La Cina verso la messa al bando delle auto a benzina e a gasolio

L'annuncio dal ministero dell'industria, che deve ancora fissare le tempistiche. Il gigante asiatico contribuisce al 30% circa delle vendite mondiali e la messa al bando potrà dare una forte accelerazione alla diffusione dei veicoli elettrici anche al di fuori dei confini nazionali.

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La Cina si prepara a vietare la vendita delle auto a benzina e a gasolio.

L’annuncio è arrivato ieri dal viceministro dell’Industria Xin Guobin, tramite l’agenzia di stampa governativa Xinhua: Pechino sta definendo le tempistiche per una messa al bando delle nuove auto a benzina o a gasolio.

“Alcuni Paesi hanno già fatto un programma temporale per fermare la produzione e la vendita di automobili con motorizzazione tradizionale. Anche il ministero (dell’Industria cinese, ndr) sta facendo delle ricerche in questo senso e preparerà una timeline assieme ai dipartimenti coinvolti”, è la parte centrale della dichiarazione (che leggiamo nella traduzione pubblicata dal Financial Times).

Un mercato decisivo

Le misure in arrivo, ha spiegato Xin Guobin, porteranno “cambiamenti profondi” nell’industria automobilistica nazionale.

Cambiamenti, aggiungiamo noi, che non riguarderanno certo solo i produttori cinesi, ma dei quali dovranno tenere conto anche le case automobilistiche di tutto il mondo.

Se lo stop già annunciato da altri Paesi come, Regno Unito e Francia (per il 2040) e Norvegia e Olanda (per il 2025), sono importanti, qui parliamo di un mercato che da solo pesa per circa un terzo delle immatricolazioni mondiali: il bando cinese in arrivo con ogni probabilità imprimerà una forte accelerazione alla diffusione dei veicoli elettrici anche al di fuori dei confini nazionali.

Secondo i dati dell’International Organization of Motor Vehicle Manufacturers, infatti, il mercato cinese nel 2016 ha visto oltre 28 milioni di veicoli venduti: un numero superiore a quello dell’intera Europa (circa 20 milioni) e di tutto il continente americano (25 milioni) e pari a quasi il 30% dei 94 milioni di veicoli venduti a livello mondiale.

Il contropiede cinese

Che la Cina sia intenzionata a spingere la mobilità elettrica, d’altra parte, non è una novità.

Nel 2016 in Cina si sono venduti 507mila veicoli elettrici e l’obiettivo di Pechino è di arrivare a 7 milioni l’anno entro il 2025, grazie agli incentivi messi in campo.

Già dall’anno prossimo, secondo le regole annunciate (e che i produttori esteri vorrebbero far slittare), i mezzi a emissioni zero dovranno costituire almeno l’8% delle vendite in Cina, per poi aumentare la quota negli anni successivi.

A motivare Pechino non è solo l’esigenza di ridurre l’inquinamento atmosferico, che sta facendo grandissimi danni nel Paese, tagliare le emissioni di CO2 e la dipendenza dall’import per i consumi petroliferi.

Per il gigante asiatico, infatti, motorizzare il paese con mezzi elettrici è anche un’occasione per cogliere in contropiede l’industria europea e americana che domina sul mercato dei motori a combustione interna, ma è ancora in ritardo sull’elettrico.

Secondo i dati McKinsey, nel 2016 ben il 43% delle 870.000 auto elettriche prodotte a livello mondiale è venuto dalla Cina, mentre la quota di Germania e Stati Uniti è stata rispettivamente del 23 e del 17%.

La superpotenza asiatica è leader anche nelle settore delle batterie, con il 25% della produzione mondiale e nei motori elettrici, con il 37% del mercato.

“In Cina già oggi i mezzi elettrici incidono per circa il 50% delle percorrenze soprattutto grazie a scooter elettrici e minicar. Le industrie locali si stanno attrezzando e sono in grado di produrre auto elettriche a prezzi molto competitivi. È chiaro allora che di fronte alla spinta cinese l’industria automobilistica del resto del mondo si allarmi”, spiegava a QualEnergia.it in un’intervista a luglio Pietro Menga, presidente di Cives (Commissione Italiana Veicoli Elettrici e Stradali a Batteria, Ibridi e a Celle Combustibili)

E l’Italia?

Se la Cina accelera, l’Italia invece corre il rischio di rimanere molto indietro.

Solo lo 0,1% delle auto immatricolate in Italia nel 2016 sono elettriche. Parliamo di 1.403 veicoli venduti in un anno, da confrontare con il milione abbondante di mezzi diesel messi sulle strade e con i circa 600mila nuovi veicoli a benzina.

Nella SEN, osservava Menga, “si parla della mobilità elettrica, ma manca qualunque riferimento a obiettivi quantitativi o temporali”.

“In Italia – denuncia – ci sono fondi allocati che non vengono spesi”. Proprio per questo, ricordiamo, a gennaio, la Corte dei Conti aveva bacchettato il Governo: a fine 2016, infatti, erano stati spesi solo 6mila euro su 50 milioni disponibili.

Un grande freno alla diffusione delle auto elettriche, come sappiamo, è la carenza di infrastrutture di ricarica: da questo punto di vista il provvedimento che dovrebbe poter sbloccare il settore è il decreto legislativo 257/2016 che ha accolto la direttiva europea 2014/94 sui carburanti alternativi, nota come DAFI.

Anche qui però c’è il rischio che le misure restino sulla carta: “bisognerà attendere il reperimento delle risorse finanziarie non coperte dal contributo statale e l’effettiva realizzazione”, ci spiegava in un’intervista a metà giugno l’avvocato Carlo Spampinato di Rödl & Partner, che ha dedicato un dossier al provvedimento.

Insomma, se non si darà una mossa l’Italia rischia di perdere un’occasione: secondo un recente report di The European House – Ambrosetti, infatti, in Italia la mobilità elettrica potrebbe diventare un business da 300 miliardi di euro l’anno nel giro di 12 anni, con ricadute importanti anche in quelle parti della filiera che sono legate al mondo delle fonti rinnovabili e del sistema elettrico.

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