Con la legge 118/2022 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021), che ha lo scopo di rimuovere le barriere normative per facilitare l’apertura dei mercati ai piccoli imprenditori e tutelare i consumatori, il Parlamento ha delegato il Governo di adottare, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa, uno o più decreti legislativi in materia di fonti energetiche rinnovabili.
L’idea era quella di procedere, da un lato, all’adeguamento della normativa vigente al diritto dell’Unione europea e, dall’altro, a razionalizzare, riordinare e semplificare tale normativa.
È così che si è arrivati a parlare di “Testo Unico delle Fonti Rinnovabili” o più propriamente del decreto legislativo recante la disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili: ovvero un’unica fonte dove ogni operatore del settore dovrebbe trovare le regole del gioco.
Una volta redatto lo schema di decreto e ricevuta l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri (che, non dimentichiamo, in parte coincide con il soggetto che ha provveduto alla stesura), sembrava tutto pronto per la svolta … ma (c’è sempre un ma) , essendo l’attività normativa del Governo sottoposta al vaglio del Consiglio di Stato (l’organo più alto della giustizia amministrativa), il 12 settembre, lo stesso Consiglio ha espresso parere negativo, ritenendo sia l’iter procedurale che il contenuto vero e proprio del testo di legge, carenti, lacunosi, inadeguati e incompleti.
Tra i molteplici problemi rilevati nel testo, ci pare interessante porre l’accento su una particolare incongruenza: nella relazione illustrativa, si affermava che – vista la complessità e la pluralità delle tematiche da affrontare – erano stati coinvolti molteplici soggetti istituzionali e della società civile; tuttavia, tra la documentazione trasmessa ai giudici vi è esclusivamente quella proveniente da alcune categorie economiche e, in particolare, da associazioni imprenditoriali legate alle fonti rinnovabili.
Tale situazione, non solo, pone in evidenza l’incompletezza dell’istruttoria svolta per la redazione di un decreto la cui delicatezza è nota, ma fa anche emergere una disparità fra i destinatari della nuova disciplina.
Esiste infatti un’evidente asimmetria informativa: la preventiva conoscenza di un testo di legge comporta l’innegabile vantaggio nel poter orientare strategie di business senza rischiare di compromettere la propria stabilità economico-finanziaria.
Insomma, un conto è essere coinvolti nella redazione di una normativa, un conto è “subirla”.
Appare evidente come, seppur la Repubblica abbia il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese, ancora una volta, qualcuno viene lasciato indietro.
Nella speranza che le osservazioni del Consiglio di Stato vengano recepite, rimaniamo in attesa della versione definitiva del “Testo Unico delle Rinnovabili”.