Prezzi alle stelle e forniture poco etiche: perché il futuro delle batterie è appeso al cobalto

Le quotazioni del prezioso metallo sono all’incirca triplicate in poco tempo, mentre sono cresciute le incertezze sulle forniture monopolizzate dal Congo e sullo sfruttamento del lavoro minorile nelle miniere africane. Dati e analisi per una risorsa fondamentale della battery economy presente e futura.

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I prezzi del cobalto si stanno impennando nell’ambito di un mercato di questa materia prima che resta molto concentrato e ricco d’incognite.

L’andamento delle quotazioni, non solo del cobalto ma anche del litio e degli altri metalli “critici” o che potrebbero diventare tali, rischia di complicare i piani delle aziende che producono batterie per l’auto elettrica e l’accumulo energetico stazionario, condizionando lo sviluppo della cosiddetta “battery economy”, l’economia a basse emissioni inquinanti basata sull’uso massiccio di dispositivi al litio.

Secondo le ultime rilevazioni della società di consulenza taiwanese EnergyTrend, intanto, il prezzo del cobalto è schizzato verso l’alto lo scorso anno, da 32 $/kg all’inizio del 2017 a 75 $/kg verso novembre-dicembre, +114% in confronto ai dodici mesi precedenti.

Successivamente, nel primo trimestre 2018, il valore del prezioso metallo è salito a 95 $/kg, segnando così un nuovo incremento del 26% sulla scia delle speculazioni sul mercato, spiegano gli analisti.

I prezzi, anziché essere basati sull’evoluzione della domanda e dell’offerta, precisano gli esperti di EnergyTrend, sono decisi dai pochi produttori/fornitori mondiali di questa risorsa fondamentale per costruire accumulatori al litio.

L’industria delle batterie è cobalto-dipendente, non essendo ancora riuscita a trovare soluzioni alternative per aumentare la densità energetica dei dispositivi a costi contenuti. Infatti al momento sostituire il cobalto comporta, in molti casi, delle perdite di efficienza.

L’incremento delle quotazioni del cobalto potrebbe ostacolare l’atteso boom dell’auto elettrica? Le variabili da considerare sono molteplici.

Finora, ha evidenziato Bloomberg New Energy Finance (BNEF), nonostante l’aumento dei costi delle singole commodity come litio e cobalto, i prezzi delle batterie sono diminuiti costantemente. Secondo BNEF, ad esempio, se il costo del litio quadruplicasse, il valore di un accumulatore al litio aumenterebbe di meno del 2% con un impatto trascurabile sul listino di una vettura 100% elettrica.

Secondo i dati più recenti della U.S. Geological Survey (USGS, vedi pag. 51 del Mineral Commodity Summaries 2018 per le statistiche complete), nel 2017 a livello mondiale l’estrazione di cobalto dalle miniere ha toccato 110.000 tonnellate, di cui oltre la metà proveniva da un solo paese, il Congo.

Le riserve globali stimate ammontano a poco più di 7 milioni di tonnellate, quindi al ritmo corrente della produzione basterebbero per circa 65 anni, ma è bene precisare che queste cifre rappresentano un inventario della quantità di materiale che si suppone si potrà ricavare a costi accettabili in determinate circostanze.

In altre parole: le riserve “potenziali” già identificate sono superiori e continuano a modificarsi nel tempo, via via che le compagnie minerarie scoprono nuovi giacimenti e migliorano le tecnologie utilizzate per l’estrazione, riducendone i costi.

Per dare un’idea di quanto siano fluide le cifre dei “giochi” minerari, le riserve accertate di rame negli anni ’70 erano pari a 280 milioni di tonnellate, mentre ora sono stimate in circa 790 milioni di tonnellate.

Lo stesso vale per i combustibili fossili: qui alcune considerazioni sul picco del petrolio e le complesse valutazioni che lo riguardano.

Nel 2017 la domanda mondiale di cobalto ha raggiunto 94.000 tonnellate, di cui oltre metà per rifornire l’industria delle batterie ricaricabili al litio.

Nel 2020, secondo la previsione riportata da Global Energy Metals Corp., il consumo sarà salito a 120.000 tonnellate/anno, con il 60-62% del mercato assorbito dagli accumulatori elettrochimici, grazie soprattutto alla maggiore richiesta dei costruttori auto per i veicoli a zero emissioni.

Wood Mackenzie parla di 94.000 tonnellate al 2022 per la sola domanda di cobalto, che servirà a placare la “fame” di batterie nei vari settori, in particolare i veicoli elettrici.

Tra i principali rischi degli approvvigionamenti globali di cobalto c’è quello geopolitico, poiché il Congo, come abbiamo visto, fornisce più del 50% di questo metallo e detiene anche circa la metà delle riserve note sulla terraferma (poi c’è il capitolo delle eventuali esplorazioni marine: i fondali potrebbero contenere vastissime concentrazioni di risorse).

Il Congo pone molti dubbi anche sul piano etico, considerando che circa un quinto del suo cobalto proviene da piccole miniere artigianali che sfruttano il lavoro minorile, con decine di migliaia di bambini impegnati nelle attività estrattive a mani nude.

Un aiuto potrebbe presto arrivare dalla tecnologia blockchain o “catena di blocchi”, che permette di scambiare dati e informazioni su registri virtuali aperti e distribuiti, molto difficili da falsificare grazie ai sistemi informatici impiegati per verificare le transazioni/operazioni lungo la catena.

La blockchain si presta a innumerevoli applicazioni, tra cui la logistica e le spedizioni, vedi QualEnergia.it per un approfondimento.

In sintesi, due società, DLT Labs e Cobalt Blockchain, stanno sviluppando una piattaforma digitale che consentirà di tracciare la provenienza del cobalto, attraverso uno schema “bagging and tagging”, dove ogni sacco di materiale riceverà un tag con tutte le informazioni sulla sua origine, che poi saranno caricate sulla piattaforma in ogni tappa della catena di fornitura (supply chain), in modo da renderle pubblicamente accessibili “dal produttore al consumatore finale”, dalla miniera congolese al cofano della nostra auto ecologica.

Com’è facile intuire, uno schema di questo tipo presuppone di stringere accordi con le singole cooperative minerarie e di svolgere dei controlli sul posto, magari a carico delle organizzazioni non governative, quindi non è un genere di blockchain in grado di rinunciare completamente all’intervento umano.

Vedremo se questo progetto prenderà piede e quali risultati otterrà: gli acquirenti saranno disposti a pagare, e quanto, per avere una certificazione sul cobalto etico? I minatori riusciranno a eludere le maglie della blockchain, immettendo informazioni false nel registro digitale?

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