Dopo il solare la Cina all’assalto del mercato dell’auto

La decisione della Cina di vietare in futuro la vendita delle auto a benzina e diesel potrebbe innescare conseguenze commerciali enormi, che già stanno destabilizzando la "storica" industria europea e Usa. Per i cinesi l'auto elettrica significa battere la loro concorrenza. La reazione delle imprese straniere. Editoriale di Gianni Silvestrini.

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L’annuncio di Pechino di voler vietare, in una data ancora da definire, la vendita delle auto a benzina e diesel deve aver gettato nel panico i piani alti delle principali multinazionali del settore. E a ragione.

Con 28 milioni di veicoli venduti all’anno, la Cina rappresenta quasi un terzo del mercato mondiale. Uno starnuto del paese asiatico ha conseguenze commerciali enormi. Figuriamoci il blocco delle vendite.

Per capire quali potranno essere le possibili evoluzioni è utile ricordare le dinamiche del fotovoltaico. Parliamo infatti, in entrambi i casi, di tecnologie “dirompenti” in grado di destabilizzare i loro rispettivi mondi, energia e trasporti.

L’analisi del mercato del solare, esploso negli ultimi 15 anni, può aiutarci ad ipotizzare il possibile effetto “disruptive” che si innescherà nei prossimi 15 anni nel mercato dell’auto.

Pechino ha sostenuto efficacemente la crescita di una formidabile industria del fotovoltaico che in pochi anni è stata in grado di soddisfare una parte rilevante del mercato mondiale, mettendo in ginocchio le industrie americane ed europee del settore.

Per lungo tempo, invece, il mercato solare interno cinese è stato inesistente. La situazione si è ribaltata a partire dal 2013 quando, di fronte a prezzi drasticamente calati, la domanda interna è schizzata facendo della Cina il primo mercato al mondo. Nel 2016 la metà delle installazioni globali si sono concentrate nel paese asiatico. E la corsa è continuata quest’anno con ben 10 GW installati nel solo mese di luglio (per intenderci, la metà della potenza solare italiana).

Sul fronte dell’auto la storia è stata finora molto diversa. Non essendo in grado di reggere la concorrenza di società con più di un secolo di storia alle spalle, la Cina è diventata un formidabile mercato per le principali Mayors. Non dovrebbe quindi sorprendere il fatto che i cinesi pensino di giocare la carta dell’auto elettrica per ribaltare la situazione. Nel grafico le vendite mondiali di auto elettriche dal 2011 nelle diverse aree del mondo.

Pechino, che già detiene la leadership mondiale della mobilità “fossil free”, punta infatti ad un sorpasso basato sulla trazione elettrica, bissando il successo dei 200 milioni di biciclette a pedalata assistita.

Il governo ha così definito una percentuale minima delle vendite di auto elettriche/ibride da garantire già dal prossimo anno (8%), un valore destinato progressivamente a crescere, con il miraggio/incubo finale di un mercato solo “elettrico”.

Questa decisione ha ovviamente preoccupato le imprese straniere che non sono in grado di far fronte ad una transizione così rapida.

L’impressione, dunque, è che la Cina intenda gestire i tempi della svolta in modo da garantire alle proprie industrie, come aveva fatto con il fotovoltaico, condizioni favorevoli per rafforzarsi, ridurre i prezzi e battere poi la competizione.

Un esito che però in questo caso non è scontato. Per capire le possibili evoluzioni di questo mercato va osservata con attenzione la sfida sui fronti delle batterie e della guida autonoma.

Mentre il prossimo anno la Tesla completerà la sua Gigafactory da 35 GWh, la Cina è già in corsia di sorpasso con una capacità produttiva di accumuli agli ioni di litio che raggiungerà i 121 GWh nel 2021. Cioè il 65% della produzione mondiale sarà in mano ai cinesi, una percentuale che, curiosamente, è molto vicina alla quota attualmente detenuta da Pechino nella produzione dei moduli fotovoltaici.

Sul fronte dell’auto senza guidatore la sfida è invece più aperta considerata la notevole esperienza già accumulata da diverse aziende statunitensi anche del settore ICT.

In questo quadro in forte movimento si delinea dunque un percorso inverso rispetto a quello del solare. Sarà l’enorme mercato interno a favorire la creazione di una forte industria dell’auto elettrica e poi di quella a guida autonoma. Le elevate prestazioni e i bassi prezzi consentirebbero successivamente di invadere il mercato mondiale.

Lo scenario nel comparto dell’auto è però ancora tutto da scrivere. Seppure con grande ritardo, infatti, le multinazionali stanno investendo decine di miliardi sull’elettrico. E la lungimiranza di Musk bilancia i ritardi dei vari Marchionne. Certo, se lo scandalo Volkswagen fosse avvenuto cinque anni prima, il rapporto di forze sarebbe oggi differente.

Il fatto è che l’influenza delle multinazionali dell’auto in Europa e negli Usa ha fortemente condizionato e frenato le scelte dei governi. “Il taglio delle emissioni di CO2 delle auto tra il 2021 e il 2030 non dovrebbe superare il 20%” ha chiesto l’Acea, l’associazione europea dei costruttori di auto.

Un cambio di rotta sembra finalmente venire dalla scelta di bloccare le vendite delle auto a combustione in un prossimo futuro, come hanno fatto Norvegia, Olanda, Regno Unito e Francia. Patetica in questo quadro l’assenza dell’Italia.

Ma mettiamo i riflettori sull’Europa. È chiaro che, sia nel mondo del solare come in quello dell’auto, la risposta dovrà essere sovranazionale

Germania e Francia avevano valutato la possibilità di lanciare un megaprogetto per la produzione di moduli fotovoltaici innovativi, avendo come riferimento il successo dell’Airbus. Quella è la strada da seguire, coinvolgendo più paesi. 

Analogamente per la mobilità elettrica solo un’azione europea a più livelli, nella ricerca, verso sinergie produttive e nelle infrastrutture di ricarica potrebbe consentire di governare con successo questa transizione. Avendo innanzitutto indicato con chiarezza la strada da percorrere: dopo il 2030 non dovrebbe essere permessa la vendita di auto a benzina (anticipando al 2025 la fine dei modelli diesel).

Al momento però non è questo lo scenario vincente, e si rischia così di lasciare spazio nel prossimo decennio alle agguerrite compagnie cinesi. Del resto il fatto che la Volvo, ormai di proprietà di Pechino, abbia deciso che dal 2019 venderà solo auto elettriche, rappresenta un segnale inequivocabile.

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