Impianti a biomasse: riscaldare le serre con le potature di ulivi

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Di investimenti energetici per le imprese florovivaistiche e orticole si è parlato ad un convegno organizzato da AIEL e CIA alla Fiera del Levante. Filiera corta, qualità del cippato, risparmio sui combustibili fossili, incentivi per le caldaie a biomassa: i benefici per le aziende agricole pugliesi e non solo.

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Il riscaldamento rappresenta oltre il 40% dei costi di esercizio di una serra, una voce importante del bilancio aziendale, che può determinare il buon andamento del conto economico.

Ma gli operatori del settore florovivaistico e orticolo possano valutare delle scelte energetiche meno onerose. La più interessante è l’impiego energetico in impianti per il riscaldamento delle serre delle potature di vite, olivo, frutteto.

Se ne è parlato alla Fiera del Levante durante il convegno “Efficientamento e riscaldamento a biomasse per le serre” promosso da CIA Agricoltori Italiani Puglia e da AIEL, l’associazione delle imprese della filiera legno-energia nell’ambito di PF tecnologie, Salone dedicato alle tecnologie per il riscaldamento a legna e pellet, organizzato da Piemmeti.

In una regione a vocazione rurale come la Puglia, la produzione di calore da biomasse agricole per il riscaldamento delle serre può fare la differenza, aumentando l’efficienza energetica degli impianti e la competitività delle imprese del settore.

In Puglia ci sono 173.000 aziende agricole che generano 4 miliardi di Euro all’anno. L’agricoltura produce ricchezza e più della metà viene dal settore orticolo.

Per capire la misura dei consumi in gioco su QualEnergia.it facemmo un esempio applicabile alla fascia climatica D: per colture mediamente energivore, caratterizzate da una temperatura interna alla serra di 16 °C, si può considerare un valore medio di consumo termico compreso tra 180 e 270 kWh/mq anno.

Uno studio di AzzeroCO2 ipotizzava, ad esempio, un’azienda in fascia climatica D, su una superficie di 2 ettari con serre rivestite in film plastico e con temperatura interna pari a 16 °C. Per riscaldare la serra sarebbero necessari 5.400 MWh/anno, pari a circa 529.000 l/anno di gasolio o 1.700 t/anno di cippato.

Si valutava che, passando da una caldaia tradizionale ad una a biomassa, si ridurrebbe il costo di approvvigionamento del combustibile da circa 450.000 a 150.000 euro, consentendo un ritorno dell’investimento iniziale, pur tenendo in considerazione un contenuto aumento dei costi di manutenzione, in circa 3-5 anni. A quest benefici si aggiungerebbero poi gli incentivi come i certificati bianchi e il conto termico.

Daniel Dal Corso, agronomo di Cia Puglia ha presentato nel corso del convegno alla Fiera del Levante le opportunità del PSR per le imprese florovivaistiche e orticole in merito a risparmio energetico e rinnovabili.

Gli impianti sono finanziati attraverso le misure 4.1 e 6.4.

La 4.1 punta in particolare a coprire il fabbisogno ambientale delle aziende agricole e finanzia impianti che devono essere alimentati con residui di potature o sottoprodotti, non colture dedicate. La misura vuole inoltre favorire l’aggregazione di più agricoltori per innescare logiche associative. A parità di tecnologie sono favoriti impianti al servizio di più realtà agricole.

Piero De Padova, del Gruppo Produttori Professionali Biomasse di AIEL, ha affrontato invece il tema della produzione di biomasse dalle potature di ulivo portando esperienze e casi concreti.

In Puglia la disponibilità di potature è pari a 500.000 tonnellate di sostanza secca. I costi di raccolta e lavorazione delle potature variano fra 35 e 55 €/t. La qualità del cippato derivante dalle potature di ulivo è superiore a quella derivante dal potature di vite e noccioleto: un contentuo di cenere pari a circa il 2,5% consente di usare le potature in caldaie di medie e grandi dimensioni.

L’utilizzo del cippato di potature da filiera corta è la soluzione per lo sviluppo del territorio e per consentire alle aziende agricole di integrare il proprio reddito.

Le serre pugliesi che decidono di risparmiare, abbandonando il combustibile fossile per la biomassa legnosa e investendo in un moderno impianto di riscaldamento automatico alimentato con cippato derivato da potature di ulivi, vigneti, frutteti possono contare su incentivi, come i Certificati Bianchi o il Conto Termico 2.0.

“Gli incentivi del Conto Termico – afferma Valter Francescato Direttore Tecnico di AIEL – arrivano fino al 65% dell’investimento in cinque anni. Se aggiungiamo il risparmio sul prezzo del gasolio agricolo, il cui costo è raddoppiato dal 2003 al 2015, possiamo arrivare a coprire dal 50 al 100% del costo dell’investimento in cinque anni, includendo gli altri interventi di efficientamento (sistemi di distribuzione del calore in serra, coibentazioni, ecc.).

Rico Farnesi di Esco Agroenergetica ha presentato casi applicativi in Sud Italia di interventi di risparmio energetico nelle colture protette, proponendo soluzioni tecniche ed incentivi, come i Certificati Bianchi.

Gli impianti di riscaldamento alimentati a biomassa rappresentano un’alternativa alle caldaie a gasolio per le imprese agricole, dove l’approvvigionamento in tutto o in parte può derivare dagli scarti di altre coltivazioni, come uliveti, vigneti e frutteti, rappresentando un valido esempio di economia circolare capace di auto-rigenerarsi.

“Il cambiamento climatico in atto, in larghissima parte imputabile al consumo di combustibili fossili – spiega Marino Berton Direttore Generale di AIEL – è una questione che deve essere affrontata a tutti i livelli e anche l’agricoltura può fare molto in tal senso. Le biomasse di origine agroforestale rappresentano la principale fonte energetica rinnovabile consumata nel nostro Paese e il loro utilizzo deve essere incentivato”.

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