Obiettivo rinnovabili 2030, l’industria europea si affida alla presidenza austriaca

In vista della presidenza di turno dell’Ue da luglio, le principali organizzazioni di settore delle rinnovabili chiedono all'Austria un ruolo di forte guida nella definizione del Clean Energy Package, specificando alcune richieste fondamentali per lo sviluppo del comparto.

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Una coalizione di industrie del settore delle rinnovabili ha inviato una lettera aperta (allegata in basso) al governo austriaco che avrà l’impegno della presidenza semestrale dell’Unione europea a partire dal 1° luglio. La principale richiesta è di sostenere un obiettivo al 2030 di almeno il 35% di energie pulite.

L’argomentazione fornita dalle associazioni di settore è che solo un target simile consentirebbe di avere una maggiore stabilità del quadro di riferimento in vista dei futuri investimenti.

Le organizzazioni spiegano come esse impieghino nell’Ue già oltre 1,1 milione di addetti con l’obiettivo di triplicarli entro il 2030, se verrà spinta una transizione energetica in grado di consentire anche la prossima rivoluzione industriale nel continente.

Una rivoluzione capace di decarbonizzare settori chiave come i trasporti e l’edilizia grazie anche agli sviluppi della digitalizzazione e degli accumuli.

Per cogliere queste opportunità servono sforzi più intensi, spiegano gli stakeholder europei, e per questo si affidano alla presidenza austriaca, anche per la sua riconosciuta sensibilità in questo comparto, chiedendole di assumere un ruolo di vera guida nella definizione dei contenuti e degli obiettivi del Clean Energy Package.

In particolare chiedono di mantenere la priorità di accesso e di dispacciamento per gli impianti di piccola taglia e quelli esistenti e di favorire la diffusione dell’autoconsumo, perché parte essenziale del futuro energetico basato sulla decentralizzazione della produzione energetica e sulla mobilità elettrica.

Inoltre gli operatori vogliono che venga difeso il limite di emissioni di 550 gCO2 per kWh previsto per il meccanismo della capacità in modo da garantire che i mercati delle capacità non siano rigidi, ma piuttosto consentano di ammettere le fonti rinnovabili, riconoscendo loro un compenso economico.

Questo criterio escluderebbe di fatto le centrali a carbone dal meccanismo di remunerazione della potenza flessibile. Ma il pericolo è che il Consiglio, dunque i governi, voglia posticiparlo al 2026 e annacquarlo con alcune modifiche, contrariamente a quanto proposto dal Parlamento europeo.

Gli industriali delle rinnovabili chiedono inoltre che vi sia più visibilità delle rinnovabili negli usi termici e per il raffrescamento, definendo anche per questo target delle politiche ambiziose nell’ottica di un reale processo di decarbonizzazione per metà secolo.

Infine, si puntualizza che un chiaro segnale di lungo termine per ulteriori investimenti e innovazioni nelle tecnologie pulite in Europa possa essere rappresentato da un forte prezzo del carbonio.

Queste policy non dovranno essere disgiunte anche da politiche energetiche capaci di rimuovere gli attuali sussidi alle fonti fossili.

Le organizzazioni firmatarie dell’appello al ministro austriaco della Sostenibilità e del Turismo, Elisabeth Köstinger, sono Egec (geotermia), Estela (solare termodinamico), Epha (pompe di calore), Ocean Energy Europe, Solar Heat Europe, solar Power Europe (fotovoltaico), Aebiom (biomasse), Eba (biogas), Eurec (associazione dei centri ricerca europei sulle rinnovabili).

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