La transizione energetica secondo BP, tra greenwashing e schizofrenia

Nel rapporto appena pubblicato dal colosso petrolifero inglese sul futuro dell’energia, si continua a vedere una preponderanza dei combustibili fossili. Tra aperture alle rinnovabili e consapevolezza crescente dei rischi climatici, ecco come intende operare la società nei prossimi anni.

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Continuare a produrre e vendere petrolio e gas, in una società sempre “affamata” di combustibili fossili; aumentare gli investimenti in tecnologie pulite e ridurre l’impatto ambientale delle diverse operazioni.

Così pensa di muoversi BP nei prossimi anni, nell’ambito di una transizione energetica riconosciuta ma non ancora accettata in profondità, poiché diverse organizzazioni indipendenti, come E3G e Carbon Tracker, citate dalla stampa internazionale, hanno bollato come “greenwash”, cioè falso ambientalismo, il suo nuovo rapporto Advancing the Energy Transition (allegato in fondo all’articolo).

Ritroviamo gli stessi dubbi emersi dopo la pubblicazione di un altro rapporto di un colosso mondiale dell’energia, Shell Energy Transition Report (documento completo allegato in basso), che in sostanza ripeteva, da un lato, la necessità di adattarsi progressivamente al boom delle fonti rinnovabili, investendo sempre di più nelle risorse “verdi”, dall’altro riaffermava la centralità del gas e dell’oro nero nell’economia planetaria per altri decenni.

BP, allo stesso modo, ritiene che la domanda di carburanti tradizionali rimarrà elevata e che perfino nello scenario con le proiezioni di massima accelerazione delle rinnovabili, battezzato Even faster transition, petrolio e gas costituiranno intorno al 40% del mix energetico mondiale al 2040, vedi il grafico seguente.

Tale scenario, tra l’altro, si basa sulle stime della IEA (International Energy Agency), che di recente sono state criticate per aver assegnato un peso eccessivo alle fonti fossili, incompatibile con la direzione indicata dagli accordi di Parigi nel 2015, vedi l’analisi di QualEnergia.it: I trucchi della IEA sul clima

BP, scorrendo il documento, non pare molto preoccupata di rimanere con un pugno di stranded asset, impianti oil&gas obsoleti e non più remunerativi perché schiacciati dalla concorrenza delle energie rinnovabili. Sul tema vedi anche QualEnergia.it: Quanti miliardi rischia di bruciare l’industria oil&gas se continuerà ad investire nelle fossili

La compagnia britannica, al pari di Shell, è convinta di aver definito un piano industriale abbastanza flessibile da evitare il “carbon risk”, il rischio legato ai cambiamenti climatici, conservando e anche potenziando le attività tradizionali (il suo core business: estrazione e vendita di petrolio e gas), per poi puntare una fetta crescente degli investimenti sulle tecnologie alternative, dall’eolico al fotovoltaico, dall’auto elettrica alle batterie, senza dimenticare i biocarburanti.

Lo scorso febbraio, ad esempio, BP per la prima volta nel suo Energy Outlook 2018 ha “accettato” la prossima rivoluzione dell’auto elettrica e ha cercato di valutare il suo impatto sul fuel-mix.

Intanto a gennaio Shell aveva annunciato il suo ritorno nel settore fotovoltaico, tre mesi prima che un’inchiesta giornalistica rivelasse che il gigante olandese, già negli anni ’80, stava analizzando in dei documenti confidenziali quali sarebbero state le possibili conseguenze per il clima delle attività petrolifere, vedi tutte le informazioni sull’archivio online Climate files.

BP, si legge nel suo rapporto, intende ridurre le emissioni inquinanti per 3,5 milioni di tonnellate di CO2 equivalente/anno al 2025, attraverso varie misure, tra cui ad esempio un abbattimento delle emissioni fuggitive di metano e di quelle dovute al gas flaring, la tecnica che prevede la bruciatura del gas in eccesso che fuoriesce dai pozzi (per una prospettiva italiana vedi anche: Tanto petrolio e rinnovabili ancora marginali nel nuovo piano Eni.)

L’obiettivo di BP è mantenere le emissioni nette di CO2 delle sue attività allo stesso livello (o inferiore) del 2015, nonostante la prevista crescita dell’estrazione-produzione degli idrocarburi.

Sono tante, in definitiva, le contraddizioni della transizione energetica secondo l’interpretazione fornita da BP e Shell.

Intanto altre compagnie in tutto il mondo stanno intensificando i loro impegni a tagliare le emissioni inquinanti, in linea con l’obiettivo parigino di stare “ben sotto” 2 gradi centigradi di surriscaldamento terrestre entro la fine del secolo.

L’iniziativa globale Science Based Targets ha superato le cento aziende, provenienti dai settori più svariati, che hanno aderito ai traguardi salva-clima stabiliti dagli accordi internazionali – Electrolux e L’Oréal tra le ultime firmatarie – mentre Google e Apple, che invece partecipano alla campagna RE100, hanno appena annunciato di aver raggiunto il traguardo del 100% di energia rinnovabile.

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