Batterie carbonio-ossigeno: nascono su Marte, ma che faranno sulla Terra?

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Una start-up americana fondata da un ex ricercatore della Nasa promette progressi ambiziosi nell’accumulo elettrico stazionario.

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Una batteria con una capacità di accumulo di oltre 100 ore, a costi inferiori rispetto alla generazione da combustibili fossili, con efficienza energetica di andata e ritorno circa doppia rispetto a quella dell’elettricità stoccata con l’idrogeno e una densità energetica più che tripla di quella degli ioni di litio.

Una batteria basata sull’immagazzinamento di elementi abbondanti in natura, che la rendono economica, sostenibile e sicura per gli approvvigionamenti. E con costi di produzione 10 volte inferiori a quelli delle batterie al litio.

A parità di capacità di immagazzinamento, utilizzerà tre volte meno spazio e circa 70 volte meno elementi critici rispetto alle batterie agli ioni di litio.

Sono queste alcune caratteristiche salienti del prodotto che Noon Energy, una start-up americana, sta sviluppando.

Questo, almeno, in base alla descrizione del suo amministratore delegato, Chris Graves, un ex ricercatore della Nasa, e di uno dei principali investitori nella società californiana, l’americana Clean Energy Ventures, che, assieme ad Aramco Ventures della saudita Aramco, numero uno mondiale degli idrocarburi, e altri investitori ha finanziato l’azienda con oltre 30 milioni di dollari nell’ultimo paio d’anni.

Negli ultimi 14 mesi, Noon è riuscita a scalare di 50 volte la tecnologia di base e prevede di immettere sul mercato il suo primo prodotto entro due anni, con la speranza di “fornire l’anello mancante della transizione verso il 100% di energia pulita”, ha detto Graves in un video di presentazione agli investitori dello scorso giugno.

Sono caratteristiche altisonanti e obiettivi molto ambiziosi che, se realizzati, potrebbero effettivamente rivoluzionare il mondo, non solo dell’energia – anche se, quando qualcosa sembra troppo bello per essere vero, quasi sempre, l’esperienza insegna che non è vero.

Dovremo attendere, quindi, almeno un paio d’anni per avere riscontri più concreti, soprattutto perché ancora non si sanno tanti dettagli tecnici. Ma, intanto, in che cosa consiste grosso modo questa tecnologia e da dove proviene?

La tecnologia

Si tratta di una batteria al carbonio e all’ossigeno. “Durante la carica, la batteria scinde la CO2 in carbonio solido e ossigeno, e si scarica riossidando il carbonio con l’ossigeno dell’aria e trasformandolo nuovamente in CO2”, ha spiegato l’amministratore delegato.

Il prodotto di Noon Energy si basa su una tecnologia che Graves ha aiutato a sviluppare quando era alla Nasa e che è stata applicata con successo per la prima volta nell’aprile 2021 su Marte nell’ambito del Mars Oxygen In-Situ Resource Utilization Experiment o MOXIE.

L’ossigeno costituisce solo lo 0,13% dell’atmosfera marziana, rispetto al 21% dell’atmosfera terrestre, mentre il 96% è composto da anidride carbonica. La tecnologia, della dimensione di una scatola di panettone e installata nella stiva del rover Perseverance che si muove sul pianeta rosso (vedi immagine, cortesia Nasa/JPL-Caltech), è riuscita a produrre ossigeno dall’anidride carbonica, circa quanto un albero di modeste dimensioni.

Si tratta di un risultato molto importante in funzione di possibili missioni umane sul pianeta, dove, se vogliamo aria da respirare, la dobbiamo portare dalla Terra, cosa piuttosto complessa, o produrla in loco.

Per ricavare ossigeno dall’anidride carbonica che impregna l’atmosfera marziana, MOXIE utilizza un elettrolizzatore, che è un cugino stretto della cella a combustibile. Per la precisione, MOXIE è una “cella elettrolitica a ossidi solidi”, cioè una cella a combustibile che funziona al contrario.

In una cella a combustibile, il combustibile e l’ossigeno reagiscono per produrre elettricità. L’esempio più comune è la cella a idrogeno, che combina idrogeno e ossigeno generando elettricità ed acqua. Una cella a idrogeno che funziona al contrario, invece, partirebbe dall’acqua e utilizzerebbe l’elettricità per trasformarla nuovamente in idrogeno e ossigeno.

Utilizzare l’acqua per produrre ossigeno su Marte sarebbe una buona idea se l’acqua fosse lì facilmente accessibile. Ma non lo è. Fortunatamente, però, c’è un’altra abbondante fonte di ossigeno su Marte, ed è l’anidride carbonica (la “O” di CO2). Invece di usare l’idrogeno, MOXIE utilizza quindi l’elettricità per scindere l’anidride carbonica in monossido di carbonio e ossigeno.

“Si può pensare a MOXIE come a una cella a combustibile che funziona all’inverso”, ha spiegato la Nasa.

Ed è qui che, presumibilmente, deve essersi accesa la lampadina nella mente di Chris Graves. Perché se MOXIE riesce a ricavare ossigeno direttamente dall’anidride carbonica e dal combustibile (l’elettricità) su Marte, perché non provare a modificare il processo per farlo funzionare in senso inverso qui sulla Terra, sfruttando non un processo di combustione ma di ossidazione?

La CO2, in questo caso, non fa da combustibile perché già combusta, ma è il carbonio presente nella CO2, sotto forma di ossido di carbonio estratto dalla CO2, che può fare da “combustibile” nella fase di produzione dell’elettricità, reagendo con l’ossigeno con un trasferimento di elettroni.

Una reazione in cui si verifica un trasferimento di elettroni è detta reazione di ossidoriduzione o reazione redox. Una sostanza che perde elettroni si ossida ed è detta “ossidata”, mentre la sostanza che guadagna elettroni si “riduce” ed è detta ridotta. Questo tipo di reazione redox può essere utilizzate nelle celle elettrochimiche per produrre elettricità.

Poiché la terra è ricca sia di carbonio che di ossigeno, questa tecnologia mira a sfruttare questi due gas in continui processi di ossidazione e riduzione per produrre elettricità in un dispositivo che diventa una batteria in cui l’elettricità è immagazzinata sotto forma di questi due comunissimi gas.

Possibili inconvenienti

Questa, almeno, dovrebbe essere la teoria, spiegata in modo grezzo. Molto rimane ancora da capire. E la stessa Noon Energy avverte che la sua tecnologia presenta anche qualche caratteristica meno brillante delle altre.

Per esempio, la batteria può mantenere la sua carica solo per 100 ore, cioè poco più di quattro giorni, dopodiché inizia ad auto-scaricarsi, mentre le batteria al litio mantengono la carica per periodi più lunghi.

L’inconveniente è dovuto al fatto che il monossido di carbonio e l’ossigeno reagiscono naturalmente tra loro formando anidride carbonica. La cella a combustibile, in realtà, non fa altro che accelerare tale processo, perché è tramite questa costante scissione e ricombinazione che si produce l’elettricità. Ciò significa che non si può lasciare una batteria al carbonio e ossigeno ferma per troppo tempo.

Si potrebbero avere problemi di velocità di ricarica, per ottenere le quali sarebbero probabilmente necessari dispositivi più grandi, con conseguente aumento del prezzo e delle dimensioni della batteria. Per questo motivo, una batteria al carbonio-ossigeno potrebbe essere più adatta ai ritmi e agli spazi di un edificio o di una rete che non a quelli di un auto usata frequentemente.

Mancano dati precisi su molti fronti: qual è la densità energetica? Quanta energia può fornire una “cella”? Quanto velocemente possono essere caricate? Quanti cicli di carica e scarica sono in grado di gestire? Quanto costano per kWh?

Vedremo se Noon Energy riuscirà a mantenere il grosso delle sue promesse o se sarà un altro specchietto per le allodole volto solo ad attirare denaro.

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