Storage, Bruxelles vuole “un Airbus delle batterie”

La Commissione europea annuncia uno stanziamento di oltre 2 miliardi per un progetto sugli accumuli che veda la collaborazione dei maggiori produttori di auto e batterie europei. Il Vecchio Continente deve evitare di rimanere di rimanere vittima di un “effetto Kodak”, mentre Cina e Usa si attrezzano.

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Bruxelles vuole promuovere un consorzio europeo come quello che portò alla creazione dell’Airbus, per evitare che l’Europa resti indietro rispetto a Cina e Stati Uniti in un settore strategico come quello delle batterie.

Per questo, la Commissione ha convocato per mercoledì prossimo, 11 ottobre, i grandi nomi europei dell’automotive e dello storage, annunciando uno stanziamento da 2,2 miliardi di euro per promuovere il progetto. Attorno al tavolo siederanno i rappresentanti di Volkswagen, Bmw, Mercedes, Renault, oltre a Saft e Siemens.

L’annuncio arriva da Maros Sefcovic, vice-presidente della Commissione con responsabilità per l’Unione dell’energia, che ne ha parlato con il Financial Times.

La domanda mondiale di batterie agli ioni di litio, ricorda il FT citando dati Goldman Sachs, è prevista in aumento a 40 miliardi di dollari al by 2025. UBS prevede che nel giro di 5 anni le vendite di veicoli elettrici superino quelle delle auto diesel. Ma il mercato si appresta ad essere dominato da Asia e Stati Uniti.

Mentre Cina, Giappone e Usa hanno tutte messo in piedi fabbriche per produrre gli accumulatori necessari agli EV, in Europa non è ancora operativo un singolo stabilimento, osserva il FT.

Northvolt, fondata dall’ex dirigente Tesla Peter Carlsson, e Terra E, iniziativa tedesca, stanno preparando degli stabilimenti produttivi di celle per le batterie, che però non saranno operatovi prima del 2020.

La prima fabbrica europea su grande scala di sistemi di accumulo agli ioni di litio sarà quella che i coreani di LG Chem stanno realizzando in Polonia. Anche case automobilistiche come Daimler stanno preparando stabilimenti, che però si limiteranno all’assemblaggio di celle e componenti prodotti altrove.

Al momento il mercato è dominato dalle giapponesi Panasonic e NEC, dalle coreane LG e Samsung, dalle cinesi BYD e CATL e dalla statunitense Tesla.

Vitale, ha dichiarato Sefcovic al quotidiano economico, “evitare un effetto Kodak in un’industria tanto importante”, riferendosi al caso dell’azienda specializzata in pellicole fallita per non essersi adeguata alla rivoluzione della fotografia digitale.

Quello che serve, ha continuato “è un Airbus per le batterie” facendo un paragone con l’iniziativa che, con sostegni pubblici, nel 1967 consentì di realizzare il noto aeroplano in grado di competere con i velivoli made in Usa.

La volontà della Commissione, ha spiegato Sefcovic successivamente, a Reuters, è quella di “creare una filiera integrata, compreso il riciclo”. Supportare la produzione delle batterie, ha dichiarato all’agenzia “è imperativo, se siamo seri nella transizione alla mobilità elettrica.”

Il mese scorso, ricordiamo, Volkswagen ha annunciato investimenti nell’ordine di almeno 20 miliardi di euro al 2030 per commercializzare oltre 50 modelli di auto elettrica e 30 di ibride, più una cinquantina di miliardi per acquistare le batterie al litio, spiegando che avrà bisogno di circa 150 GWh/anno di batterie.

Tra le altre case europee che hanno programmato “rivoluzioni elettriche”, troviamo il gruppo Daimler, in particolare il marchio Mercedes-Benz, oltre a Volvo (di proprietà della cinese Geely). Ieri un annuncio simile è arrivato da General Motors.

Intanto la Cina sta spingendo con decisione sui veicoli elettrici: sia su diffusione nel mercato interno che sia sulla produzione dei mezzi e dei sistemi di accumulo.

Al momento la capacità produttiva mondiale di batterie agli ioni di litio per auto è di soli 103 GWh, anche se è destinata a raddoppiare entro il 2021, secondo Bloomberg New Energy Finance: non basterebbe dunque al solo fabbisogno annunciato da VW.

Insomma, a dispetto delle opinioni di Sergio Marchionne, per il quale l’auto elettrica è una moda passeggera, l’Europa deve cominciare ad attrezzarsi per produrre dispositivi di storage, se non vuole rimanere al palo lasciando alle altre potenze il monopolio di questo settore strategico.

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