Fondo nazionale efficienza energetica: quasi tre anni di ritardo

Il fondo, secondo il decreto che lo ha istituito, doveva essere reso operativo entro il 17 ottobre 2014. Il provvedimento attuativo più volte è stato annunciato come “in arrivo”, ma ancora manca. Una nuova interrogazione parlamentare chiede conto del ritardo.

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Il provvedimento attuativo doveva essere emanato entro il 17 ottobre 2014.

Un anno più tardi, a fine settembre 2015, il Governo di allora, guidato da Matteo Renzi, interpellato, rispondeva che lo schema di decreto attuativo era “attualmente in fase di concertazione finale presso le altre Amministrazioni coinvolte nel procedimento di adozione del provvedimento”.

A maggio 2016, lo stesso esecutivo affermava “al fine di massimizzare l’efficacia di utilizzo delle risorse” di cui il Fondo dispone, “è stato condotto anche un approfondimento sulla possibilità di prevedere delle sinergie tra il Fondo stesso e il Fondo europeo per gli investimenti strategici (cd. Piano Juncker)”, e che i tempi “sono legati alla fase di concertazione tra le Amministrazioni coinvolte e all’emanazione del provvedimento” (QualEnergia.it, Decreti mancanti efficienza energetica: aggiornamenti dal Governo).

Oggi, quasi tre anni oltre il termine previsto dal decreto 102/2014, il Fondo nazionale per l’efficienza energetica rimane ancora sulla carta, orfano del provvedimento attuativo che sembra scomparso nel buco nero di qualche cassetto del ministero.

Ne chiede conto una nuova interrogazione parlamentare che è stata presentata ieri alla Camera (allegata in basso), in commissione Attività Produttive, con primo firmatario Davide Crippa del Movimento 5 Stelle, che sottolinea “l’importante impatto sull’efficienza energetica del sistema” che il Fondo potrebbe avere.

Il Fondo Nazionale per l’Efficienza Energetica, ricordiamo, ha una dotazione di 70 milioni di euro l’anno fino al 2020 ed è (o meglio: dovrebbe essere) utilizzabile per finanziamenti a tasso agevolato e per garanzie sui finanziamenti dei progetti in efficienza energetica fino all’80% dei prestiti erogati dalle banche, redistribuendo così il rischio.

Secondo una stima del CESEF, può attivare investimenti tra 1 e 2 miliardi di euro, ma, come detto, è ancora bloccato dalla mancata emanazione dei decreti attuativi.

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