Il mare si muove, seguendo il vento della transizione energetica

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Il potenziale dell’eolico offshore nei mari italiani è di circa 5,5 GW al 2030. I progetti in corso sono già molti. Resta da capire se la burocrazia, il vincolo di accettabilità sociale e la capacità della rete elettrica di gestire tutta questa potenza, permetteranno a questo settore di raggiungere la sua massima espressione.

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È notizia di questi giorni che il Governo stia lavorando al decreto semplificazioni Pnrr con l’obiettivo di rendere più snelle le vie burocratiche legate alle rinnovabili e all’efficienza energetica.

Il motivo è semplice: i bandi che destinano i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) al potenziamento delle fer vanno deserti, la partecipazione è bassissima. Troppo complicato, troppo incerto l’iter tra l’inizio e la fine del progetto.

D’altra parte, c’è un aspetto importante per cui è urgente semplificare le procedure: le scelte legate al mix produttivo energetico nazionale, europeo, mondiale, non prescindono dalle rinnovabili (così come non prescindono dall’efficienza energetica), le coinvolgono in primis, ne abbiamo bisogno.

Prendiamo in considerazione una fonte rinnovabile per eccellenza che in questo momento storico spinge per farsi strada nei mari italiani: l’eolico. Secondo il  World Energy Transition Outlook 2022, report  di Irena – Agenzia internazionale per le energie rinnovabili da poco pubblicato, entro il 2030 quella del vento sarà tra le prime fonti di energia capaci di soddisfare il 24% del fabbisogno energetico globale.

Ad oggi il nostro Paese conta 5.000 impianti eolici ed una potenza installata, secondo dati Anev, pari a 11.764 MW.

Per ciò che riguarda l’off-shore le linee guida redatte dal Pniec vedono in questa tecnologia uno degli elementi fondamentali per il rinnovamento energetico nazionale, proponendo la realizzazione di 900 MW eolici nel mediterraneo: l’Italia ha 11.700 chilometri quadrati di coste dove l’off-shore può trovare casa.

Durante i convegni promossi da Anev a Key Energy 2022 e dedicati all’eolico, Simone Togni, presidente dell’associazione, ha evidenziato che “il potenziale dell’eolico offshore nei mari italiani stimato dall’Anev, partendo da un’analisi basata sulle tecnologie attuali/prevedibili, è di 5,5 GW al 2030, cioè ben più degli attuali obiettivi.

È per questo motivo che il Governo dovrà essere coraggioso e non fare in modo che tale potenziale vada perso, soprattutto oggi, con la crisi energetica e le conseguenze che creerà”.

Ma come siamo messi con le installazioni off-shore? Facciamo un breve punto di situazione. Il 2022 è stato l’anno in cui Renexia inaugura a Taranto Beleolico, il primo parco eolico off shore.

Un progetto che contribuisce al processo di transizione ecologica ed energetica italiano e introduce nuove sinergie con il territorio, dove arriva per la prima volta il concetto di elettrificazione dei consumi. Ma andiamo per ordine. Molte sono state le difficoltà incontrate per metterlo in funzione, più di 14 anni di burocrazia ne hanno rallentato la realizzazione, ma oggi spicca e inizia a dare i suoi frutti.

Renexia conferma, infatti, che il parco è a pieno regime e la produzione va secondo le attese: assicurerà una produzione di oltre 58 mila MWh, pari al fabbisogno annuo di circa 60 mila persone. Un comunicato ufficiale sui dati arriverà in primavera, momento in cui Beleolico inizierà ad avere le prime ricadute positive sul territorio: parte dell’energia prodotta, grazie a un accordo con l’Autorità Portuale, è destinata all’elettrificazione del porto di Taranto. Ciò significa una riduzione dell’inquinamento, se si considera che ogni nave che entra in Porto e non spegne i motori produce un inquinamento su base giornaliera pari a quello di 10.000 vetture.

Inoltre, il parco nasce in una città segnata dalla presenza dell’ex Ilva, i cui effetti sul territorio sono ben noti, rappresentando tutto ciò che l’acciaieria non è: sostenibilità dal punto di vista ambientale e sociale.

Beleolico è un segnale forte dei tempi che cambiano, dei nuovi modelli di impresa basati su concetti come comunità energetiche (l’accordo con l’Autorità Portuale può essere considerato un primo passo) impatto ambientale “zero”, compatibilità con gli ecosistemi naturali e sociali, riuso e riciclabilità dei materiali.

Rappresenta la nascita di una nuova filiera industriale grazie alle attività di mantenimento delle sue strutture, sia a terra sia in mare, e all’impiego di operatori locali, per promuovere lo sviluppo del tessuto economico, seguendo l’idea di “local-content requirement”, contribuendo a creare una nuova filiera di lavoro.

È già in essere un accordo con i barcaioli di Taranto riguardo la possibilità di portare personale e tecnici Renexia in prossimità delle turbine per operazioni di controllo, monitoraggio e manutenzione.

Dal punto di vista strettamente legato alla fauna marina, Renexia e Jonian Dolphin Conservation, l’associazione di ricerca scientifica che studia e monitora la presenza dei cetacei nello Ionio Settentrionale, stanno analizzando l’impatto che il parco eolico potrebbe avere sui cetacei.

I dati, raccolti attraverso una rete di idrofoni, saranno validi anche per favorire la pianificazione dello sviluppo dell’eolico off-shore nel Mediterraneo, creando una vera e propria best practice che possa così evitare eventuali disturbi o traumi ai cetacei per la realizzazione dei futuri progetti (studi di questo genere sono già stati realizzati al largo della costa scandinava.

Dall’analisi delle fondazioni delle pale eoliche offshore, è emerso che i siti si trasformano gradualmente in barriere artificiali, attirando molluschi, pesci, foche e delfini. Ciò accade anche perché intorno ai parchi eolici marini la pesca è vietata o limitata).

Beleolico è stato per l’Italia come la prima bandiera piantata sulla luna. Attualmente sta prendendo forma MedWind, progetto di parco eolico offshore galleggiante nel canale di Sicilia. È allo stato attuale il più importante progetto del Mediterraneo: 190 turbine in grado di produrre 9TWh, pari al fabbisogno di circa 3,4 milioni di famiglie e ridurre il costo della bolletta in Sicilia. L’impianto verrà posizionato a circa 60 km dalla costa.

Dal punto di vista occupazionale ci saranno importanti vantaggi perché nei 6 anni necessari per la costruzione (burocrazia permettendo) si prevede di impiegare 1100 persone all’anno e circa 700 per i 25 anni necessari per la manutenzione, previsti dalla concessione.

A dicembre è stato siglato tra Renexia, madre del progetto, un accordo quadro con le principali sigle sindacali siciliane e, in parallelo, è stato completato con i biologi marini dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn, una campagna oceanografica, per dimostrare la compatibilità ambientale dell’opera in quel tratto di mare.

È emerso un fondale compromesso dalle attività di pesca illegale, che, si auspica, MedWind contribuirà a far rifiorire così come accaduto nei mari della Scandinavia. Il parco eolico nascerà, inoltre, fuori dalle rotte migratorie dell’avifauna.

Molti sono i progetti off shore che bollono in pentola: il gruppo italiano Hope, ha stretto con Galileo, operatore paneuropeo, una Joint Venture per lo sviluppo di un progetto di eolico offshore galleggiante in Puglia con potenza pari 525 MW.  Poi abbiamo Lupiae Maris, che tra Brindisi e Lecce, progetta di installare 35 turbine con potenza di 15MW ognuna.

C’è, inoltre, la società spagnola Acciona Energía, che ha richiesto “due concessioni al largo dell’Italia” e l’inglese Aquaterra Energy e l’olandese Seawind Ocean Technology che con il progetto HyMed, vogliono unire l’eolico galleggiante offshore e la produzione di idrogeno verde prevedendo una produzione di 3,2GW entro il 2027 in acque ultra-profonde.

Siamo dunque a cavallo? Se la burocrazia, il vincolo di accettabilità sociale e la capacità della rete elettrica di gestire tutta questa potenza lo permettono, sì.  I progressi già ci sono: dati Terna evidenziamo che le richieste di connessione ricevute al 31 ottobre 2022 relative all’eolico offshore toccano una potenza pari a circa 95 GW, che rispetto all’anno precedente rappresentano il 200%.

Insomma, il mare si muove! E lo fa seguendo il vento della transizione energetica.

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