Il traguardo sembrava avvicinarsi, ma una parte rilevante del calo dei consumi in realtà era dovuto alla crisi economica.
Per questo, l’obiettivo che l’Europa si era data per il 2020 – tagliare il fabbisogno di energia del 20% rispetto alle proiezioni – dopo i progressi fatti tra il 2010 e il 2014, dal 2016 è tornato ad allontanarsi.
A mostrarlo i dati diffusi oggi da Eurostat (tabella in basso): rispetto al target 2020, di 1.483 milioni di tonnellate di petrolio equivalente (Mtep) per i consumi primari e di 1.086 Mtep per quelli finali, nel 2016 il gap è risultato del 4% per i primari, arrivati a 1.543 Mtep, e del 2% per i finali, a 1.108 Mtep.
Come si vede dai grafici qui sotto, i migliori risultati si sono avuti nel 2014, con consumi primari per 1.509 Mtep, un gap del 1,7% sul target, e finali per 1.063 Mtep, dunque addirittura il 2,1% sotto all’obiettivo 2020.
Con l’uscita dalla crisi, invece, dal 2015, il trend si è invertito, anche se non siamo ai livelli del 2006, quando i consumi finali dei 28 erano a 1.840 Mtep (gap del 16,2% sul target) e quelli finali a 1.194 Mtep (gap 10%).
Nel 2016, ultimo anno per cui si hanno i dati, i consumi finali sono stati del 10,8% inferiori rispetto al picco del 2006, ma del 6,1% più alti del decennio 1996 – 2006.
Tra il 2006 e il 2016 solo Estonia e Polonia hanno registrato un aumento dei consumi, mentre i cali più sensibili sono avvenuti in Grecia (-23,6%), Malta (-22,5%) e Romania (-20,2%).
In Italia si è riscontrato nel periodo un decremento del 17,8%.
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