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Efficienza energetica, quel dibattito europeo “viziato” da un calcolo errato

La Commissione europea, nel proporre l’obiettivo del 30% al 2030, ha sbagliato a valutare il rapporto costi-benefici degli investimenti in tecnologie più efficienti. Vediamo come e perché secondo un documento dell’European Council for an Energy Efficient Economy.

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Nella “battaglia” dei numeri per il prossimo traguardo europeo sull’efficienza energetica, i negoziati tra Parlamento, Commissione e Stati membri sono pronti a ripartire dopo il consiglio informale che si è tenuto ieri a Sofia (ricordiamo che in questo momento la presidenza di turno Ue è della Bulgaria).

In ballo c’è la definizione dell’obiettivo vincolante al 2030 per la nuova direttiva EED (Energy Efficiency Directive), che avrà un impatto molto rilevante sui futuri investimenti per ridurre i consumi di energia negli edifici, nelle industrie e negli altri settori interessati dal provvedimento.

Tuttavia, secondo l’associazione no-profit European Council for an Energy Efficient Economy (ECEEE), le stime fatte da Bruxelles sono sbagliate.

La Commissione Ue, infatti, ha impiegato un tasso d’interesse (discount rate) troppo alto nei calcoli per determinare il rapporto costi-benefici degli interventi di efficienza.

Torniamo un attimo indietro: l’esecutivo europeo, nel suo “pacchetto” energetico presentato a novembre 2016, aveva proposto un obiettivo del 30% per l’efficienza, che poi è stato innalzato al 35% nella seduta plenaria dell’Europarlamento a gennaio, mentre la commissione competente (ITRE, Committee on Industry, Research and Energy) aveva suggerito un impegno ancora più severo, con un traguardo del 40% al 2030. Su QualEnergia.it le tappe dei negoziati che si sono svolti finora: Parlamento europeo, i voti su efficienza energetica e rinnovabili.

Il Consiglio Ue, in particolare, ha sempre cercato di annacquare i punti essenziali del provvedimento, spingendo il più possibile verso una posizione più “rilassata” in tema di efficienza energetica.

Eccoci così alla critica mossa dall’ECEEE, riassunta in un breve documento che alleghiamo in basso.

Investire in misure di efficienza spesso richiede un elevato capitale iniziale, che sarà ammortizzato in un certo numero di anni, grazie ai successivi risparmi conseguiti attraverso gli interventi effettuati.

Pensiamo, ad esempio, alle spese da sostenere per l’isolamento termico di un intero edificio o per installare diverse tecnologie che consentono di abbattere i consumi energetici.

Il tasso d’interesse applicato nei modelli economici, di conseguenza, è fondamentale per valutare la convenienza di un dato investimento, proprio come quando si compra una casa con un mutuo. In sintesi, più il tasso è alto, più è alto il costo dell’investimento e, quindi, si riduce l’incentivo a compiere lavori di efficienza, perché questi ultimi richiederebbero moltissimi anni per essere ripagati.

La Commissione Ue, evidenzia il documento dell’ECEEE, ha utilizzato un discount rate del 10% che è quasi il doppio rispetto alla media europea registrata nel 2015 per gli edifici (5,7%).

Un numero “gonfiato”, quindi, che ha portato i negoziati su binari troppo conservativi, a causa delle preoccupazioni di molti Stati membri per i costi eccessivi che sarebbero derivati dalle nuove politiche di efficienza.

Al contrario, impiegando un tasso più realistico, il rapporto costi-benefici diventa molto più vantaggioso per chi vuole investire, aprendo così le porte a obiettivi più ambiziosi, come quelli del 35-40% indicati dal Parlamento e sponsorizzati anche da alcuni Stati membri.

Il documento ECEEE (pdf)

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