Perché Londra “frena” fino al 2025 sulle rinnovabili

Il Budget 2017 presentato dal ministro delle Finanze britannico prevede di bloccare nuovi sussidi alle tecnologie pulite nei prossimi anni, finché il costo complessivo delle misure di sostegno non inizierà a diminuire. Qualche incertezza anche sulla futura entità della tassa sul carbonio. Il paradosso del progetto nucleare di Hinkley Point.

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Lo sviluppo delle fonti rinnovabili è a rischio in Gran Bretagna nei prossimi anni?

Sul Budget 2017 presentato dal ministro inglese delle Finanze, Philip Hammond, si sono concentrate molte critiche da parte dell’industria verde, preoccupata dall’impostazione generale del provvedimento.

L’obiettivo del governo è mantenere i costi dell’energia il più bassi possibile; pertanto, evidenzia il documento, non ci saranno nuovi sussidi per le tecnologie pulite fino al 2025, quando il costo complessivo delle diverse misure di sostegno alle rinnovabili (tariffe feed-in, Contracts for Difference, Renewables Obligation), secondo le proiezioni del Tesoro, avrà iniziato a diminuire, come chiarisce il grafico sotto.

Un obiettivo che però contrasta con il maxi progetto nucleare di Hinkley Point, che sarà molto più oneroso del previsto, soprattutto se Londra non deciderà di rivedere il contratto con EDF.

Nella nota, Londra ha specificato che non farà alcuna marcia indietro sugli impegni previsti dalla Clean Growth Strategy, salvando così tutti i sussidi esistenti, compresi 557 milioni di sterline da destinare a nuove aste regolate dai “contratti per differenza”, dove le rinnovabili hanno raggiunto valori molto competitivi in confronto alle risorse energetiche tradizionali, come gas e nucleare (articolo di QualEnergia.it sui risultati dell’asta di settembre).

La lobby inglese delle rinnovabili, Renewable Energy Association, si chiede quale sarà il futuro delle fonti pulite dopo il 2020, quando sarà terminato il ciclo di aste già pianificato.

C’è molta incertezza sul percorso che la Gran Bretagna vorrà seguire per decarbonizzare il sistema energetico. “L’eolico sulla terraferma e il solare – si legge in una nota dell’associazione – sono già più economici dei nuovi impianti a gas e abbiamo visto notevoli riduzioni dei costi nell’eolico offshore e nelle biomasse”.

Di recente abbiamo osservato che proprio in Gran Bretagna è stato costruito un parco FV con batterie integrate che non percepirà alcun incentivo, perché la sua sostenibilità economica è data non solo dalla vendita di energia elettrica, ma anche dalla fornitura di servizi alla rete attraverso lo storage (vedi QualEnergia.it).

Difatti, osserva la Solar Trade Association (STA) in un documento sul Budget autunnale predisposto dal Tesoro, gli operatori del solare non cercano nuovi sussidi, ma chiedono di poter giocare alla pari con le altre tecnologie di generazione elettrica, in termini di accesso al mercato e di trattamento fiscale.

Tra le richieste di maggiore rilievo:

  • Iva ridotta del 5% per tutti i sistemi di accumulo, sia per gli impianti FV di nuova installazione sia per quelli esistenti (retrofit).
  • Definire un meccanismo di aste a sussidi-zero (subsidy free) con contratti CfD riservati alle fonti pulite più mature, compreso il fotovoltaico di grande taglia.
  • Mantenere la tassa sul carbonio fino al 2025 (carbon floor price, da sommare al costo della CO2 sul mercato europeo ETS: oggi è pari a 18 sterline per tonnellata di anidiride carbonica) e precisare come il governo intende rafforzare questa tassa secondo diverse variabili, in particolare l’andamento futuro dell’ETS e il progressivo abbandono delle centrali a carbone.

Tra le misure accolte con favore, invece, troviamo 400 milioni di sterline per finanziare la realizzazione di reti di ricarica per le vetture elettriche.

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