Un sistema di accumulo da portare ovunque, modulare e scalabile

Si chiama Power-Blox e nasce per portare energia nei Paesi in via di sviluppo. Una soluzione per tutte le situazioni in cui non si ha accesso alla rete. Ogni unità si collega alle altre come un mattoncino Lego, basta un cavo. Finora realizzati progetti in Mali, Camerun e Nepal.

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Semplificare al massimo i sistemi di accumulo e renderli utilizzabili da chiunque e ovunque nel mondo.

Pare essere questa l’intenzione dietro a Power-Blox, un sistema di accumulo ideato da Alessandro Medici, ingegnere con base in Svizzera. La nuova unità infatti è completamente autonoma, scalabile e decentralizzata.

“L’idea nasce dall’esperienza accumulata da Alessandro Medici in Tanzania, durante l’installazione di alcuni impianti fotovoltaici”, racconta Laura Blagho, responsabile del marketing di Power-Blox. “In questi territori mancano spesso le competenze tecniche e questo rallenta la diffusione dei sistemi a rinnovabili. Il sistema nasce dall’esigenza di rendere i sistemi di accumulo il più semplici possibile”.

Un’unità singola, un cubo rosso equipaggiato da batterie agli ioni di litio, ha una potenza di 200 W e può erogare 1,2 kWh. Ma ciò che contraddistingue questo sistema dagli altri è la possibilità di essere trasportato ovunque e di poter essere collegato ad altre unità da un semplice cavo, creando in pochi passaggi una microgrid.

“Alla base della tecnologia c’è il concetto di ‘swarm power’, ovvero la capacità di ogni singolo modulo di autoregolarsi, di riconoscersi a vicenda e di stabilizzare di conseguenza la rete”, spiega Blagho. Un po’ come accade in natura, dove sciami e branchi si muovono e collaborano all’unisono, senza controlli esterni.

Oggi la difficoltà della rete è quella di mantenere il flusso energetico costante, e questo avviene tramite un controllo centralizzato. Il sistema proposto dalla startup svizzera è invece in grado di autoregolarsi: ogni unità è autosufficiente.

“Il sistema riesce a gestire l’intera rete. Ad esempio, nel caso una batteria perda potenza, le altre collegate in rete riconoscono la perdita, la isolano immediatamente ed erogano più energia per mantenere il flusso costante”.

Il sistema è stato pensato per essere collegato direttamente alla rete elettrica, così come avviene con un’auto elettrica o qualsiasi altro dispositivo a batteria. Ma può essere collegato direttamente ad un impianto fotovoltaico, o qualsiasi altra fonte rinnovabile, sia essa eolica o idroelettrica. L’energia viene immagazzinata e resa disponibile nei momenti di necessità.

Ad oggi i maggiori progetti realizzati sono in Mali, Camerun e Nepal, mentre sono in fase di realizzazione nuovi progetti in collaborazione con l’Agenzia svizzera per lo sviluppo e la cooperazione, finalizzati alla disinfezione dell’acqua in Mali e Haiti. Ma esistono applicazioni anche in Europa, ad esempio in abitazioni non raggiunte dalla rete in montagna o in ambienti agricoli.

Il costo della singola unità proposto alle Ong si aggira sui 2.300 euro, mentre il costo al kilowattora è di circa 0,34-0,52 cent€, a seconda delle applicazioni.

Ma il costo può essere ulteriormente abbattuto se l’elettricità viene fornita in parte da fonte solare, in particolare se l’energia viene impiegata di giorno.

Il sistema pare avere tutte le carte in regola per diventare una tecnologia di successo nel settore dell’accumulo energetico, perché intelligente e accessibile.

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