Dai residui delle biomasse un bio-olio per le caldaie domestiche

  • 4 Gennaio 2018

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Secondo i primi risultati del progetto europeo “Residue2Heat", mediante il processo di pirolisi veloce i residui della biomassa possono essere trasformati in un biocarburante di seconda generazione adatto alla combustione in una caldaia domestica opportunamente modificata.

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Utilizzare vari flussi di residui della biomassa per la generazione di calore nelle abitazioni. Questo l’obiettivo del progetto di ricerca dell’Unione Europea “Residue2Heat“.

Un progetto, finanziato all’interno del programma europeo Horizon 2020, che vede, tra gli altri, la partecipazione del Politecnico di Milano.

La pirolisi veloce

Secondo un’analisi condotta nell’ambito di Residue2Heat, mediante il processo di pirolisi veloce (nella foto in alto il “burner” utilizzato nel processo di pirolisi) – spiega una nota ufficiale sul programma – i residui della biomassa sono trasformati in un bio-olio (FPBO), un biocarburante di seconda generazione adatto alla combustione in una caldaia domestica opportunamente modificata.

Nel grafico di seguito, realizzato dagli studiosi che lavorano al progetto, viene raffigurato il processo sopra descritto.

È possibile in questo modo ottenere una riduzione tra il 77% e il 95% delle emissioni a seconda delle materie prime utilizzate per tale bio-olio. Tali valori rivelano che sono soddisfatti i requisiti relativi alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra dell’attuale direttiva europea sulle energie rinnovabili (RED) nonché quelli della direttiva futura (RED II).

Il rischio di sostenibilità

Alcune analisi hanno indagato sul rischio di sostenibilità per la produzione di olio da pirolisi basata sui residui forestali e la combustione in una caldaia domestica di piccola scala.

Nelle ricerche sono state incluse varie materie prime, quali paglia di cereale, cortecce e miscanthus. In principio, tutte le materie prime analizzate possono essere applicate in modo sostenibile per il riscaldamento residenziale attraverso il bio-olio.

Sono stati identificati alcuni possibili rischi che devono essere monitorati e tenuti in considerazione nell’applicazione di queste materie prime, ad esempio mediante certificazione della sostenibilità:

  • Stock di carbonio: mantenere bilanciato il tenore di carbonio nei suoli in seguito alla raccolta;
  • Cambiamento indiretto della destinazione dei terreni: la coltivazione non deve sostituire la produzione alimentare;
  • Biodiversità: mantenere la qualità del suolo e i nutrienti quando si utilizzano i residui di biomassa;
  • Uso a cascata delle biomasse: applicare le biomasse (residue) per i prodotti e il consumo diretto di energia.

In prospettiva

L’obiettivo a lungo termine del progetto “Residue2Heat” è produrre il bio-olio attraverso i residui agricoli e forestali che non possono essere usati per la produzione di alimenti e mangimi e non comportano un cambiamento indiretto della destinazione dei terreni.

L’approccio concettuale – si spiega – mira a ottenere biomasse locali, convertirle in bio-olio in strutture produttive relativamente piccole con una capacità di trasformazione tra le 20.000 e le 40.000 tonnellate di biomassa all’anno e distribuire il combustibile a livello locale ai consumatori finali.

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