Target 2030: l’Europarlamento ritrova un po’ di coraggio sull’efficienza energetica

La Commissione Ambiente del Parlamento europeo ha approvato diversi emendamenti che nel complesso rafforzano la proposta di direttiva sull’efficienza, con un obiettivo vincolante del 40% al 2030 e la chiusura di alcune “scappatoie”. Basterà il voto di ieri a convincere gli Stati membri più scettici?

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L’efficienza energetica, che è sempre stata un po’ ai margini delle politiche europee sulle tecnologie a basso contenuto di carbonio, sembra stia riguadagnando terreno, nell’ancora lungo e complesso dibattito politico intorno agli obiettivi salva-clima post 2020.

Ieri, infatti, la Commissione Ambiente del Parlamento UE (ENVI, Committee on the Environment) ha approvato formalmente una serie di emendamenti alla nuova direttiva sull’efficienza energetica proposta nel novembre 2016 da Bruxelles, nell’ambito del “pacchetto energia pulita” (Clean Energy Package) che punta a favorire la progressiva de-carbonizzazione dell’economia degli Stati membri nel periodo 2021-2030.

Con questo voto si torna a parlare di un traguardo vincolante di efficienza al 40% nel 2030, più di quanto aveva indicato lo stesso esecutivo UE nel testo originario.

I membri della commissione ambientale dell’Europarlamento hanno anche eliminato alcune “scappatoie”, che avrebbero consentito ai singoli Paesi di ridurre fortemente la portata del risparmio energetico effettivo.

La formulazione attuale della direttiva obbliga gli Stati membri a risparmiare ogni anno l’equivalente dell’1,5% dell’energia venduta dalle utility ai clienti finali, attraverso diverse possibili misure volte a tagliare i consumi di elettricità e calore, come l’isolamento termico delle abitazioni, la sostituzione di vecchie caldaie con generatori a condensazione e così via.

Il punto è che tra esenzioni varie – i trasporti ad esempio – quella percentuale era destinata a dimezzarsi.

Gli eurodeputati ENVI, invece, si legge nell’analisi di EurActiv, hanno rafforzato la direttiva, chiudendo le vie di fuga concesse dalle versioni iniziali del documento.

La partita però è lungi dall’essere terminata: il 28 novembre è atteso il parere della Commissione Energia (ITRE, Committee on Industry, Research and Energy) per poi passare il testo al vaglio del parlamento in seduta plenaria. Intanto lo scorso giugno, il Consiglio dei ministri UE aveva raggiunto un accordo sul cosiddetto “approccio generale” che in sostanza annacquava gli sforzi futuri verso una maggiore efficienza (articolo di QualEnergia.it con tutti i dettagli).

In quell’occasione, i ministri avevano proposto di rendere non-vincolante l’obiettivo del 30% di efficienza, dopo che alcuni Stati avrebbero voluto abbassarlo addirittura al 27%, e di suddividere il decennio 2020-2030 in due fasi, dove nella seconda l’obbligo dell’1,5% sarebbe potuto scendere all’uno per cento in seguito a una valutazione favorevole della Commissione UE.

Ricordiamo anche che Bruxelles di recente ha pubblicato uno studio sui benefici economici di un’economia europea maggiormente indirizzata verso le politiche di efficienza energetica, grazie all’aumento di PIL e la diminuzione di costi sanitari e ambientali dovuti all’impiego di combustibili fossili.

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