L’incidente in Austria e il “nodo” del Tap: l’Italia del gas è al sicuro?

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Con il momentaneo stop del flusso di gas naturale dalla Russia, a causa dell’esplosione nell’impianto di Baumgarten, tornano alla ribalta i dubbi sulla sicurezza degli approvvigionamenti italiani di combustibile. Le dichiarazioni del ministro Carlo Calenda, gli esiti dei test europei e le soluzioni da vagliare.

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L’incidente avvenuto qualche ora fa nel nodo austriaco del gas di Baumgarten, con un’esplosione seguita da un incendio (per ora mancano notizie più precise sulle cause: il bilancio è di un morto e diversi feriti tra gli addetti dell’impianto) ha ripresentato tutti gli interrogativi sulla “tenuta” del sistema energetico italiano, emersi da una settimana a questa parte.

Il freddo intenso, la domanda di gas in aumento e la parziale indisponibilità del combustibile assicurato dal Tenp-Transitgas, per lavori di manutenzione sul tratto tedesco, sono i fattori che hanno spinto il ministero dello Sviluppo economico a dichiarare, già nei giorni scorsi, lo stato di pre-allarme.

Nelle note diffuse in queste ore da Snam e dal MiSE, si legge che l’importazione di gas dalla Russia attraverso il centro di Baumgarten è stata temporaneamente interrotta e che le condizioni di sicurezza per il nostro paese sono garantite dagli stoccaggi nazionali.

N.B. aggiornamento alle ore 21 il CEO di Snam, Marco Alverà, ha reso noto che “in base alle informazioni disponibili le tre linee del TAG (Trans Austria Gasleitung), il gasdotto che porta il gas russo in Italia, non sono state impattate e ci aspettiamo il riavvio dei flussi per la mezzanotte di oggi“, ricordando che “il sistema gas italiano è tra i più sicuri al mondo grazie alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento, all’ampia disponibilità di stoccaggio e ai piani di emergenza elaborati dal MISE, molto apprezzati in Europa”.

Il ministero intanto ha dichiarato lo stato di emergenza, come aveva annunciato Carlo Calenda nel suo primo commento sull’incidente in Austria: “Questo vuol dire che abbiamo un problema serio di forniture, con una grande concentrazione dalla Russia. Il gasdotto Tap serve a questo: se avessimo il Tap non dovremmo dichiarare, come faremo oggi, lo stato di emergenza”.

La necessità di costruire nuove infrastrutture per l’approvvigionamento di gas, in particolare della Trans Adriatic Pipeline che trasporterà il combustibile dall’Azerbaijan direttamente in Italia, è stata ripetuta durante la presentazione, a metà novembre, della Strategia energetica nazionale (vedi QualEnergia.it).

Che le forniture italiane di gas siano Russia-dipendenti non è certo una novità: logico, quindi, che Calenda, dopo l’incidente austriaco, abbia affermato che è indispensabile e urgente variare le rotte d’importazione, anche attraverso il Tap.

Ma quanto serio è il problema? Quanto dureranno gli stoccaggi?   “La sicurezza del sistema italiano è  garantita”, ha rassicurato subito Snam . “Allo stato attuale – ci ricorda Davide Tabarelli di Nomisma Energia, sentito da QualEnergia.it – grazie ai passati investimenti Eni abbiamo uno degli stoccaggi più abbondanti in Europa”.

“Considerando che dalla Russia importiamo circa 100 milioni di metri cubi al giorno (nei periodi invernali, ndr) e che oltre che della disponibilità, si deve tener conto anche del fattore della pressione dei gasdotti, fino a 15 giorni di interruzione non dovremo avere problemi. Oltre questo periodo il piano di emergenza prevede razionamenti a partire dai clienti industriali e dal termoelettrico, mentre i domestici sarebbero toccati solo in caso di estrema necessità”, spiega l’esperto.”

Quanto ai prezzi, spiega Tabarelli, “ricordiamo che già il preallarme lanciato nei giorni scorsi dal Governo li aveva fatti salire, portandoli da 18 a circa 22 euro a MWh, questa sera dopo qualche punta fino a 70 euro però i valori sembrano già essere rientrati, sui 23-23 euro”.

Certo la velocità con cui la crisi si risolverà sarà determinate per capire l’evoluzione dei valori, anche sul mercato elettrico, per il quale si prevedevano comunque aumenti.

Oggi sull’ MGP della Borsa elettrica il PUN ha toccato il record 110 euro MWh: secondo Tabarelli un eventuale prolungarsi dei problemi di fornitura del gas potrebbero spingere l’aumento delle bollette oltre il 2-3% comunque previsto per il prossimo trimestre, mentre a livello di parco di generazione la situazione potrebbe ridare fiato al carbone, come già accaduto l’anno scorso con il fermo del parco nucleare francese.

Tornando alla questione sicurezza e Tap, il prof. Luigi De Paoli, docente di economia dell’energia presso l’Università Bocconi, sentito da QualEnergia.it, pur non entrando nel merito delle dichiarazioni di Calenda, fa notare, per prima cosa, che l’Italia ha passato i test di sicurezza europei.

In sintesi (vedi l’articolo di QualEnergia.it sui diversi scenari di rischio), in caso di parziali o totali interruzioni, anche prolungate, del flusso di gas dalla Russia o da un altro paese fornitore, non ci sarebbero particolari problemi per la rete nazionale, che potrebbe contare sugli stoccaggi e su altre misure previste dai piani di emergenza, tra cui la riduzione dei prelievi dei clienti industriali, il minore utilizzo di tale risorsa per la generazione elettrica e così via.

Inoltre, osserva De Paoli, un conto è far arrivare più gas in una determinata zona del nostro paese, in Puglia nel caso specifico di Tap, un altro è riuscire a sfruttare quel gas aggiuntivo nelle regioni settentrionali, nell’eventualità di un incidente come quello austriaco, perché andrebbe potenziata la capacità di trasporto e distribuzione sulla dorsale adriatica.

A ben vedere, quindi, per rispondere alla domanda che ci eravamo posti qualche mese fa (QualEnergia.it, Ma almeno ci serve il gasdotto Tap?), bisogna inquadrare il discorso in un contesto ben più ampio di quello evocato da Calenda, collegato allo sviluppo delle rinnovabili, dell’efficienza energetica, della prevista produzione nazionale di bio-metano e altri fattori (ad esempio il mercato del GNL).

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