Il global warming in tribunale: quando i cittadini chiedono i danni a Stati e industria fossile

Sempre più spesso, in varie parti del mondo, privati si stanno rivolgendo alla giustizia per essere tutelati dagli effetti dei cambiamenti climatici, chiedendo che si imponga a chi ne è responsabile di risarcire i danni e agire per tagliare le emissioni. Un report e tre casi che si decideranno nel 2018.

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I danni ormai li abbiamo sotto agli occhi ogni giorno: alluvioni, siccità anomale, produzioni agricole sconvolte, eventi meteorologici estremi con le relative devastazioni e ricadute sanitarie. Di chi è la responsabilità e a chi possiamo chiedere un risarcimento?

A questa situazione siamo arrivati perché si è emessa e si continua ad emettere troppa CO2: sul banco degli imputati, dunque, deve andare chi continua a guadagnare rilasciandola in atmosfera e chi non fa abbastanza per impedirlo.

Per questo, sempre più spesso, in varie parti del mondo, gruppi di cittadini si stanno rivolgendo ai tribunali per avere giustizia nei confronti di governi e industria fossile.

Secondo un report firmato UNEP e Columbia Law School (allegato in basso), a marzo 2017 erano in corso 900 processi per danni da cambiamento climatico, in 24 diversi Paesi.

A fare da traino, riporta un approfondimento uscito nei giorni scorsi su Deutsche Welle, è stata la pronuncia di un tribunale olandese, cui si erano appellati 900 cittadini rappresentati dall’Urgenda Foundation.

Lo Stato deve fare di più per prevenire l’imminente pericolo costituito dal cambiamento climatico, anche alla luce del suo dovere di proteggere e migliorare l’ecosistema”, si legge nella sentenza (traduzione nostra, allegato in basso).

Per questo i giudici olandesi hanno imposto al governo di tagliare le emissioni almeno del 25% entro il 2020 (rispetto ai livelli del 1990) e di essere più attivo sulla questione clima.

Se l’esecutivo di Amsterdam ha intrapreso passi concreti, come la decisione di chiudere con il carbone, dall’altra parte ha anche presentato ricorso contro la decisione del tribunale e il nuovo processo inizierà a maggio 2018.

Intanto sull’onda della vicenda olandese, sempre nel 2015, negli Usa iniziava un altro caso, ancora in corso, che vede 21 ragazze e ragazzi tra i 10 e i 21 anni, appoggiati dal noto climatologo James Hansen, fare causa al governo federale per i danni subiti personalmente a causa del global warming.

I 21, infatti, in un modo o nell’altro hanno tutti pagato in prima persona gli effetti del clima impazzito: chi perché vive in fattorie colpite dalla siccità, chi ha perso la casa per eventi meteo estremi, chi sta avendo problemi di salute dovuti agli effetti degli incendi forestali e via dicendo.

Nella controversia, nota come “Juliana vs. US“, i giovani accusano il governo di aver leso i loro diritti costituzionali alla vita e alla libertà per il fatto di non aver agito adeguatamente contro l’effetto serra e non aver protetto quanto serviva risorse pubbliche vitali alla sopravvivenza quali l’aria e l’acqua.

In una prima pronuncia, la corte distrettuale dell’Oregon cui i ragazzi si sono rivolti, ha ritenuto fondato il loro argomento secondo il quale il governo “sapeva da oltre 50 anni che l’anidride carbonica prodotta bruciando combustibili fossili stava destabilizzando il sistema climatico con conseguenze che avrebbero messo significativamente in pericolo i ricorrenti e con un danno che durerà millenni” (traduzione nostra, pronuncia in basso).

Per questo, nonostante gli appelli delle lobby e della Casa Bianca stessa affinché il procedimento venisse fermato, la corte ha deciso che si proceda con il giudizio, che dovrebbe tenersi a febbraio di quest’anno.

Non sono però solo i governi ad essere messi sotto accusa: un contadino e guida alpina peruviano sta riuscendo a portare davanti a un tribunale tedesco la sua richiesta di risarcimento a RWE per i danni che lui e la sua comunità hanno subito in conseguenza (anche) delle emissioni rilasciate dal gigante energetico, molto attivo nella produzione da carbone.

Saúl Lliuya, residente a Huaraz, nell’ovest del Perù fa infatti presente che la sua famiglia e gran parte della città, che conta circa 120mila abitanti, stanno affrontando le conseguenze degli allagamenti dovuti allo scioglimento del ghiacciaio a monte dell’abitato andino.

Essendo lo scioglimento del ghiacciaio dovuto al global warming, causato dalle emissioni di CO2 dell’industria fossile, Lliuya pretende che RWE risarcisca la parte di danno cui ha contribuito.

Dato che l’azienda pesa per circa lo 0,5% delle emissioni mondiali, secondo la sua tesi, dovrebbe pagare un’analoga quota delle spese necessarie a proteggere Huaraz dagli effetti del clima impazzito: chiede dunque a RWE circa 23.000 euro in totale.

Una corte tedesca ha già stabilito che il caso è ammissibile e il procedimento dovrebbe iniziare nel corso del 2018.

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