Il modello italiano biogas-biometano: esportabile, ma ancora va spinto da noi

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Uno studio presentato a “Biogas Italy” stima che la filiera del biogas/biometano possa ridurre le emissioni, contribuire agli obiettivi sulle rinnovabili, favorire 21mila posti di lavoro e 16 mld di € in gettito per l’erario al 2030. Il comparto nazionale ha bisogno del varo del decreto biometano.

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Le aziende agricole italiane produttrici di biogas sono tra le più avanzate al mondo nel settore e la filiera italiana del biogas e del biometano in agricoltura è la seconda per grandezza in Europa e la quarta al mondo.

Su questa tema il CIB, il Consorzio Italiano Biogas, ha organizzato anche quest’anno a Roma, nelle giornate del 14 e 15 febbraio, “Biogas Italy”, che ha visto la partecipazione dei massimi esperti internazionali del settore per fare il punto sul comparto del gas rinnovabile da agricoltura.

Il CIB ha sottolineato, in un suo comunicato, l’eccellenza del “modello italiano”, riconosciuta anche dal gruppo di ricerca internazionale coordinato dal professor Bruce Dale della Michigan University, già consulente del governo statunitense, e costituito dai professori Jorge Hilbert dell’INTA Argentina, Jeremy Woods dell’Imperial College London, Tom Richard della Penn State University e Kurt Thelen della Michigan State University.

Il gruppo del professor Dale considera fattibile “esportare” il modello italiano del Biogasfattobene® per ridurre le emissioni del settore agricolo e valorizzare economicamente le aziende del comparto di altri paesi.

Secondo le stime del gruppo di lavoro, l’Argentina potrebbe sostituire completamente le importazioni di gas naturale con biogas prodotto con il metodo Biogasfattobene®. Negli USA le potenzialità di questo modello potrebbero superare del 20% quelle del gas di origine fossile.

“Il biogas non è una bioenergia come le altre – dichiara Piero Gattoni, Presidente del CIB, in quanto, se ‘fatto bene’, non solo produce energia rinnovabile e programmabile, ma diventa anche uno strumento essenziale per decarbonizzare le pratiche agricole correnti, rendendo concreta la prospettiva di un’agricoltura carbon negative. Tutto ciò è perseguibile grazie alla maggiore capacità produttiva del suolo e a pratiche agronomiche che favoriscono lo stoccaggio del carbonio nel terreno”.

Parlando di biometano, ricordiamo che si tratta di un processo di upgrading del biogas, che a sua volta si ottiene dalla digestione anaerobica di biomasse agro-industriali (sottoprodotti agricoli, reflui zootecnici, colture di integrazione) e dalla frazione organica dei rifiuti urbani provenienti dalla raccolta differenziata.

Secondo stime CIB, l’Italia sarebbe nelle condizioni di raggiungere una produzione di 10 miliardi di m3 di biometano al 2030, di cui almeno 8 da matrici agricole pari a circa il 15% dell’attuale fabbisogno annuo di gas naturale e ai due terzi della potenzialità di stoccaggio della rete nazionale. I consumi di gas naturale in Italia nel 2017 sono stati di 75,1 miliardi di metri cubi (+6% rispetto al 2016).

Uno studio presentato nel corso di “Biogas Italy” dalla società di consulenza ambientale Althesys parte da questa stima per definire uno scenario al 2050, dove un potenziamento della produzione di biometano potrebbe evitare emissioni di CO2 per 197 milioni di tonnellate.

Inoltre, valuta che lo sviluppo della filiera consentirebbe di creare, già entro il 2030, oltre 21mila posti di lavoro e di generare un gettito tributario di 16 miliardi di euro tra imposte sulle imprese e fiscalità di salari e stipendi. Le ricadute economiche complessive al 2030 si misurerebbero in 85,8 mld di €, di cui 17,7 mld € nell’uso elettrico, 15 mld € nel settore dei trasporti e 53,1 mld € grazie all’immissione nella rete.

Sempre nel corso dell’evento del CIB è stato presentato un altro studio, realizzato da Ecofys, società di consulenza energetica e climatica internazionale, e commissionato da Gas for Climate, un consorzio formato dalle principali aziende europee di trasporto di gas (Enagas, Fluxys, Gasunie, GRTgaz, Open Grid Europe, SNAM, TIGF­) e da CIB ed EBA, che riconosce il ruolo fondamentale del gas rinnovabile nel percorso di decarbonizzazione dell’economia europea.

Un impianto biogas se connesso sia con la rete gas sia con la rete elettrica – spiega l’associazione – diventa una piccola bioraffineria, flessibile e decentralizzata in grado di produrre biometano, elettricità, calore, fertilizzanti organici. Il greening della rete gas fa diventare la rete stessa un’infrastruttura che raccoglie energia rinnovabile dal territorio, la concentra, la accumula e la trasporta a costi competitivi.

L’energia può essere usata dove e quando è più conveniente e nella forma più consona, come elettricità, carburante, combustibile per i fabbisogni di calore dell’industria”.

Per valorizzare questa risorsa il Presidente del CIB Gattoni ha chiesto ai decisori un quadro normativo definito per poter effettuare gli investimenti necessari a introdurre nelle attività delle aziende agricole le tecnologie più performanti e più sostenibili a disposizione sul mercato.

Ad esempio per quanto riguarda la normativa sul biometano va ricordato che è stata impostata per la prima volta con l’approvazione del decreto interministeriale 5 dicembre 2013, che ne ha autorizzato l’utilizzo nell’autotrasporto, nella rete nazionale del gas e nella cogenerazione ad alto rendimento.

Tuttavia l’immissione nella rete nazionale del gas non è stata pienamente regolamenta e ora si attende l’approvazione di un nuovo decreto, attualmente in fase di valutazione da parte della Commissione Europea. Il decreto dovrebbe prevedere:

  • la revisione dell’intervallo temporale per l’accesso agli incentivi;
  • un target annuo minimo di immissione di biometano in rete;
  • un sistema di contabilizzazione che valorizzi maggiormente i benefici ambientali prodotti dalla digestione anaerobica.

Il varo del decreto biometano potrebbe gettare le basi per una forte crescita del comparto, spiegano dal CIB.

In Italia sono operativi quasi 2000 impianti di biogas, dei quali l’80% in ambito agricolo, con una potenza elettrica installata di circa 1.400 MW, equivalente a una produzione di biometano pari a 2,8 miliardi di metri cubi l’anno.

La filiera del biogas-biometano risulta, secondo il CIB, il settore a maggiore intensità occupazionale tra le rinnovabili con 6,7 addetti per MW installato e ha già favorito la creazione di oltre 12mila posti di lavoro stabili e specializzati.

Il CIB è un consorzio nazionale che rappresenta tutta la filiera del biogas agricolo, dai produttori di biogas, ai produttori di impianti e servizi per la produzione di biogas e biometano.

I suoi obiettivi sono la promozione, la diffusione e il coordinamento delle attività di tutto il settore del biogas in Italia. Promuove il modello del Biogasdoneright® o Biogasfattobene® come modello sostenibile e concreto per la produzione di alimenti, foraggi ed energia che nel contempo permette la decarbonizzazione del settore agricolo.

Attualmente il CIB conta quasi 800 aziende associate e più di 440 MW di capacità installata.

Per informazioni: www.consorziobiogas.it

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