Le tante possibilità offerte dal Fondo nazionale per l’efficienza energetica

Il Fondo è in partenza. Favorirà il finanziamento agevolato di interventi di efficientamento energetico in edilizia, impianti di teleriscaldamento e processi produttivi soprattutto a beneficio delle imprese. Molte le ricadute anche per la PA che potrà ammodernare il proprio parco immobiliare.

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Dopo mesi di incertezze e tante battute di arresto, lo scorso 28 dicembre Carlo Calenda e Gianluca Galletti, ministri, rispettivamente, dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente, hanno firmato il decreto costitutivo per il Fondo Nazionale per l’Efficienza Energetica, di concerto con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.

Quest’atto era atteso da tempo visto che era disposto già nel decreto legislativo 102/2014 e costituisce un fondamentale tassello nell’ambito della più generale Strategia Energetica Nazionale (SEN).

Il provvedimento attuativo deve passare al controllo preventivo della Corte dei Conti prima di essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

Il decreto, infatti, mediante il Fondo promuove il finanziamento per interventi di efficientamento energetico, impianti di teleriscaldamento e processi produttivi, realizzati sia dalle imprese che dalla Pubblica Amministrazione.

Un provvedimento che è di notevole interesse visto che è indirizzato a utenze di grandi dimensioni, quelle cioè che possono ottenere i risparmi maggior sui consumi. In particolar modo per la Pubblica Amministrazione che nei passati provvedimenti non era stata seguita con la dovuta attenzione, essendosi preferita nell’ultimo decennio una politica più “market address”.

L’impostazione del nuovo decreto apre scenari inesplorati, con possibilità di intervento enormi, se ci si sofferma a spaziare sulla tipologia dell’utenza pubblica: scuole, ospedali, caserme, tribunali, uffici sia dell’amministrazione centrale che periferica.

Un tale bacino di interventi produce un triplice beneficio:

  • minor consumo energetico e, quindi minor, costi di bolletta per le amministrazioni;
  • ammodernamento infrastrutturale e miglioramento tecnologico del parco immobiliare pubblico;
  • contributo incrementale all’occupazione grazie a questi interventi.

In termini economici più generali si tratta di azioni che conducono ad una sorta di tesaurizzazione tecnologica, una ricchezza che rimarrà negli anni a venire anche, e non da ultimo, in termini di miglioramento ambientale.

Il Fondo, che sarà gestito da Invitalia, avrà natura rotativa e offrirà garanzie e finanziamenti a tasso agevolato, promuovendo il coinvolgimento di istituti finanziari e investitori privati, sulla base di un’adeguata condivisione dei rischi (fino all’80% dei prestiti erogati dalle banche).

Nella fase iniziale si potrà disporre di 150 milioni di euro, già stanziati dal MiSE, cui si aggiungeranno altri nel triennio 2018-2020.

Era forse legittimo attendersi come dotazione iniziale uno sforzo finanziario maggiore, idoneo ad innescare con modalità più sicure e ampie l’intero processo, visto che, in considerazione del bacino di utenza che sarà coinvolto, si avrà comunque una certa componente inerziale, specie nel primo biennio.

Tuttavia, considerando che si tratta di uno degli ultimi atti di un Governo a fine legislatura, è comunque una assegnazione di rilievo che, quasi certamente, potrà essere ampliata dal futuro esecutivo sia nelle risorse che nelle metodologie di finanziamento.

Il Fondo sarà alimentato con fondi messi a disposizione dal Ministero dell’Ambiente. Secondo il CESEF, Centro Studi sull’Economia e il Management dell’Efficienza Energetica, potrà attivare investimenti tra 1 e 2 miliardi di euro.

Una prima potenziale ricaduta positiva concerne il rilancio dell’ecoprestito attraverso un ampliamento del Fondo. Poi con l’entrata in vigore della Legge di Stabilità 2018 si innesta il collegamento all’ecobonus potenziandone portata ed effetti.

Facciamo un passo alla volta. La Direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia, facendo seguito alla Direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico nell’edilizia stabiliva che, entro il 31 dicembre 2020, tutti gli edifici di nuova costruzione fossero edifici a energia quasi zero e che, a partire dal 31 dicembre 2018, gli edifici di nuova costruzione occupati da enti pubblici e di proprietà di questi ultimi fossero caratterizzati dagli stessi requisiti.

L’ecoprestito era una forma di finanziamento agevolato, finalizzato ad interventi di efficientamento energetico rispondenti ai requisiti normativi di cui sopra, che ora è stato potenziato con i nuovi strumenti.

La portata di tali interventi che ne risulta è amplissima, e va dalla semplice sostituzione di finestre e infissi, alle opere murarie di pavimentazioni e mura perimetrali (cappotto termico) alla bonifica ambientale tramite la sostituzione delle coperture di cemento-amianto.

Per quanto concerne l’ecobonus, invece, la Legge di Bilancio 2018 ha ridisegnato gli incentivi sulla casa, riducendo l’aliquota di detrazione del 65% – inizialmente generalizzata a tutti gli interventi – ad aliquote differenziate, al fine di selezionare, agevolandoli, gli interventi più efficaci per il miglioramento della prestazione energetica degli edifici.

L’accensione del nuovo Fondo consentirà comunque una larga diffusione dell’incentivo, variegando la platea dei beneficiari. I più esperti effettueranno interventi più avanzati – che conservano in linea di massima la precedente aliquota; gli altri interventi più semplici, ma comunque sempre possibili grazie alle nuove risorse.

Un ruolo di rilievo lo avrà il certificatore tecnico (Enea) che valuterà la qualità dei progetti con riferimento alle migliori tecnologie e all’ adeguatezza dei costi, e soprattutto dei risparmi che si potranno ottenere.

Infine, oltre al combinato disposto dell’ecoprestito e dell’ecobonus, vi è un’ulteriore importantissima ricaduta, non ancora esplicitata, ma presente nei presupposti normativi fin qui ricordati, ossia il sovvenzionamento per gli interventi relativi alla diffusione dell’auto elettrica nella parte di recharging.

Una delle maggiori difficoltà per la diffusione dell’auto elettrica sta, infatti, nella carenza di colonnine di ricarica, pubbliche e private, e il nuovo Fondo si presta molto bene alla loro installazione domestica (garage, rimesse, cortili condominiali, ecc.), così come nei parcheggi aziendali, ma anche negli uffici pubblici.

Pur non ricoprendo l’intera casistica delle installazioni, operazione che richiederà, evidentemente una politica e una metodologia ad hoc, con il Fondo si avrà un’importante strumentazione finanziaria con la quale famiglie, imprese e PA potranno dotarsi nel tempo dell’infrastruttura necessaria per la ricarica abbinandola, in molti casi, al proprio impianto fotovoltaico o a quello condominiale.

L’era della domotica è appena cominciata …

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