Quali sono le nuove regole per le tecnologie pulite “made in Usa” e che impatti avranno sulle industrie europee e di altri Paesi?
Iniziano a definirsi i contenuti del maxi piano della Casa Bianca per sostenere con 369 miliardi di $ complessivi le aziende americane della green economy, l’Inflation Reduction Act (IRA).
Il dipartimento Usa del Tesoro ha pubblicato nei giorni scorsi le linee guida sui requisiti che dovranno avere i veicoli elettrici, per beneficiare di un credito d’imposta federale (destinato agli acquirenti di tali veicoli) fino a 7.500 dollari complessivi.
E come vedremo restano delle incertezze su come si applicheranno le nuove misure ai componenti fabbricati in determinati Paesi, tra cui la Cina.
Le regole entreranno in vigore dal 18 aprile 2023.
Per ottenere il massimo dell’incentivo fiscale (7.500 $ come detto) il veicolo elettrico deve soddisfare due requisiti di “contenuto locale” per i materiali critici e per i componenti della batteria, ciascuno dei quali vale 3.750 $ di tax credit. Si può anche beneficiare di un singolo credito di 3.750 $ se si acquista un’auto elettrica che soddisfa uno solo dei due requisiti.
Per le materie prime critiche, come litio e cobalto, si prevede, per il 2023, che almeno il 40% del valore di questi materiali contenuti nelle batterie debba essere estratto o lavorato negli Stati Uniti, o in un Paese con cui gli Stati Uniti abbiano un accordo di libero scambio, o essere riciclato in Nord America.
Le percentuali aumenteranno del 10% ogni anno fino al livello massimo dell’80% dal 2027 (quindi: 50% nel 2024, 60% nel 2025, 70% nel 2026).
In pratica, ciò comporta il tracciamento delle catene di fornitura per determinare la provenienza e la quantità dei diversi materiali critici impiegati nelle batterie.
Per il momento, i Paesi con cui ci sono accordi di libero scambio, sono: Australia, Bahrain, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Repubblica Dominicana, El Salvador, Guatemala, Honduras, Israele, Giappone, Giordania, Corea del Sud, Messico, Marocco, Nicaragua, Oman, Panama, Peru, Singapore.
Per quanto riguarda, invece, i componenti della batteria, per il 2023 si prevede che almeno il 50% del loro valore complessivo sia prodotto o assemblato in Nord America.
La percentuale sale al 60% per il 2024 e 2025 e poi aumenta di 10 punti percentuali/anno dal 2026, fino al 100% nel 2029.
Nella nota del Tesoro si legge poi che “a partire dal 2024, un veicolo pulito idoneo [a ricevere il tax credit, ndr.] non può contenere alcun componente della batteria prodotto da un’entità straniera di interesse [“foreign entity of concern”, FEOC, ndr.] e a partire dal 2025 non può contenere minerali critici estratti, lavorati o riciclati da un’entità estera di interesse”.
È proprio tale dicitura, “foreign entity of concern”, cioè Stato straniero che desta preoccupazione, che lascia un margine di incertezza, perché non è chiaro quali Paesi saranno compresi in questa definizione.
In particolare, la Cina sarà considerata un Paese FEOC nell’ambito delle nuove regole del Made in America per i veicoli elettrici?
Se la risposta sarà affermativa, il mercato Usa delle auto elettriche ammesse agli incentivi federali si ridurrà parecchio, considerando l’attuale dominio cinese nella catena del valore di componenti e materie prime utilizzati nelle batterie.
Peraltro, con l’entrata in vigore delle regole il 18 aprile, si stima che inizialmente solo pochi modelli potranno accedere al credito d’imposta “pieno” di 7.500 $, proprio a causa dei criteri più stringenti rispetto a quelli attuali.
Altre incertezze riguardano il possibile allargamento delle intese di libero scambio commerciale.
Tra Stati Uniti e Unione europea ci sono trattative in corso per rafforzare la cooperazione economica in tema di energie rinnovabili e mobilità elettrica.
A metà marzo, la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha incontrato alla Casa Bianca il presidente americano, Joe Biden, per parlare di questo.
Si è deciso di lavorare a un accordo comune per le materie prime critiche delle batterie.
In sostanza, l’obiettivo è consentire alle materie prime estratte o lavorate nei Paesi Ue di accedere al mercato americano, ai fini dell’IRA.
Intanto anche Bruxelles ha proposto le sue regole di contenuto locale per le energie pulite, nel quadro del piano industriale net-zero, tra cui il 40% di Made in Europe per una serie di tecnologie (eolico, solare, batterie e altre).