Trasporto marittimo e riduzione emissioni, tra politiche e innovazione tecnologica-organizzativa

C'è uno scontro in atto per costringere l'industria navale a ridurre le proprie emissioni che al 2050, senza alcun intervento, potrebbero essere pari al 20% del totale. Le diverse posizioni saranno presentate a Londra in questi giorni nella riunione dell’IMO, ancora poco responsabile sul tema.

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È in corso una battaglia globale per costringere l’industria navale a fare la sua parte nell’affrontare il cambiamento climatico.

In assenza di interventi immediati, entro il 2050 il trasporto marittimo potrebbe contribuire a quasi un quinto delle emissioni globali di CO2. Alcune nazioni extraeuropee e gli armatori resistono all’implementazione di soluzioni già disponibili.

La questione è al centro di un’importante riunione che si svolge a Londra dal 9 al 13 aprile dell’International Maritime Organization (IMO), l’agenzia specializzata delle Nazioni Unite, responsabile della sicurezza della navigazione e della prevenzione dell’inquinamento marino causato dalle navi.

Il confronto istituzionale internazionale

Un gruppo di nazioni guidate da Brasile, Arabia Saudita, India, Panama e Argentina resiste ad assumere obiettivi ambiziosi per la riduzione delle emissioni di CO2 nel trasporto marittimo.

Limitare le emissioni complessive delle navi – secondo questa posizione – limiterebbe il commercio mondiale e potrebbe costringere il traffico delle merci verso mezzi di trasporto meno efficienti. Altri paesi, per contro, ritengono che il trasporto marittimo potrebbe effettivamente beneficiare di uno spostamento verso tecnologie più pulite.

Il Regno Unito, sostenuto da altre nazioni europee, ha avanzato una proposta di riduzione delle emissioni del trasporto marittimo del 70-100% entro il 2050, rispetto ai livelli del 2008.

Per parte sua l’Ue ha minacciato di prendere il controllo della navigazione europea se l’IMO non farà significativi passi avanti con impegni misurabili.

Sono questi in estrema sintesi i nodi che dovrà affrontare il Comitato per la Protezione dell’Ambiente Marino (MEPC) che si occupa delle questioni ambientali sotto il mandato dell’IMO riunito a Londra.

L’IMO è stato recentemente criticato per la sua mancanza di responsabilità e trasparenza. Pur avendo concordato nel 2011 uno standard di progettazione che dovrebbe assicurare entro il 2025 una maggiore efficienza delle navi del 30%, l’IMO non ha una strategia di riduzione delle emissioni per la flotta esistente e le sue strategie non sono ancorate agli obiettivi di Parigi.

Il portavoce del Governo panamense ha dichiarato che Panama, paese in via di sviluppo che dipende dal settore marittimo per il proprio progresso, crede nella necessità di una strategia che consenta una riduzione sostenibile ed efficiente delle emissioni, ma che l’obiettivo di ridurre a zero le emissioni del trasporto marittimo entro il 2050 non tiene conto dello stato attuale della tecnologia.

Un portavoce della Clean Shipping Coalition – la coalizione ambientalista internazionale che si occupa esclusivamente di trasporti – ha dichiarato che gli obiettivi di Parigi per il contenimento dell’aumento della temperatura globale il più possibile entro 1,5 °C sono obiettivi assoluti e non devono essere condizionati dal fatto che l’economia globale pensi che siano realizzabili o meno.

Infine, secondo l’Ocse – l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico – il massimo dispiegamento di tecnologie già note potrebbe portare alla quasi completa decarbonizzazione della navigazione marittima entro il 2035.

Al di là delle dichiarazioni e degli impegni per il futuro, in Europa, l’ambizione di ridurre le emissioni nel settore del trasporto marittimo è guidata dalla Germania, dal Belgio e dalla Francia.

È quanto emerge dalla classifica stilata da Transport & Environment che ha relegato l’Italia tra i cinque peggiori Paesi europei, insieme a Grecia, Cipro, Portogallo e Croazia (QualEnergia.it, Trasporto marittimo, Italia male nella Ue per obiettivi di riduzione delle emissioni; vedi anche articoli su impatto ambientale delle spedizioni marittime e su  scenari per un sistema di trasporto alimentato al 100% d fonti rinnovabili).

Ottimizzare i tempi di navigazione

Una delle misure immediate in discussione alla riunione dell’IMO include i limiti di velocità operativa delle navi.

Una migliore organizzazione dei tempi della navigazione può, infatti, consentire di ridurre la velocità e conseguentemente la quantità di combustibile utilizzato e il costo relativo, senza perdere di vista i livelli di servizio.

Tuttavia, nello spazio di tempo che intercorre tra la partenza della nave e la data di arrivo previsto al porto di destinazione – che può variare da pochi giorni a qualche settimana – sono diverse le variabili da considerare per una pianificazione ottimale del viaggio, in modo che la nave possa arrivare in porto alla giusta velocità, nei tempi stabiliti, evitando sia inutili accelerazioni sia lunghe attese in rada.

Il progetto MINI-CHIP (MINImising Carbon footprint in maritime sHIPping operations), dal costo di quasi 500mila euro completamente finanziati dall’Unione Europea, si è concluso lo scorso mese di settembre al termine di quattro anni di lavoro che hanno visto la collaborazione tra università e industria. Obiettivo generale del progetto era dare supporto all’impegno assunto dall’IMO nel 2009 di ridurre le emissioni marittime del 15% entro il 2018.

MINI-CHIP – si legge nella scheda del progetto – ha lo scopo di aiutare i trasportatori a ridurre il loro consumo di carburante, minimizzare le emissioni di anidride carbonica e ridurre i costi senza compromettere la qualità e i tempi di consegna delle loro spedizioni.

Il progetto supporta il processo decisionale attraverso la valutazione dell’impatto ambientale delle decisioni operative e per raggiungere il suo scopo, MINI-CHIP aveva tra i suoi obiettivi lo sviluppo di un modello matematico per le spedizioni di linea per minimizzare l’impronta di carbonio e ottimizzare il livello di servizio.

Un innovativo strumento di supporto alle decisioni che tenendo in considerazione la fase del trasporto, le attività degli operatori portuali e il servizio logistico consenta di caratterizzare l’impronta di carbonio e il livello di servizio nel processo decisionale operativo.

Grazie al supporto scientifico della Brunel University di Londra sono state esaminate le pratiche decisionali correnti durante la navigazione da parte di ARKAS – la compagnia di navigazione turca partner del progetto – per sviluppare una profonda comprensione del problema, testare e validare la strumento e diffonderne i risultati all’industria e all’università.

Secondo i suoi promotori, lo strumento di supporto decisionale “contribuirà a ridurre l’impatto ambientale, alla prosperità economica del trasporto marittimo in Europa e nel mondo e alla transizione dell’Europa verso un’economia a basse emissioni di carbonio.”

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