Duro attacco alle biomasse dalla lobby del gas: “no all’ecobonus”

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Anigas, Assogas e Assogasliquidi chiedono ai ministeri competenti di non confermare le detrazioni fiscali per le caldaie e stufe a legna e pellet, mantenendo invece al 65% lo sgravio per le caldaie a condensazione. La battaglia sulle emissioni tra il settore dei combustibili gassosi e quello delle biomasse.

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Per Anigas, Assogas e Assogasliquidi non si devono confermare per il 2018 le detrazioni fiscali per le caldaie a biomasse e mantenere invece al 65% lo sgravio per le caldaie a condensazione, al contrario di quanto uscito dalla bozza di Legge di Bilancio a breve in discussione al Senato (vedi QualEnergia.it).

La richiesta è scritta nero su bianco in una lettera indirizzata ai ministri dell’Economia, dello Sviluppo Economico, dell’Ambiente.

Per le associazioni mantenere l’incentivo alle caldaie e stufe a biomasse andrebbe in direzione contraria a quanto indicato dalla SEN che chiede un ridimensionamento del settore, alla luce di alcuni studi che evidenziano come gli apparecchi a legno e a pellet siano causa di inquinamento atmosferico, segnatamente per la produzione di particolato, molto più dei combustibili gassosi.

Le associazioni ritengono poi che non è giusto che l’ecobonus possa essere applicato per le caldaie e stufe a biomasse sia per le sostituzioni che per le nuove realizzazioni, mentre per le caldaie a condensazione l’incentivo vale solo per chi cambia il vecchio impianto termico.

Anigas, Assogas e Assogasliquidi ricordano poi che, comunque, la sostituzione degli impianti più obsoleti rimarrebbe incentivata dal Conto Termico.

A parte il significativo ruolo che le biomasse dovrebbero invece acquisire nei consumi finali lordi al 2030 nel mix di fonti rinnovabili (obiettivo indicato dalla SEN è il 28-30% ed oggi siamo al 19,2%), va detto che molti studi sulle emissioni inquinanti legate alle biomasse termiche trascurano il fatto che la gran parte del PM10 da riscaldamento provenga da impianti obsoleti, camini aperti, incendi sui campi, eccetera.

Negli ultimi 10 anni la tecnologia ha invece sviluppato macchine molto affidabili anche per l’impatto sulla qualità dell’aria. AIEL, ad esempio, ha creato lo schema di certificazione volontario Aria Pulita, che attesta in modo semplice e trasparente la qualità ambientale degli apparecchi in termini di riduzione delle emissioni di particolato. Uno schema che è tenuto in considerazione ad esempio dalla Regione Lombardia.

Se l’ecobonus, alla stregua del conto termico, considerasse standard elevati per un “cambio tecnologico“, se ne avvantaggerebbe sia l’aria che l’industria nazionale di questi apparecchi.

Ci sono in Italia molte aree non metanizzate che potrebbero far uso di caldaie a pellet e legno. Purtroppo, per parlare di incongruenze normative, c’è una norma del conto termico che gioca invece già contro le biomasse: non è possibile infatti usufruire dell’incentivo se si va in sostituzione di impianti di riscaldamento alimentati a Gpl.

Tornando alle emissioni, uno studio appena presentato, al quale fanno riferimento le tre associazioni del gas, è quello di Innovhub-Stazioni Sperimentali per l’Industria della Camera di Commercio Metropolitana di Milano Monza-Brianza Lodi (“Studio comparativo sulle emissioni da apparecchi a gas, GPL, gasolio e pellet ed effetto dell’invecchiamento”).

Lo studio mette in evidenza, e solo per gli impianti alimentati a pellet, variazioni dei livelli di emissione dei diversi inquinanti (particolato, CO e Benzo(a)pirene) a seguito dell’invecchiamento degli apparecchi, dopo un periodo di funzionamento anche di soli due anni termici con un intervento di manutenzione tra il primo e secondo.

Lo studio ha evidenziato che le stufe a pellet subiscono una degenerazione delle prestazioni in termini di monossido di carbonio (CO) e incrementi marcati di particolato (PM); inoltre ci sono variazioni più nette di Benzo(a)Pirene e di altri Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) con incrementi da quasi 40 a oltre 80 volte rispetto al valore rilevato inizialmente.

Dal canto suo AIEL da tempo ritiene che sui dati delle emissioni di particolato prodotte dalla combustione domestica di biomasse in Italia ci siano forti lacune e discrepanze rispetto alla realtà. E che mettere sul banco degli imputati i generatori domestici più performanti (circa il 10-20% del totale) sia scorretto (Quali emissioni di PM10 prodotte dalla combustione domestica di legna e pellet?  e Emissioni ed omissioni, le polveri sottili dalla combustione domestica di legna e pellet).

Insomma non si possono mettere sullo stesso piano – secondo l’AIEL – un caminetto aperto con una stufa a pellet o a legna di ultima generazione o con una moderna caldaia.

Va aggiunto che fare controlli sull’origine delle varie polveri e sulla loro tossicità resta ancora molto complesso. Abbiamo visto che in questi giorni con gli impianti di riscaldamento spenti il livello di particolato nell’area della pianura padana aveva superato nettamente i limiti.

Di certo utilizzare le biomasse è utile ed è anche un modo economicamente efficiente per ridurre le emissioni di CO2 e quindi l’impatto dei cambiamenti climatici. Ma chi usa le biomasse per scaldarsi lo deve fare sempre con consapevolezza e responsabilità.

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