La nuova corsa all’oro, cioè al litio, passa dalla geotermia tedesca

Vulcan Energy punta a produrre 40.000 tonnellate annue di litio con impianti geotermici nella Valle del Reno dal 2025. Già siglato un accordo con Stellantis.

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Si può produrre litio in Europa senza emettere CO2?

La start-up australiana Vulcan Energy, fondata nel 2018, sta puntando sulla geotermia per estrarre litio di elevata qualità, pronto per essere utilizzato nelle batterie delle auto elettriche, con un impatto zero in termini di emissioni di anidride carbonica.

Il suo progetto Zero Carbon Lithium sta interessando colossi automobilistici del calibro di Stellantis: il gruppo nato dalla fusione tra Fca e Psa ha siglato in questi giorni un accordo vincolante con Vulcan per una fornitura quinquennale di litio dal 2026.

Il litio a zero emissioni proverrà dalla Germania. Vulcan intende costruire cinque impianti geotermici nella Valle del Reno, dove si trova una delle più grandi riserve mondiali di litio contenuto nella cosiddetta salamoia geotermica (geothermal brine).

La società australiana, riporta la agenzia Euractiv citando Horst Kreuter, cofondatore di Vulcan, ha pianificato di estrarre 40.000 tonnellate di idrossido di litio/anno entro il 2025, una quantità sufficiente per soddisfare la domanda di litio per circa un milione di vetture elettriche ogni anno.

Obiettivo di Vulcan quindi è sviluppare una filiera di approvvigionamento del litio con un impatto ambientale complessivamente molto basso.

Francis Wedin, amministratore delegato della società, nel commentare il recente accordo con Stellantis, ha dichiarato che il progetto Zero Carbon Lithium punta a “ridurre le distanze di trasporto delle sostanze chimiche a base di litio in Europa, e la nostra sede in Germania, vicina alle gigafactyory europee di Stellantis, è coerente con questa strategia”.

Vulcan, evidenzia una nota del gruppo automotive, fornirà a Stellantis un minimo di 81.000 tonnellate e un massimo di 99.000 tonnellate di idrossido di litio in cinque anni.

Tutto però è subordinato al positivo avviamento delle attività commerciali dei nuovi siti industriali di Vulcan e alla completa qualificazione del prodotto.

La tecnologia proposta da Vulcan offre diversi vantaggi, partendo da quelli ambientali, perché oggi il litio è estratto da miniere a cielo aperto oppure dalle acque salmastre con ampi bacini di evaporazione, due soluzioni che comportano elevati consumi di acqua e suolo.

Inoltre, le centrali geotermiche possono immettere in rete il surplus elettrico non utilizzato per i processi di estrazione e lavorazione del litio.

In estrema sintesi, la salamoia geotermica viene trasferita a un impianto DLE (Direct Lithium Extraction) per la estrazione diretta del cloruro di litio, che poi è convertito in idrossido di litio tramite un processo elettrolitico, si veda lo schema sotto, tratto dal sito web di Vulcan.

Altre aziende sono impegnate su questo fronte: Geothermal Energy, ad esempio, sta sviluppando un impianto in Cornovaglia (si veda Geotermia ed estrazione del litio, accoppiata vincente?).

Ricordiamo poi che in Europa sta entrando nel vivo la sfida industriale e commerciale di produrre batterie in casa propria, in modo da ridurre la attuale forte dipendenza dalle importazioni di accumulatori made in Asia.

È una sfida che coinvolge tutti gli anelli della filiera: non solo la produzione di celle e batterie, ma anche la possibilità di estrarre direttamente in Europa le materie prime necessarie, litio in primis, senza dimenticare le tecnologie per il recupero e riciclo di batterie a fine vita.

Si punta, insomma, su una catena di approvvigionamento e produzione di batterie a zero emissioni di CO2, con gigafactory alimentate da elettricità 100% rinnovabile e dove il litio estratto da impianti geotermici potrebbe giocare un ruolo di primo piano.

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