Per individuare le zone di accelerazione, ossia quelle aree in cui i progetti di impianti a fonti rinnovabili beneficiano di misure di semplificazione avanzata (tra cui in alcuni casi l’esenzione dalla Via), bisognerà tenere conto anche delle “rotte di migrazione” degli uccelli e delle aree “importanti per la biodiversità”.
Lo ha specificato Paola Brambilla, coordinatrice della sottocommissione Via della commissione Via-Vas del Mase, in un’audizione alla Camera sul Dl Infrastrutture che si è tenuta ieri, 9 maggio, di fronte alle Commissioni riunite Ambiente e Trasporti (qui il link al video, a partire da 1:10:00).
Il decreto legge, infatti, prevede già che queste specifiche aree non possano ricadere in zone protette come quelle della Rete Natura 2000, creata dall’Ue per la protezione e la conservazione degli habitat e delle specie, animali e vegetali, identificati come prioritari. “Ma la direttiva europea è più vasta”, spiega Brambilla.
Il riferimento è alla direttiva 2023/2413 del 18 ottobre 2023, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, che all’articolo 15 ter stabilisce i criteri per individuare le “zone di accelerazione delle energie rinnovabili” (Renewables Acceleration Areas – RAAs).
In particolare, si prevede che queste zone non possano essere individuate in aree con impatti ambientali significativi, comprese quelle classificate o designate ai sensi della direttiva 2009/147/CE (direttiva “uccelli”) e della direttiva 92/43/Cee (direttiva “habitat”), salvo dimostrare mediante una valutazione ambientale che l’impatto è trascurabile.
Brambilla chiede quindi che nel lavoro di zonizzazione che sta facendo il Gse per mappare le aree, siano “interiorizzate” queste ulteriori specifiche, perché potrebbero essere “preclusive” all’assegnazione degli spazi di accelerazione.
La posizione delle associazioni
In una memoria presentata alle due Commissioni riunite, Elettricità Futura ha spiegato che, così com’è formulata, la norma potrebbe generare “ulteriori incertezze”. Difatti, non essendo stata “ancora opportunamente regolata la materia delle aree idonee”, l’attuale contesto normativo non consentirebbe la corretta individuazione delle zone di accelerazione.
Vi è una “forte necessità di prevedere una disciplina chiara e stabile in merito alle aree idonee, migliorando la normativa esistente e individuando gli opportuni correttivi anche alla luce delle recenti pronunce del Tar (si veda Aree idonee, decreto da riscrivere e dl Agricoltura alla Consulta), accompagnando con gli indirizzi e gli strumenti necessari l’identificazione di tali aree da parte di Regioni e Provincie competenti, in tempi rapidi e certi”.
Ciò al fine di “coordinare l’attuazione di aree idonee e, di conseguenza, anche quella delle aree di accelerazione, evitando vuoti o sovrapposizioni della regolazione”.
Sulla stessa linea anche la memoria presentata da Coordinamento Free, che chiede di introdurre nel decreto legge una disposizione che disciplini nuovamente la materia.
“A tal proposito, sarebbe opportuno introdurre per legge criteri chiari cui le regioni devono attenersi. In particolare, stabilire che le aree attualmente classificate idonee per legge ‘nelle more’ diventino aree idonee minime valide in tutte le regioni”.
L’associazione ritiene poi “indispensabile” che tra le aree sempre idonee siano ricomprese anche le aree industriali (che al momento rientrano nelle zone di accelerazione secondo il dl Infrastrutture).
Confindustria, invece, nello sposare quando detto dalle due associazioni ambientaliste sulle aree idonee, ritiene inoltre necessario sanare l’ulteriore elemento di incertezza rappresentato dal divieto di impianti fotovoltaici a terra in aree classificate agricole, introdotto dall’articolo 5 del dl Agricoltura, che lo stesso Tar del Lazio ha sottoposto al vaglio della Corte costituzionale.
“Al riguardo si propone pertanto di abilitare l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra nelle aree idonee ex lege quantomeno per l’autoproduzione industriale”.