Il gas rinnovabile per la transizione energetica che si può fare in Europa

Un potenziale di biometano e idrogeno rinnovabile in Europa per un totale di 122 mld di m3 all'anno entro metà secolo potrebbe far risparmiare fino a 138 miliardi l'anno. I settori di utilizzo e il risparmio di costi. Ma nel report di Gas for Climate ci sono un paio di punti che non convincono.

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Il gas prodotto da fonti rinnovabili, utilizzato nelle infrastrutture giù esistenti, può avere un ruolo rilevante nell’abbattimento delle emissioni in Europa entro il 2050, garantendo un risparmio di 138 miliardi di euro l’anno.

Come ci si può arrivare lo spiega un nuovo studio del consorzio Gas for Climate, di cui avevamo accennato nel resoconto di Biogas Italy 2018.

Il consorzio, operativo dal 2017, riunisce sette aziende europee attive nel trasporto di gas naturale – Snam, Enagás, Fluxys, Gasunie, GRTgaz, Open Grid Europe e TIGF – e due associazioni che operano nel settore del gas rinnovabile (Consorzio Italiano Biogas e European Biogas Association).

Lo studio, “Gas for Climate. How gas can help to achieve the Paris Agreement target in an affordable way” (allegato in basso), commissionato a Ecofys, società di consulenza del gruppo Navigant specializzata in nuove energie e tematiche ambientali, si concentra sul ruolo del gas in un sistema energetico a zero emissioni nette.

Una stima considera la possibilità di produrre almeno 98 miliardi di metri cubi di biometano, in grado di soddisfare un fabbisogno di 1.072 TWh all’anno entro il 2050. Il contributo del biometano è stato calcolato in base a uno scenario conservativo sull’utilizzo sostenibile del potenziale europeo prodotto dalla digestione anaerobica di biomasse agricole e altri rifiuti organici, oltre che dalla gassificazione termica di residui legnosi.

In aggiunta esisterebbe un potenziale di 24 mld di m3 di idrogeno rinnovabile generato da impianti solari ed eolici e dal metano sintetico prodotto da idrogeno rinnovabile. Il potenziale totale quindi sarebbe di 122 mld di m3 di gas rinnovabile per anno a metà secolo.

In che comparti sarà utilizzata questa risorsa energetica?

Secondo Ecofys la gran parte sarà destinata al riscaldamento degli edifici e alla generazione elettrica (72 mld m3); una quantità pari a circa 5 mld di m3 verrebbe usata nel trasporto pesante (via mare e terra) e circa 45 mld di m3 saranno destinati all’industria (vedi grafico), in accordo con lo scenario della IEA B2DS; un quantitativo tale da riuscire a decarbonizzare questo settore a metà secolo, nonostante il report di Ecofys non indichi il risparmio di costi per questo passaggio.

Gli autori del documento hanno elaborato alcuni dati relativi al risparmio dei costi che potrebbero essere quantificati utilizzando 77 mld di m3 di biometano e idrogeno, quindi escludendo dal modello solo gli usi industriali.

Per il settore dei trasporti pesanti il costo sarebbe simile a quello dei biocarburanti, mentre per l’uso dei rimanenti 72 mld di m3 si avrebbe un risparmio economico di 138 miliardi di euro per anno, entro il 2050, se confrontato con il costo della decarbonizzazione del sistema energetico che non preveda il gas rinnovabile. Il risparmio per ciascuna famiglia europea è valutato in 600 €/anno.

Il beneficio principale, spiegano gli autori dello studio è da ricercare nel poter evitare i costi legati alla costruzione e alla gestione di impianti energetici necessari a soddisfare i picchi di richiesta di elettricità.

Nel grafico la quantità di gas rinnovabile in Europa al 2050 e i risparmi per metro cubo utilizzato, in confronto ad un tradizionale uso di gas naturale.

Lo studio ritiene che una transizione energetica sostenibile debba combinare l’elettricità rinnovabile insieme al gas rinnovabile, visti i vantaggi economici che potrebbe consentire la seconda opzione, oltre a generare benefici non secondari, come la sicurezza energetica e il rafforzamento dell’economia agricola. Insomma, si afferma, un optimum socio-economico.

Due aspetti non convincono in questo report. Il primo il fatto che si spiega che questa transizione sarà possibile combinando la combustione del gas naturale all’utilizzo di tecniche di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) oppure di cattura e utilizzo del carbonio (CCU), senza però fornire dati analitici sui costi di questo processo, visto che queste tecnologie hanno un elevato grado di incertezza alla luce della loro scarsa affidabilità tecnica e accettazione sociale.

Il secondo è un vero e proprio messaggio presente nel report, che si fatica a condividere, e cioè quello di non interrompere gli investimenti in infrastrutture per il gas in Europa, perché saranno utili per la transizione low carbon nel lungo termine. Viste le società presenti nel consorzio questo punto non sorprende.

Insomma, è come dire “facciamo quegli investimenti e poi vedrete che serviranno in futuro”. Un bell’omaggio alle lobby del gas e a scatola chiusa.

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