Transizione ed estetica: tra storia e innovazione per l’Italia il contrasto è proficuo

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Torniamo a parlare di brandscaping: inserire soluzioni e dispositivi avanzati all'interno di tessuti urbani o stratificati da secoli o millenni di storia potrebbe essere un'occasione di rilancio per il nostro Paese e il suo tessuto produttivo. Ecco perché l'Italia è il luogo ideale per esplorare l'infinita gamma di soluzioni applicative legate alle nuove tecnologie.

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Il valore unico e inestimabile del patrimonio storico artistico e architettonico delle città e dei territori italiani può costituire un vantaggio per il Paese nel corso della transizione energetica?

Per rispondere a questa domanda è necessario tornare sul concetto di brandscape.

La cultura contemporanea si alimenta di conflitti e contraddizioni, vive sospesa tra il passato il futuro.

I poli propulsivi del pensiero dominante sono quelle città o quei cluster produttivi capaci di conciliare il retaggio di una storia millenaria con una visione chiara del futuro.

I simboli dell’egemonia morale culturale sono quegli oggetti capaci di incarnare il gusto per il nuovo e la passione per la scoperta e integrarli con richiami estetici e concettuali nella tradizione che li ha partoriti.

Prodotti come l‘iPhone, dalle linee ispirate al razionalismo e funzionalismo del Bauhaus, ma con funzionalità proiettate verso un futuro iperveloce e iperconnesso, o modelli di business come quello di Elon Musk, che attualizza la kalokagathia platonica (l’ideale della perfezione materiale e morale), sono eloquenti esempi di strategie commerciali e industriali capaci di sfruttare questa dinamica sotto il profilo economico e sociale.

La transizione energetica è uno strumento ideale per innescare un proficuo contrasto estetico e concettuale tra passato e futuro. Riuscire a inserire soluzioni e dispositivi avanzati all’interno di tessuti urbani o territori stratificati da secoli o millenni di storia, integrandoli nel sistema valoriale e culturale che quel patrimonio storico artistico e architettonico rappresenta, potrebbe essere un’occasione unica di rilancio per il Paese e il suo tessuto produttivo.

L’Italia e il suo sistema imprenditoriale, però, devono prendere coscienza di questa opportunità irripetibile, e mettere a frutto creatività e dinamismo che li contraddistinguono se vogliono diventare un modello globale di progresso etico e sostenibile.

Le dimensioni dell’economia nazionale e del tessuto produttivo non permettono al Paese di competere nei settori core (produzione, stoccaggio) della transizione energetica con colossi come gli Stati Uniti, la Cina o la Germania. Tuttavia, rendono l’Italia un soggetto ideale per esplorare l’infinita gamma di soluzioni applicative legate alle nuove tecnologie. Oltretutto, in uno dei palcoscenici più evocativi e spettacolari del pianeta.

Le sfide poste dalla ricchezza delle città, dei borghi e dei territori italiani, e dai fragili equilibri che li governano, infatti, sono lo stimolo che può proiettare l’Italia verso una leadership culturale, ideale ma anche industriale, riconosciuta a livello globale.

Immaginare modelli di mobilità compatibili con tessuti urbani complessi, concepiti ben prima dell’avvento della rivoluzione delle macchine; progettare sistemi di riciclaggio e riutilizzo dei rifiuti capaci di stimolare l’attività industriale e commerciale in realtà economiche avanzate, ricche di opportunità ma dal notevole grado di complessità; riuscire ad assicurare una capacità di resilienza nei confronti dell’inquinamento atmosferico e del cambiamento climatico a territori contraddistinti da una biodiversità tra le più ricche a livello globale e a comunità caratterizzate da un’aspettativa e una qualità della vita tra le più alte al mondo.

E ancora, coltivare una cultura dell’efficienza energetica, carbonica e nello sfruttamento delle risorse in grado di produrre uno sviluppo strutturale e infrastrutturale di città e territori frastagliati e disomogenei, contrassegnati da tradizioni e modelli di sviluppo peculiari; integrare dispositivi tecnologici sofisticati e potenzialmente invasivi in contesti architettonici e/o naturalistici di inestimabile valore e delicatezza con il minimo compromesso funzionale, infatti, offrirebbe numerose risposte a tante delle domande che assillano tutte le economie più sviluppate del pianeta.

La chiave per centrare obbiettivi così ambiziosi è sfruttare e premiare la diversità, avere la lungimiranza di valutare investimenti e progetti all’interno di un modello sociale, culturale ed economico che tenga in conto le variabili legate all’economia della conoscenza e a quella dell’esperienza, che sappia valorizzare ingegno, creatività e bellezza al di là delle economie di scala.

Parafrasando due degli scritti più celebri dell’archistar e filosofo dell’architettura Rem Koolhaas (Bigness e Junkspace), le città, i borghi e i territori italiani devono rifuggire la Bigness, e cioè il gigantismo come unica forma di identità, e scommettere sull’infinita varietà di possibilità fornite dal Junkspace, ossia dallo spazio-spazzatura che riempie i vuoti tra le identità ben definite (edifici e luoghi simbolici, monumenti, infrastrutture), plasmato da quella rete di interazioni “assolutamente caotica e paurosamente asettica” che è generata dalle attività produttive e dalle sue dinamiche: gli esercizi commerciali, le strade, i complessi residenziali, gli spazi abbandonati.

La rete di piccole e medie imprese, di startup innovative e di professionisti della creatività possono essere la risorsa in grado di integrare il vantaggio competitivo italiano.

La rete di competenze e know how, il portafoglio brevetti detenuto dal tessuto imprenditoriale nazionale, la capacità di immaginare il futuro e plasmarlo sono caratteristiche riconosciute a livello globale del sistema produttivo italiano che si combinano perfettamente con le necessità della transizione energetica e, contemporaneamente e parallelamente, con quelle della valorizzazione di città e territori così articolati.

E le istituzioni italiane, piuttosto che inseguire le sirene di un modello di sviluppo poco consono alle dimensioni dell’economia e del tessuto produttivo nazionale, dovrebbero garantire la cornice normativa e le risorse finanziarie adeguate a sostenere le ambizioni e le potenzialità delle realtà più creative e innovative.

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