Inevitabile che questa decisione riaccendesse il giro commenti sul caro energia, già molto vivace dall’inizio dell’anno.

Tra gli interventi si registra quello del Pd, che ieri ha lanciato due proposte. Prima di tutto “disaccoppiare il prezzo dell’energia da quello gas”; un passaggio che “oggi si può fare”, secondo la segretaria Elly Schlein, visto che già “alcuni Paesi sono intervenuti in questo senso”.

Quello a cui si pensa è un “disaccoppiamento di fatto”, secondo Annalisa Corrado, responsabile Clima del partito, da realizzare “supportando i contratti pluriennali con i produttori di energia da fonti rinnovabili” o Ppa; soluzione verso cui potrebbe andare anche il futuro “Fer Z”.

L’idea sarebbe anche quella di “prendere esempio dalla Spagna, che ha imposto un tetto al prezzo del gas, ottenendo risultati brillanti che hanno trainato la ripresa d’industria ed economia”.

Infine, si chiede di sfruttare “l’Acquirente unico pubblico per ottenere prezzi dell’energia più bassi”, spiega una nota. Da questo punto di vista si registra anche la specifica proposta di legge n. 2135 depositata dal Pd alla Camera (prima firmataria Chiara Braga), recante “Disposizioni in materia di attribuzione di funzioni a tutela dei clienti domestici vulnerabili alla società Acquirente unico” (disponibile in basso).

Sul piano dei consumatori, aggiunge il responsabile Economia del Pd, Antonio Misiani, “le grandi imprese si sono organizzate per acquistare energia a prezzi ribassati, mentre le piccole e medie non hanno la struttura tecnica per fare lo stesso e rischiano, se il Governo non interviene, di andare a gambe all’aria”.

Tema sollecitato anche dalla Cna, che richiama il peso “degli oneri generali di sistema. Un complesso di misure parafiscali che drena miliardi alle Pmi per finanziare, tra l’altro, strumenti di sostegno diretti destinati alle grandi imprese energivore, da cui le piccole imprese restano tuttavia escluse”.

Fa eco Confcommercio quando chiede la “progressiva sterilizzazione degli oneri generali di sistema (gravanti per il 23% sulle bollette elettriche del Terziario), la cui fiscalizzazione condurrebbe all’abbattimento dei costi per la generalità dei clienti finali”.

Le proposte del Pd sono state promosse da Marco Vignola, vicepresidente dell’Unione nazionale consumatori: “Da tempo chiediamo inascoltati non solo che Au debba acquistare elettricità per i vulnerabili, senza scadenze del servizio di maggior tutela o aste, ma è bene che lo faccia anche per la PA e che possa tornare a fare gli acquisti a lungo termine, sganciandosi dal Pun”.

Tra le associazioni del settore interviene Anev, per la quale “una grande azione di supporto delle nuove rinnovabili e di mantenimento e rinnovamento di quelle esistenti è la strada giusta da seguire e va urgentemente intrapresa”. Prospettiva su cui converge, tra gli altri, il portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli, commentando ieri l’azione di Governo.

“La colpa del costo della bolletta energetica del nostro Paese certamente non è dei produttori da Fer che, semmai, da qualche anno la stanno abbassando grazie alla maggiore economicità di produzione che il sole, il vento e l’acqua garantiscono”, sottolinea Anev.

Diversi gli interventi dal mondo confindustriale. Nel corso di un convegno organizzato ieri a Milano il presidente Assolombarda, Alessandro Spada, ha chiesto di “disaccoppiare il prezzo del gas e il prezzo dell’energia elettrica, fare acquisti comuni europei, puntare sui rigassificatori e velocizzare il rilascio dei permessi alle rinnovabili”.

Non solo, per Aurelio Regina, delegato Energia di Confindustria, occorre “rivedere il sistema per evitare che anche all’elettricità da rinnovabili, che non emette CO2, siano associati i costi dell’Ets”.

In un quadro di proposte che spaziano dal nucleare all’idroelettrico, Regina ricorda che le rinnovabili sono state “fortemente rallentate dal decreto Agricoltura”. Per questo motivo “chiediamo un tavolo con il ministro Lollobrigida per capire se siano possibili deroghe sui terreni agricoli oggetto di bonifica o sulle cinture attorno agli impianti industriali, aree limitate senza le quali fare le installazioni previste dalla Energy Release è difficile. È necessario velocizzare gli iter autorizzativi per le fonti rinnovabili e, laddove possibile, renderle attività libere, come nel caso del repowering degli impianti esistenti”.

Un confronto diretto con il Governo e con gli operatori dell’energia, infine, è stato chiesto ieri anche dal presidente della Regione Sicilia, Renato Schifani, per il quale “la diffusione delle fonti rinnovabili deve contribuire alla riduzione del costo dell’energia per cittadini e imprese, rendendo la Sicilia più attrattiva per gli investimenti”.

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